“La visione della sostenibilità ed il suo ruolo in relazione allo sviluppo tecnologico vanno ben oltre e sono molto più articolati rispetto al solo impatto ambientale delle attività, che rappresenta un valore fondamentale, ma che va considerato in una dimensione più amplia e complessiva che guardi alla società. In questo contesto il ruolo delle tecnologie, digitali ma non solo, è determinante, in quanto esse non rappresentano soltanto uno strumento indispensabile, ma un vero e proprio paradigma abilitante per la sostenibilità ambientale, economica e sociale”. Su questo è chiara Francesca Zarri, Director Technology, R&D & Digital di Eni, nostra nuova ospite della rubrica Sustainability Talk.
Competenze, innovazione digitale e sostenibilità
La sostenibilità è un concetto complesso, fatto di dimensioni strettamente correlate tra loro, per le quali è necessario ragionare in un’ottica sistemica: agire sull’ambiente, che spesso è la dimensione maggiormente e più immediatamente associata al concetto di sostenibilità, produce effetti sulle dimensioni sociali ed economiche; effetti che vanno valutati con grande attenzione: “questo richiede competenze dedicate all’ascolto e alla comprensione delle esigenze di tutti gli stakeholders, sia interni che esterni. Oserei definirle competenze ‘soft’, ma non per questo meno importanti rispetto ad altri tipi di competenze tradizionalmente coltivate in azienda”.
E se questa visione e consapevolezza è, e dovrà sempre più, diventare un elemento centrale e cardine del modo di fare impresa in Italia, altrettanto fondamentale, specifica Francesca Zarri, è la consapevolezza del fatto che la tecnologia e l’innovazione digitale rappresentano lo strumento fondamentale in grado di tradurre in azioni concrete questi princìpi. “Mi risulta piuttosto difficile dare un giudizio, in questo senso, sul livello di attenzione rispetto alla sostenibilità delle aziende italiane. Tuttavia, sono certa che ci siano molti esempi, di aziende grandi o piccole, dato che l’innovazione rappresenta un tratto distintivo del saper fare italiano, a tutti i livelli. E l’innovazione, se è davvero tale, conduce inevitabilmente anche ad una maggiore sostenibilità di prodotti e processi”.
La sostenibilità digitale tra vantaggi e rischi da evitare
“La tecnologia, di cui il digitale è una parte, spesso decisiva ed abilitante rispetto ad altre, è centrale per innovare il business ed accompagnare nel raggiungimento di obiettivi di sostenibilità – continua Francesca Zarri – questa centralità, nella nostra azienda, l’abbiamo sancita a livello organizzativo. Nell’estate del 2020, nello stesso momento in cui si creavano le due Business Unit Natural Resources (per valorizzare e rendere sempre più efficiente il nostro business tradizionale) ed Energy Evolution (per lavorare sull’energia di domani) è stata infatti creata anche l’Unità Technology, R&D & Digital che io presiedo, proprio con lo scopo di riunire sotto un unico ombrello organizzativo delle attività che già esistevano ma che finora erano separate. Oggi tali attività si integrano e si fondono in un’unica struttura per abilitare l’innovazione e porsi come acceleratore interno per i nostri processi-chiave, riducendo le distanze e la compartimentazione, e quindi aumentando la nostra efficienza”.
Scendendo nel dettaglio, ad esempio, rispetto al potenziale delle tecnologie digitali nello sviluppo di azioni orientate alla sostenibilità ambientale, risulta evidente la rilevanza del loro ruolo “non solo in termini di potenziale, ma nell’efficientamento dei processi, migliorando in modo oggettivo la loro sostenibilità. È assodato che ad oggi gli stakeholders sono ormai pronti ad apprezzare gli investimenti delle grandi società in tecnologie digitali, in particolare in data analytics, sensoristica, Intelligenza Artificiale, automazione e blockchain, anche se tali investimenti offrono un ritorno su un orizzonte un po’ più lungo di quello del ‘prossimo trimestre’, in quanto queste tecnologie, se ben applicate, possono realmente migliorare l’efficienza delle operazioni e qualificare chi le utilizza come un soggetto attento alla gestione delle risorse e al miglioramento generale del proprio profilo di sostenibilità.
È particolarmente interessante il fatto che proprio in questi anni, nei quali le modalità di produrre e consumare energia devono radicalmente cambiare per non pesare oltremodo sull’ambiente e sul nostro futuro, si stia assistendo anche alla rivoluzione digitale. Infatti, come in altri settori produttivi e commerciali, anche per l’industria energetica la contemporanea disponibilità di enormi volumi di dati, di reti di comunicazione per trasmetterli velocemente e di sistemi per archiviarli a basso costo e, infine, della potenza di calcolo necessaria a sostenere sofisticati algoritmi di analisi di tali dati, sta aprendo possibilità di cambiamento alle quali questa industria, al pari di altre, non poteva avere accesso fino a pochi anni fa: questo richiede in chi vi opera un radicale percorso di trasformazione del proprio modo di lavorare, per consentire innovazione e continuo miglioramento. Si sta quindi consolidando un legame diretto tra queste due ‘rivoluzioni’, quella energetica e quella digitale, con quest’ultima a costituire uno dei principali fattori abilitanti per la prima”.
E la gestione di questa enorme mole di dati attraverso le tecnologie digitali, inoltre, rappresenta anche la base per una ridefinizione dei modelli economici in un’ottica di sostenibilità: “la sharing economy o l’economia circolare ne sono un chiaro esempio. Il digitale, se applicato con una visione etica ben consolidata (che abbia, cioè, l’obiettivo di fornire servizi e prodotti innovativi e sostenibili agli utenti e non di carpire da loro informazioni sensibili e personali a fini di profilazione occulta, sorveglianza o discriminazione) consente alle aziende o ad altri soggetti attivi in questo campo di poter incidere realmente su comportamenti di acquisto o consumo, per innovare positivamente l’economia”.
Ma non solo. In un periodo come quello vissuto durante la pandemia, nel quale il digitale ha consentito lo sviluppo della vita lavorativa, non si può prescindere da una riflessione sull’impatto della sostenibilità digitale sulla dimensione sociale: una riflessione attenta e consapevole, che tenga conto delle opportunità, ma anche dei rischi da evitare, nel lungo periodo. “Il digitale può realmente incidere sulla qualità dell’esperienza quotidiana delle persone, abilitando un approccio più flessibile alla giornata lavorativa e agli impegni familiari, riducendo gli spostamenti, consentendo anche di annullare alcune barriere e favorendo potenzialmente una maggiore inclusione – spiega Francesca Zarri – Tuttavia, dobbiamo guardare a questo con grande consapevolezza e senza commettere l’errore di idealizzarne i benefici e di credere ingenuamente in un ineluttabile bilancio positivo degli enormi cambiamenti che la digitalizzazione sta portando e che ha determinato negli scorsi mesi di pandemia.
Infatti, quando sarà possibile passare da questa che è ancora oggi una fase ‘emergenziale’ a una di vera e nuova normalità, e si potrà davvero scegliere come, dove e secondo quali modalità lavorare, allora il digitale sarà in grado di esprimere il suo reale e duraturo potenziale di cambiamento. Senza una seria riflessione collettiva e una consapevolezza dei cambiamenti che saranno necessari rispetto al passato, il digitale potrebbe in molti casi acuire, invece di migliorare, situazioni di disagio e di marginalizzazione preesistenti. Si pensi, ad esempio, al peso enorme che è stato posto sulle spalle delle lavoratrici in questo periodo. È dovere dei decisori, politici e manageriali, fare in modo che realmente il digitale divenga un’opportunità per la nostra società, privilegiando gli aspetti inclusivi ed ‘etici’ a quelli più utilitaristici e di corto respiro che questi strumenti spesso sembrano offrire”.
Prepararsi per un “new normal” sostenibile e digitale
Insomma, se il digitale ha potuto, nel periodo pandemico “emergenziale”, esprimere tutte le proprie potenzialità e mettere in evidenza le molteplici opportunità che è in grado di generare su altrettante molteplici dimensioni, sarà usciti dall’emergenza che queste opportunità dovranno potersi consolidare. In questo senso, un ruolo fondamentale e d’indirizzo lo avranno le istituzioni che, secondo Francesca Zarri, dovranno tracciare un percorso che poi le aziende dovranno percorrere.
Le istituzioni, quindi, per supportare la sostenibilità digitale, “dovrebbero fornire strumenti normativi e giuslavoristici condivisi, flessibili e adeguati al ‘new normal’ che si verrà a creare, oltre a interventi infrastrutturali abilitanti, che consentano alle persone di beneficiare davvero dei cambiamenti introdotti e accelerati dal digitale e dal periodo pandemico e di creare occasioni di sviluppo e di miglioramento rispetto alla situazione precedente.
Anche le aziende dovrebbero proporre al proprio interno quanto auspicabile a livello istituzionale, facendo evolvere i propri processi e le proprie modalità di gestione per consentire a tutti, clienti, fornitori, dipendenti ed aziende stesse di cogliere le opportunità che il digitale, un paradigma che già oggi caratterizza, e sempre di più darà forma nel futuro a ogni settore produttivo, si trasformi in un vero fattore di sviluppo, massimizzando i benefici e riducendo il più possibile eventuali aspetti ed evoluzioni non desiderabili”.
La strada che porta verso la “nuova normalità”, quindi, richiederà interventi volti a consolidare quanto di buono appreso e sperimentato nel periodo pandemico, guardando alla tecnologia non tanto, o non soltanto, come a uno strumento che ci ha consentito di superare una fase di emergenza che – giocoforza – supereremo, ma soprattutto come ad un elemento cardine per la costruzione di una nuova normalità che, proprio grazie ad essa, consenta di sviluppare modelli economici e sociali sostenibili, nel rispetto dell’ambiente e delle risorse naturali.
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