Economia circolare e disuguaglianze

Ridurre le disuguaglianze tra i paesi è prima di tutto una responsabilità dei paesi avanzati: la strada per l’uguaglianza richiede criteri e regolamentazioni per essere perseguita correttamente

Immagine distribuita da Sermig con licenza CCO

Il decimo obiettivo di sostenibilità è forse dei 17 quello più completo e vasto: semplicemente perché le disuguaglianze invadono ogni aspetto della vita sociale, dalla migrazione al reddito, dal lavoro alle istituzioni, dalla finanza globale all’inclusione. Non esisterà mai un’adeguata giustizia ambientale senza giustizia sociale. Eppure, gli indicatori che monitorano lo stato degli SDG ogni anno non contengono dati confortanti sull’anno appena trascorso: il numero di rifugiati in tutto il mondo ha raggiunto il record assoluto nel 2021, i decessi dei migranti sono ai massimi storici e si assiste anche a un record del numero dei rifugiati e persone costrette a fuggire da guerre e persecuzioni. L’ultimo report ci conferma che, nonostante piccoli e sporadici tentativi globali di ripresa, nello specifico di alcune nazioni, la pandemia ha in generale intensificato l’esclusione sociale, conseguenza della povertà, dell’isolamento, della mancanza di opportunità nel mercato del lavoro.

Una grande responsabilità

 Ridurre le disuguaglianze tra i paesi, quindi su macroscala, è prima di tutto una responsabilità dei paesi avanzati: la strada per l’uguaglianza richiede criteri e regolamentazioni per essere perseguita correttamente. Pure le pratiche sostenibili e l’avvento della tecnologia nei paesi in via di sviluppo, infatti, molto spesso non tengono sufficientemente conto delle condizioni di partenza dei paesi stessi: avviene con il fenomeno del leapfrogging, il salto tecnologico che si impone ai paesi più poveri di industrie e infrastrutture (ma spesso pieni di risorse naturali) e che, seppur perseguito con buoni propositi, rischia di non risolvere alcuni problemi strutturali. Ad esempio, istituzioni e governi non pronti all’avvento delle tecnologie di massa o settori come l’agricoltura che non hanno mai visto una storia di enorme produttività come i vari boom economici occidentali. Non sempre imporre all’Africa o all’India un passaggio verso le energie rinnovabili e le strategie di digitalizzazione e di sostenibilità senza che abbiano mai vissuto periodi di abbondanza industriale, sovrapproduzione e miglioramento delle condizioni di vita, è la strada giusta.

Molte narrazioni sulla sostenibilità tendono a dare la priorità a soluzioni altamente tecniche che richiedono attrezzature costose da acquistare e mantenere. Ad analizzare contraddizioni di questo tipo il report 2022 di Circle economy Thinking beyond borders to achieve social justice in a global circular economy, che concentra l’analisi sulle disuguaglianze delle pratiche sostenibili.

Molti governi europei inquadrano le loro ambizioni e politiche di economia circolare su nuove tecnologie e modelli di business come strade per raggiungere una “crescita verde”: asciugatrici più efficienti, piuttosto che promuovere indumenti che si asciugano all’aria; carne coltivata in laboratorio, piuttosto che promuovere il consumo di meno carne e più verdure; carburanti per jet a basse emissioni di carbonio, piuttosto che migliorare il trasporto pubblico. Tuttavia, un eccessivo affidamento su soluzioni ad alta tecnologia e ad alto costo rende molti approcci alla sostenibilità inaccessibili per molti e trascura i cambiamenti nelle pratiche sociali necessari per prevenire le emissioni di gas serra e i rifiuti”.

Ci sono molteplici rischi per le nazioni a basso reddito. In primo luogo, molte tecnologie potrebbero avere conseguenze indesiderate quando diventano mainstream: i pannelli solari, ad esempio, richiederanno continuamente materie prime estratte, che possono essere compensate solo in parte da materiali secondari. Allo stesso modo, i biocarburanti (un’alternativa ai combustibili fossili) possono avere un impatto sui sistemi alimentari, facendo salire i prezzi del cibo, degradando la terra e mettendo sotto pressione le fonti idriche. In secondo luogo, la tecnologia sviluppata nelle parti del mondo ad alto reddito, come l’Europa o gli Stati Uniti, potrebbe non riuscire a tradursi in altre parti del mondo in cui non vi è una formazione adeguata al suo uso.

 Una road map “giusta”

Approfondire i rapporti tra economia circolare e obiettivo 10 ci consente di mettere in discussione la circolarità e le sue “colpe”, quando nel proporre modelli di business e indicatori economici tralascia gli aspetti sociali e in particolare le condizioni di lavoro.

Per questo, le strategie circolari che mirano a ridurre la povertà hanno bisogno del supporto di politiche collettive e, ad esempio, degli standard comuni internazionali sulla riparazione dei prodotti, l’assemblaggio, il riciclo. Per quel che riguarda l’inclusione sociale, poi, è necessario che le pratiche di economia circolare coinvolgano anche i cittadini dei paesi in cui vanno inserendosi perché la comunità locale sia sempre parte attiva del cambiamento (non è un caso che in realtà queste partano spesso dalle comunità autoctone, mentre quelle imposte dall’alto si rivelino meno efficaci). Inoltre, l’inclusione passa dalla trasparenza. Dal momento che l’economia circolare si serve di tecnologie avanzate per il controllo degli stock e dei flussi produttivi, le aziende devono dotarsi di regolamentazioni per quel che riguarda il trattamento dei dati e garantire ai consumatori e agli shareholder l’accesso.

Le tecnologie sono appropriate quando sono compatibili con le condizioni culturali ed economiche locali, utilizzano materiali e risorse energetiche disponibili localmente e possono essere facilmente installate e mantenute dalle popolazioni locali. Ciò richiede competenze e formazione per incoraggiare un lavoro dignitoso.

Sostenibilità solo se inclusiva

Un ottimo esempio di come la tecnologia dovrebbe essere guidata dai bisogni della comunità e progettata in collaborazione, non per imposizione, è stato l’introduzione di fornelli meno inquinanti in India. Un’iniziativa che ha avuto successo solo quando gli utenti primari (per lo più donne) sono stati coinvolti e le loro esigenze sono state valutate. I primi tentativi con i più costosi fornelli ad alta efficienza non sono riusciti a tenere conto delle tradizioni locali e dello spazio disponibile per cucinare.

Ancora in India, Kabadiwalla Connect utilizza una tecnologia open data per rendere i raccoglitori di rifiuti informali parte di un sistema di gestione dei rifiuti inclusivo: il software consente ai lavoratori informali di professionalizzarsi offrendo strumenti di progettazione e standard di qualità per la selezione dei materiali. Attraverso la mappatura del settore informale crea così una rete che connette lavoratori e imprenditori con i rifiuti delle città, aiutando chi lavora ad ottenere redditi sicuri e migliori condizioni lavorative: le persone possono condividere le conoscenze e connettersi con le parti interessate, e migliorare allo stesso tempo la tracciabilità lungo la filiera.

In Cina, il distretto di Suzhou, insieme ad altri 13 parchi creati da un progetto pilota di simbiosi industriale risalente al 2005, ha permesso alle aziende manifatturiere di unirsi per ridurre i consumi e i rifiuti: ha ridotto infatti le emissioni di anidride solforosa e inquinanti organici dell’acqua rispettivamente del 38% e del 47%, migliorando significativamente l’aria e qualità dell’acqua per i residenti locali.

Le pratiche circolari devono tenere insieme un occhio alla giustizia ambientale e uno alla giustizia sociale: da qualche tempo Enel mette insieme l’ignobile spreco di dispositivi digitali (50 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici ogni anno, il che equivale a buttare via 1.000 laptop al secondo) con il gap tecnologico. Nel progetto, ai dipendenti Enel viene fornito un nuovo personal computer (PC) ogni quattro anni; quando è il momento di un nuovo computer, il dipendente può scegliere se acquistare o restituire il dispositivo. Se scelgono di restituire il dispositivo ed è ancora in buone condizioni, può essere donato a due associazioni: Banco Informatico Tecnologico e Biomedico (BITeB) o Informatici senza Frontiere, che rimettono a nuovo l’apparecchiatura e poi distribuiscono i computer usati a pubblici e privati ONLUS (organizzazioni senza scopo di lucro).

Altra grande società del settore dell’energia particolarmente attiva è infine Eni che, all’inizio del 2021, ha implementato una serie di iniziative congiunte in diversi Paesi del continente africano per lo sviluppo della filiera dei biocarburanti avanzati proprio secondo modelli di economia circolare: si tratta, nello specifico, di biocarburanti prodotti da materie prime sviluppate in terreni marginali, degradati o abbandonati. Iniziative, queste, virtuose e importanti, in quanto non solo rappresentano un ulteriore passo verso il processo di trasformazione delle risorse energetiche, ma accelerano anche la transizione energetica e lo sviluppo dell’economia circolare nello stesso continente africano.

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