Mobility as a Service (MaaS): l’acceleratore della doppia sfida tra multimodalità e decarbonizzazione

Il ‘Mobility as a Service Report’ del Cerre evidenzia che MaaS può essere una delle soluzioni per un cambio modale molto necessario e per decarbonizzare il trasporto, semplificando e ampliando l'accesso alle alternative ai veicoli privati. Ma non basta essere Smart per essere necessariamente Sostenibile

Il traffico automobilistico è uno dei principali fattori che contribuiscono alle emissioni di gas serra, innanzitutto attorno alle metropoli e ai grandi agglomerati urbani. Secondo esperti e scienziati, per ridurne impatto e inquinamento, gli sforzi devono essere concentrati sugli spostamenti locali, cioè le distanze inferiori a 80 chilometri, poiché producono in media il 70% di tutte le emissioni automobilistiche.

Più di 60 grandi metropoli nel mondo si sono impegnate a raggiungere la neutralità delle emissioni di carbonio (Zero Carbon) entro il 2050. Per provare a ottenere questo risultato è necessario un impegno immediato: l’accordo di Parigi (Cop-21 del 2015) e diversi documenti delle Nazioni Unite (2015, 2016, 2019) sottolineano la necessità di ridurre le emissioni di gas serra del 40% nei prossimi dieci anni. Ma, allo stesso tempo, nonostante la crisi finanziaria del 2008 e la recessione che ne è seguita, in Europa le emissioni del traffico in 10 anni si sono ridotte solo del 3% tra il 2008 e il 2018. È quindi fondamentale accelerare la corsa verso lo Zero Carbon, se vogliamo raggiungere il livello richiesto di decarbonizzazione.

Come arrivarci? Una delle diverse strade possibili è rappresentata dalla mobilità cosiddetta MaaS – Mobility as a Service –, una delle tante conseguenze della rivoluzione digitale, che sta progressivamente impattando (in genere, positivamente) su tutte le attività umane. Questo modello di mobilità è parte integrante della doppia sfida tra multimodalità e decarbonizzazione.

L’idea di trattare la mobilità come un servizio

L’idea di trattare la mobilità come un servizio è stata sviluppata per la prima volta all’interno del mondo accademico finlandese, e si è concretizzata con il lancio dell’App ‘Whim’ nell’autunno del 2016. Tutto piuttosto recente, quindi, ma del resto la velocità della Digital transformation è notevole in tutti i campi e settori. Nel 2019 sono stati pubblicati diversi rapporti sul MaaS, in particolare dall’Associazione internazionale del Trasporto pubblico (Uitp) e dall’Autorità europea dei Trasporti metropolitani (Emta).

Queste prime analisi del fenomeno hanno anche evidenziato, ad esempio, che non tutti i nuovi servizi di mobilità – presentati come prodotti della rivoluzione digitale – andavano nella direzione di un sistema di mobilità urbana più sostenibile. Insomma, non basta essere Smart per essere necessariamente Sostenibile. Inoltre, è emerso che diversi modelli economici di sistemi MaaS erano piuttosto fragili – e se non reggono economicamente, o non convengono abbastanza, sappiamo che fine fanno le buone intenzioni – mentre le loro quote di mercato e la loro massa critica rimanevano molto, spesso troppo, limitati.

La mobilità urbana deve diventare completamente poliedrica

E qui emergono le prime condizioni necessarie, i primi presupposti, affinché un sistema di mobilità MaaS sia sostenibile e di (potenziale) successo. Innanzitutto, va chiarito e affermato – concretamente, nei progetti di mobilità sul territorio – che un sistema di trasporto pubblico deve ormai combinare e integrare diversi servizi di mobilità, non più limitati alle tradizionali modalità di trasporto pubblico (di una volta), come autobus, tram, metropolitane e treni. Ma comprendere tutte le soluzioni possibili e rese disponibili dell’evoluzione tecnologica. In più, c’è un altro nodo da sciogliere: rendere omogeneo e fluido un sistema di trasporti e mobilità che si articola su scala locale, metropolitana, regionale e nazionale, realizzato e sviluppato in concreto da operatori e istituzioni diverse, che sono a loro volta locali, metropolitane, regionali e nazionali. E ognuna spesso o quasi sempre fa per sé e pensa per sé e non all’interno di un sistema di mobilità più ampio, articolato, omogeneo, complementare.

In questo scenario, la mobilità MaaS cerca di consentire alle persone di accedere a una varietà di servizi di trasporto – vecchi e nuovi – attraverso il loro smartphone e apparecchi digitali. Come rileva il ‘Mobility as a Service Report’ del Cerre (Centre on Regulation in Europe), Think tank indipendente con sede a Bruxelles, lo sviluppo di nuovi servizi, basati sul principio della mobilità condivisa, “è anche direttamente legato al successo del concetto di MaaS. Le sue ambizioni vanno oltre il semplice lancio di un’applicazione per smartphone che faciliti l’accesso a una serie di servizi di mobilità. Il desiderio di adottare MaaS come soluzione è ora ampiamente sostenuto, in molti territori e Paesi, e il suo sviluppo dipenderà dal fatto che la mobilità urbana deve rapidamente diventare completamente poliedrica, evoluta, dinamica”, per ridurre al minimo le emissioni inquinanti e allo stesso tempo i costi legati a trasporti e mobilità.

MaaS e la sfida della multimodalità

Nel campo del trasporto urbano, la rivoluzione digitale si è manifestata sotto forma di nuovi servizi di mobilità offerti da operatori (soprattutto) privati ai residenti delle grandi città. Questi operatori hanno reso disponibili nuovi servizi che possono essere prenotati con un’App digitale. Uber è probabilmente l’esempio più noto di questi servizi, ma non è l’unico. Anche altre aziende, come Lyft e Didi, hanno sviluppato reti mondiali di noleggio di veicoli con autista, che spesso hanno sconvolto il tradizionale servizio dei tassisti di professione. Uber, Lyft e Didi ora hanno fatturati miliardari, ma la loro redditività rimane un problema: dalla loro quotazione in Borsa, il valore di Uber è sceso anche del 40% e quello di Lyft del 70%.

Se l’obiettivo di un sistema MaaS è quello di sviluppare la multimodalità secondo la direzione prevista dalla politica pubblica (meno auto personali, più trasporto pubblico, più uso del trasporto attivo) “allora l’accesso ai dati e alla vendita dei biglietti è indispensabile per i vari operatori coinvolti. Il diritto di accesso alle piattaforme di terzi che vendono servizi pubblici e privati sarebbe vantaggioso”.

Il ricercatore Charles Cuvelliez spiega il ruolo chiave dei dati comportamentali estratti tramite l’intelligenza artificiale: “Non c’è una barriera all’entrata per il commercio elettronico, la ricerca sul web o le piattaforme digitali. Interviene quando si cerca di offrire la stessa qualità di servizio delle piattaforme già affermate, che sanno già tutto dei loro utenti. Possiamo limitare la raccolta dei dati degli utenti, per mettere tutti su un piano di parità, possiamo vietare agli operatori di accumulare dati estratti dall’uso di diversi servizi da parte dei loro clienti. Ma, se l’obiettivo comune è offrire migliore qualità del servizio, possiamo, tuttavia, obbligarli a condividere questi dati. Ci riferiamo solo ai dati grezzi osservati sul comportamento degli utenti, come usano la piattaforma, dove navigano”.

Veicoli a guida autonoma e flotte di ‘taxi robot’

Un cambiamento ancora più radicale potrebbe rivelarsi l’innovazione rivoluzionaria dei veicoli a guida autonoma. Se organizzato come una flotta di cosiddetti ‘taxi robot’, questo porterà a un uso più collettivo – piuttosto che individuale – delle automobili automatiche. L’uso collettivo potrebbe portare anche a un aumento del tasso di occupazione dei veicoli, a una riduzione del traffico, dell’inquinamento e dei costi di trasporto.

I passeggeri non avranno più bisogno di possedere un’auto, mentre l’assenza di un autista ridurrà i costi del personale, che rappresenta ancora una quota significativa dei costi di gestione di una flotta di taxi. Con l’aiuto di un’applicazione per smartphone, qualsiasi persona che desidera viaggiare potrà farlo con un taxi robot. La piattaforma digitale utilizzata per gestire questi taxi robot ottimizzerà i loro viaggi e i loro tassi di occupazione.

La questione della massa critica, e dei costi per l’utente finale

“L’idea di rivoluzionare la mobilità urbana attraverso l’uso di veicoli autonomi può sembrare allettante, ma si basa sul presupposto che una grande difficoltà sia stata superata: la questione della dimensione critica”, fa notare il Report del Think tank belga: “l’obiettivo non dovrebbe essere centrato su un potenziale risultato idilliaco, ma piuttosto nel determinare le fasi concrete del processo di transizione che consenta l’universalità della mobilità condivisa. Dobbiamo concentrare la nostra attenzione su un orizzonte più tangibile, che non richiede un cambiamento così radicale della nostra vita quotidiana”.

Guardando più all’attualità, gli analisti del Cerre fanno notare che, per far funzionare efficacemente un sistema MaaS, dovrebbero essere soddisfatte diverse condizioni: ad esempio, lo spostamento multimodale presuppone che esistano già diverse alternative al di fuori dei centri urbani, cosa che in realtà raramente si verifica; e poi, le alternative all’auto personale devono anche essere in grado di competere con le auto dal punto di vista della praticità e dei costi, mentre attualmente, spesso, i nuovi servizi di mobilità rimangono un prodotto di lusso, dai costi più alti rispetto alle modalità di trasporto più tradizionali e più inquinanti. “L’accesso alla gamma di opzioni MaaS deve essere reso semplice. Anche se le prove suggeriscono che le piattaforme digitali facilitano gli utenti, i modelli contrattuali e l’organizzazione sono ancora estremamente complessi”.

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