L’Italia è il Paese europeo con la più alta percentuale di riciclo sulla totalità dei rifiuti. Con il 79% di rifiuti totali avviati a riciclo presenta un’incidenza più che doppia rispetto alla media europea (il 38%) e ben superiore rispetto a tutti gli altri grandi Paesi: la Francia è al 55%, il Regno Unito al 49%, la Germania al 43% e la Spagna al 37%.
L’Italia non ha rivali in Europa per numero di produttori biologici: circa 70 mila (2018), in Spagna sono 39,5 mila, in Francia 36,7 mila, in Germania 32 mila, in Grecia 29,5 mila.
L’Italia è uno dei cinque Paesi al mondo con un surplus manifatturiero sopra i 100 miliardi di dollari.
In sintesi, il rapporto “L’Italia in 10 selfie – un’economia a misura d’uomo contro la crisi climatica”, realizzato da Fondazione Symbola, ricorda quanto l’Italia riesca “a dare il meglio di sé quando incrocia i suoi cromosomi antichi, la sua identità, con le sfide che il futuro ci pone”.
“Nonostante ci sia un 50% di italiani che non crede molto nelle potenzialità e nella leadership del nostro Paese, recuperiamo il doppio dei materiali della media europea, molto più della Germania con un risparmio di 21 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio e 58 milioni di tonnellate di CO2 all’anno” – afferma Ermete Realacci, presidente di Symbola. “La nostra green economy ha spesso un’impronta più umanistica e incrocia un modo tutto italiano di fare economia, che tiene insieme innovazione e tradizione, coesione sociale, nuove tecnologie e bellezza, mercati globali e legami coi territori e le comunità, flessibilità produttiva e competitività. La terribile pandemia che stiamo fronteggiando ci offre anche l’occasione che non possiamo permetterci il lusso di sprecare: rendere il Pianeta un posto migliore e la nostra economia e società più sostenibili. Per dirla con le parole di Papa Francesco “peggio di questa crisi c’è solo il rischio di sprecarla”. Per questo è fondamentale utilizzare al meglio la grande quantità di risorse messe a disposizione dal Recovery Fund. L’Europa indica con chiarezza la loro finalizzazione: sanità/inclusione, transizione verde e digitale“.
Quali sono le cose delle quali come italiani possiamo andare fieri?
“L’Italia in 10 selfie” vuole mettere in evidenza alcuni nostri punti di forza. Tanto per dare qualche numero contenuto nel report, con un surplus commerciale manifatturiero con l’estero di 109,5 miliardi di dollari nel 2018, il nostro Paese conferma il suo ruolo di punta nell’industria mondiale. Se guardiamo all’economia circolare, siamo primi tra i grandi Paesi Ue per riduzione dei rifiuti: 43,2 tonnellate per milione di euro prodotto a fronte di 54,7 di Spagna, 63,7 della Gran Bretagna e 67,4 della Germania. Per ogni chilogrammo di risorsa consumata il nostro Paese genera, a parità di potere d’acquisto, 3,5 euro di PIL, meglio della media Ue (2,2). Sul fronte economia green, sono oltre 432mila le imprese italiane dell’industria e dei servizi con dipendenti che hanno investito negli ultimi 5 anni in prodotti e tecnologie green: quasi un terzo (31,2%) dell’intera imprenditoria extra agricola e il 35,8% del manifatturiero. Il rapporto ci dice che chi ha scelto la sostenibilità lo ha fatto anche perché conviene, visto che presenta un maggiore dinamismo sui mercati esteri: il 51% delle eco-investitrici ha segnalato un aumento dell’export nel 2018, contro il 38% delle altre. Il fatto che la sostenibilità si sposi con l’innovazione lo conferma il dato che mostra come chi è “green” innova di più: il 79% delle imprese ha sviluppato innovazioni, contro il 61% delle non investitrici. Da non sottovalutare, poi, il fatto che il 14,5% del totale delle imprese culturali europee parla italiano. E questo fa dell’Italia il primo Paese nel settore, davanti a Francia (13,4%), Germania (10,5%), Spagna (10,2%) e Gran Bretagna (8,2%). Il solo sistema produttivo culturale e creativo dà lavoro a 1,5 milioni di persone e non possiamo dimenticare che l’Italia è il Paese col numero maggiore di siti patrimonio dell’umanità UNESCO: 55, a parimerito con la Cina. Tra i selfie di orgoglio nazionale, poi, c’è l’agricoltura biologica per la quale il nostro Paese si conferma ai vertici mondiali. Siamo il Paese con minori residui chimici oltre i limiti di legge nei prodotti agroalimentari: lo 0,8% del totale, contro l’1,3% della media Ue e il 5,5% dei prodotti Extra-Ue. Siamo un Paese circondato dalla bellezza, e per cultura antica sappiamo scommettere nell’intelligenza umana anche perché poveri di risorse. Se pensiamo a un progetto di economia circolare come gli Stracci di Prato o le delle cartiere di Lucca e i rottami di Brescia, capiamo subito che queste esperienze non sono certo nate per decreto, ma per quella creatività stimolata dalla necessità dovuta al fatto di non disporre di materie prime.
Tanti i punti di forza, ma quali sono invece i punti deboli?
Dobbiamo partire guardando i nostri punti di forza, e cercando di affrontare mali antichi quali il debito pubblico, la diseguaglianza nella distribuzione della ricchezza, la disoccupazione, l’illegalità, il ritardo del Sud e una burocrazia che rischia di limitare le iniziative innovative piuttosto che stimolarle. A fronte di cicli produttivi molto avanzati, infatti, è proprio la burocrazia a frenare e a volte stoppare. C’è, per esempio, un preoccupante ritardo nel rendere possibili le filiere del riciclo: ci sono voluti 5 anni per sdoganare le materie riciclate da pannolini e pannoloni prodotte dal primo impianto al mondo in grado di riciclarli che ha sede in Italia, in provincia di Treviso. E la Zoppas che ha trovato il modo di produrre bottiglie con il 100% di plastica riciclata con un macchinario usato nel mondo ma, fino a pochi giorni fa, era impossibile utilizzarlo nel nostro Paese perché almeno il 50% della plastica doveva essere vergine. Si registrano ritardi da parte del Ministero dell’Ambiente nella emanazione dei decreti end of waste, che consentono di riutilizzare materie nei cicli produttivi. Decreti che in Paesi come Germania, Olanda o Francia ci sono e che aiuterebbero la transizione verso una economia circolare che ha bisogno di semplificazione burocratica.
Le tecnologie digitali potranno fare da catalizzatori dei punti di forza italiani?
In una delle nostre ricerche abbiamo evidenziato come industry 4.0 e impresa 4.0 vadano a braccetto con la green economy. L’una non può a fare a meno dell’altra. Così come la tecnologia non può fare a meno dell’empatia. Se guardiamo alla nuova enciclica del Papa, sul tema della fratellanza, si rivalutano le emozioni elementari, come la gentilezza, per ricostruire il futuro. Non a caso il Manifesto di Assisi, promosso dalla Fondazione Symbola e dal Sacro Convento di Assisi, che oggi conta quasi 4mila adesioni, termina con l’impegno a lavorare insieme “senza lasciare indietro nessuno, senza lasciare solo nessuno”, per provare a costruire un mondo più sicuro, più civile, più gentile”.
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