Pandora, Carpisa e tutti gli altri: un anno di #EpicFail ed #EpicWin

Vecchi post che tornano virali nel momento sbagliato, video pensati per la comunicazione interna aziendale che finiscono sulle bacheche di mezza Italia, campagne pubblicitarie mal strutturate che finiscono per fare più male che bene: anche quest’anno molti brand italiani e internazionali hanno avuto a che fare con delle belle gatte da pelare sui social…

Ecco la Top 10 dei social media fail di cui ci ricorderemo ancora per un bel po’

1. Carpisa e lo stage in palio su Facebook (ma solo se compri una borsa): Agosto. Carpisa, noto brand italiano di borse, valigie e accessori, pubblica sulla propria pagina Facebook l’offerta di uno stage nell’ufficio marketing del quartier generale dell’azienda. Le modalità per presentare la propria candidatura, tuttavia, sono piuttosto insolite: oltre a compilare la classica application e allegare un piano di comunicazione per il lancio di un nuovo prodotto, i candidati devono anche acquistare una borsa della nuova collezione autunno/inverno. Scoppia il putiferio, non solo perché in molti contestano l’idea di base del concorso, che vede il lavoro come “un premio da vincere” o peggio ancora “qualcosa da compare”, ma anche perché a lasciare perplessi è l’implicito grado di professionalità ed esperienza che Carpisa chiede ai candidati, che dovrebbero essere giovani alle prime esperienze lavorative e non manager affermati. E mentre su Facebook infuria la polemica, Carpisa risponde con un comunicato, senza mai pubblicarlo su Facebook. Così, la replica di Carpisa scivola nell’oblio, lasciando il brand completamente indifeso davanti a una crisi d’immagine bella e buona.

carpisa stage
Facebook/Carpisa

Lesson Learned: Quando devi comunicare qualcosa di importante, soprattutto se si tratta di una presa di posizione riguardo a fatti che riguardano da vicino il tuo brand, assicurati di comunicarlo là dove c’è il tuo pubblico!

 

2. “Aiutiamoli a casa loro” (Partito Democratico): Luglio. In un tranquillo venerdì pre-vacanziero, sulla pagina Facebook ufficiale del Partito Democratico appare una card con una frase tratta dal libro di Matteo Renzi, che sarebbe uscito di lì a poco in tutte le librerie: frase che contiene dei concetti piuttosto lontani dalle politiche sull’immigrazione e l’accoglienza da sempre sposate dal PD, con tanto di frase «aiutiamoli a casa loro», da sempre uno dei cavalli di battaglia della Lega Nord. E mentre gli elettori discutono e Lega Nord ci costruisce sopra una contro-replica con i fiocchi, il post originale sulla pagina del PD viene cancellato accusando il pubblico di “non saper trattare temi difficili sui social” e di “attaccare gratuitamente senza nemmeno leggere tutto”. Peccato che in quel momento il libro fosse ancora inedito e non ci fosse possibilità di approfondire realmente la frase pubblicata sulla card, completamente decontestualizzata e “buttata” sui social.

Lesson Learned: Se il tuo brand è in crisi e la tua reputazione vacilla, sui social sarai ancora più vulnerabile.

3. Banca Intesa e il video della filiale di Castiglione delle Stiviere: Ottobre. Diventa virale un video piuttosto “casereccio”, realizzato dalla direttrice di una filiale di Banca Intesa, che culmina con un panegirico musicale su come i dipendenti di Intesa SanPaolo ci mettano “la faccia, la testa e il cuore” per garantire al cliente il miglior servizio possibile. Si scoprirà che che quella che sembrava essere una brutta campagna di marketing lanciata dal primo istituto di credito italiano era in realtà era un contest interno indetto da Intesa SanPaoloe che qualcuno ha pubblicato su Facebook il video della filiale di Castiglione delle Stiviere, facendolo uscire dal circuito della comunicazione interna di Intesa. Mentre la protagonista del video diventava suo malgrado protagonista di una “sbornia social” dai toni estremamente pesanti, Banca Intesa restava praticamente in silenzio, senza dare nessuna risposta incisiva.

video banca intesa

Lesson Learned: Non è più possibile pensare che la comunicazione interna di un’azienda resti sempre e soltanto all’interno dell’azienda: informazioni, contenuti e dati sensibili possono diventare di dominio pubblico in qualsiasi momento, con tutte le conseguenze del caso. Studiare un protocollo anti-crisi che includa una risposta pubblica ad una crisi originatasi internamente può essere una buona cosa per tutelare l’immagine del brand, dentro e fuori il brand stesso. 

 

4. Pandora e il regali alle donne: Dicembre. Nel primo weekend “ufficiale” dedicato allo shopping natalizio, l’azienda danese produttrice dei famosi bracciali finisce al centro dell’attenzione per via di un’affissione pubblicitaria nella metropolitana milanese che viene giudicata sessista e misogina. Ma passano le ore e comincia a crescere la perplessità: la pubblicità di Pandora è “contro le donne” o piuttosto è “dedicata agli uomini che fanno sempre regali brutti”? Il dubbio è legittimo e la discussione impazza: l’hashtag #Pandora schizza in cima ai trending topic italiani. Così, a causa di un messaggio mal costruito e poco chiaro, la campagna di Pandora riesce in un colpo solo a sminuire quello che dovrebbe essere presentato come il “regalo perfetto” e a far inferocire il target principale dell’intero brand. Con in più l’aggravante del fatto che, pur non essendo pensata per il web, la campagna è diventata virale sui social italiani, senza che nessuno abbia potuto arginare la questione fin dall’inizio.

pandora pubblicità regali donne

Lesson Learned: Qualsiasi comunicazione, anche se non espressamente pensata per il web, può diventare virale sul web senza che tu l’abbia preventivato. Sii pronto a rispondere, sempre. Possibilmente dopo aver cercato di capire davvero cosa ti stanno dicendo gli utenti.

 

5. Quelli che hanno fatto instant marketing su #MeToo: Ottobre. Mentre in tutto il mondo divampa la polemica  in seguito dello scoppio del caso Weinstein e molti personaggi dello spettacolo raccontano la propria esperienza anche grazie all’iniziativa racchiusa nell’hashtag #MeToo, un’azienda statunitense che produce gioielli dedicati alle giovani donne sforna una collana con la scritta “MeToo”. Avrebbe dovuto essere un segno di solidarietà, ma non ci vuole molto per immaginare la reazione degli utenti, che hanno risposto indignati tacciando l’azienda e la sua collana di essere “schifosamente opportunista”.

metoo instant marketing epicfail

Lesson Learned: Il web è un pubblico che si arrabbia molto facilmente. Il metodo più semplice è quello di rispettarne le emozioni che prova nei confronti di un certo fatto o tema. Impara a leggere le emozioni del tuo pubblico, e a comportarti di conseguenza per non dover far fronte ai danni causati da un’azione sbagliata.

6. Avis e la campagna fake: Aprile. L’Associazione Volontari Italiani del Sangue si ritrova improvvisamente sotto i riflettori dopo essere diventata suo malgrado protagonista di una “falsa campagna” per incentivare le donazioni di sangue. Inizialmente Avis risponde con ironia, ma ottiene una brutta reazione da parte del pubblico: il social media manager probabilmente non poteva immaginare che “dare corda” all’autore della bufala anche solo per lo spazio di un post avrebbe causato una tale reazione negativa e cambia decisamente linea il giorno successivo: l’assenza di una linea comunicativa coerente da parte di Avis, che prima si mostra divertita ma poi cambia strategia vedendo che l’intento ironico non veniva compreso, non fa altro che confondere il pubblico e peggiorare la faccenda.

avis bufala ermes maiolica
Fonte: Facebook

Lesson Learned: È impossibile prevedere le circostanze in cui può nascere una conversazione attorno al tuo brand, e la piega che può prendere. Fai però in modo di dimostrare di avere sempre il polso della situazione e di tenere una linea salda e coerente anche in caso di un’improvvisa ondata di “visibilità non richiesta”.

7. Nike e la foto di Cristiano Ronaldo con lo sponsor “sbagliato”: Giugno. Si è appena conclusa la finale di Champions League, vinta dal Real Madrid. Sui social l’attenzione è alle stelle, tutti stanno parlando della partita e della doppietta di Cristiano Ronaldo, star della serata alla sua quarta Champions League vinta. Appena pochi secondi dopo il fischio finale, NikeFootball – la divisione di Nike che si occupa di attrezzatura calcistica, nonché sponsor personale di Cristiano Ronaldo e della nazionale portoghese – pubblica sui propri profili social una foto di un giovanissimo Cristiano Ronaldo con la scritta “This boy Knew” (Questo ragazzo lo sapeva) sopra lo Swoosh, l’inconfondibile logo di Nike. Peccato solo che, in quella vecchia foto già piuttosto nota sul web, il giovane Ronaldo indossasse una felpa Adidas. E gli utenti non hanno certo perso tempo per farlo notare a Nike la quale, oltre ad essere passata per quella con il vizio un po’ orwelliano di “ritoccare la realtà a proprio uso e consumo”, si è trovata a fare involontariamente una gran pubblicità al suo principale competitor.

cristiano ronaldo nike adidas foto

Lesson Learned: Il tuo pubblico sa potenzialmente molte più cose di te. Non sottovalutarlo mai e, soprattutto, non pensare di riuscire a “fregarlo”.

8. Adidas e i “sopravvissuti alla maratona di Boston”: Aprile. All’indomani dell’annuale Maratona di Boston, Adidas invia una newsletter a tutti i propri iscritti con l’invito a fare shopping tra scarpe da running e abbigliamento tecnico, in vista di nuove imprese sportive. Peccato solo che l’oggetto della mail fosse: “Congratulazioni, sei sopravvissuto alla maratona di Boston!”. La mente corre subito ai tragici fatti del 2013 quando proprio la maratona di Boston fu funestata da un attentato terroristico. Le scuse di Adidas arrivano prontamente, ma com’è che nessuno si è accorto prima di quanto il titolo di quella newsletter fosse fuori luogo?

adidas maratona di boston

Lesson Learned: Quando comunichi in tempo reale con il tuo pubblico non restare nel tuo bozzolo: considera cosa sta succedendo nel mondo e quali sono i pensieri delle persone a cui ti rivolgi, per evitare di suonare inopportuno. 

9. Trump Hotels e l’epicfail con 5 anni di ritardo: Febbraio. Subito dopo il muslim ban emanato dal presidente statunitense Trump, torna virale un vecchio tweet pubblicato dall’account di Trump Hotels, catena di hotel di lusso di proprietà dello stesso Donald Trump. Nel tweet, pubblicato 5 anni prima, si chiedeva agli utenti di raccontare il loro migliore ricordo legato a un viaggio. Sull’onda della polemica per le restrizioni imposte da Trump all’immigrazione, gli utenti sommergono l’account di messaggi che raccontano di viaggi intrapresi di nonni e parenti verso gli Stati Uniti, in cerca di una vita migliore.

trump hotels tweet

Lesson Learned: Nessuna conversazione che avviene in Rete si esaurisce mai completamente, ma può tornare alla ribalta in qualsiasi momento, con risultati sorprendenti. Sul web è impossibile dimenticare – o far dimenticare – qualcosa.

10. Alitalia e il post sui “bambini che frignano in aereo”: Giugno. Sulla sua pagina Facebook ufficiale, Alitalia pubblica una card che ironizza sul pianto dei bambini in aereo. Tuttavia lo scopo del post non è chiaro: Sono frasi raccolte da qualche passeggero? È il pensiero dell’autore della vignetta? Oppure di Alitalia? E come si collega con il lancio dell’immagine, che sembra voler invitare gli utenti a raccontare le proprie esperienze di viaggio passate e presenti? Finisce che arrivano commenti un po’ in tutte le direzioni, tra genitori offesi, consigli di marketing e invettive contro il social media manager, mentre Alitalia non chiarirà mai veramente la questione.

alitalia bambini facebook

Lesson Learned: Un brand sui social può comunicare (quasi) tutto quello che vuole. Ma ogni comunicazione deve avere uno scopo preciso e un contenuto chiaro, a prova di fraintendimento. E soprattutto: non usare i post sui social come “tappabuchi” quando non hai niente da dire.

E gli #EpicWin 2017?

In questo anno c’è anche chi ha saputo tenere i nervi saldi e puntare dritto all’obiettivo. O anche chi, una volta tanto, ha saputo trasformare un errore in un piccolo trionfo:

1. Buondì e lo spot dell’asteroide: non sarà un messaggio provocatorio a farti cadere nel social media fail ma, piuttosto, una gestione traballante delle reazioni del pubblico. Se, come quelli di Buondì Motta, sai perfettamente dove andare a parare e quale obiettivo raggiungere, la strada verso il successo è lì davanti a te.

buondì pubblicità asteroide

2. Il Black Friday di McDonald’s: può capitare a tutti di commettere un errore banale. A quel punto puoi affrontare la cosa in due modi: 1) fare finta di niente, sapendo però che se sei “grande e importante” se ne saranno accorti tutti comunque 2) sfruttare l’improvviso riflettore che involontariamente ti sei puntato addosso per volgere la cosa a tuo favore, magari con un pizzico di ironia.

mcdonald black friday tweet

3. La Croce Rossa di Stradella e “l’aperitivo con la droga”: vuoi giocarti la carta della provocazione per dare visibilità al tuo pubblico? Può portarti grandi soddisfazioni, ma ti serviranno tre elementi fondamentali: idee chiare, nervi saldi e tantissima attenzione, quelli che ha avuto il social media manager della Croce Rossa di Stradella, in nome della sensibilizzazione contro l’uso delle sostanze stupefacenti.

aperitivo droga croce rossa stradella facebook
Fonte: Facebook

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