“L’innovazione e le tecnologie digitali, in particolare, hanno un ruolo centrale nella riforma della PAC, Politica Agricola Comune, 2021-27 alla quale stiamo lavorando e che dovrebbe essere approvata entro il 2021” Paolo De Castro, coordinatore S&D alla commissione Agricoltura del Parlamento europeo e relatore per il Parlamento europeo della proposta di riforma della PAC post 2020, esordisce in questo modo cercando di spiegare come l’UE si sta muovendo per promuovere uno sviluppo sostenibile del settore, mettendo al centro proprio l’innovazione.
“Le proposte di riforma della PAC – continua – che andranno a regolare i piani strategici per lo sviluppo rurale e l’organizzazione comune dei mercati (OCM) dei prodotti agricoli e alimentari sono al momento oggetto di discussione e confronto, necessari per una partecipazione ampia sulla futura politica agricola. Ritengo che i tre atti legislativi non saranno approvati in via definitiva prima del 2021, e per questo abbiamo chiesto di dare certezze ai nostri produttori agricoli attraverso una proroga dell’attuale PAC come minimo di due anni, ossia fino al 31 dicembre 2022, e non di un solo anno come propone la Commissione europea tramite i regolamenti transitori”.
Qual è il ruolo e lo spazio riservato al digitale nell’ammodernamento della PAC?
Ci saranno misure specifiche a sostegno dello smart farming, dell’agricoltura di precisione, che contribuisce in modo importante anche ai target previsti dal goal 2 di Agenda 2030. E’ stato ampiamente dimostrato in questi anni e con esperienze di successo come l’impiego di tecnologie digitali in grado di limitare l’uso di prodotti chimici, minimizzare gli sprechi di acqua e contestualmente aumentare le produzioni agricole possa sostenere le imprese agricole e contribuire a rispettare l’ambiente. Una priorità per il pacchetto PAC è, infatti, quello di salvaguardare l’ambiente ottimizzando le risorse disponibili. A questo proposito saranno formulate norme comuni per il mantenimento delle buone condizioni agronomiche e ambientali dei terreni, come da piano GAECs, Good Agricolutural and Environmental Conditions, e introdotti strumenti di consulenza per le aziende agricole relativi ai nutrienti, FaST, ovvero Farm Suatainability Tool for Nutrients. Oltre allo smart farming, attenzione particolare dovrà essere riservata alle nuove tecniche di miglioramento varietale, che nulla hanno a che vedere con i vecchi OGM in quanto non inseriscono niente nel patrimonio genetico della pianta ma mirano ad accelerare processi che avverrebbero in natura, per le quali occorre tuttavia superare la legislazione che attualmente le equipara a OGM e incentivare gli investimenti in ricerca e sviluppo. L’uso di queste tecniche innovative, infatti, consente di rendere le piante più resistenti alle malattie e alle aggressioni dei parassiti, preservando sempre la propria biodiversità e le proprie caratteristiche. Il tutto minimizzando gli input chimici, a tutto vantaggio dell’ambiente e dei consumatori finali.
Qual è il ruolo previsto per la tecnologia Blockchain? Come si pensa di poterla impiegare e con quali risultati?
Se è vero che i nostri produttori sono in prima linea nella lotta al cambiamento climatico, di cui sono sempre più vittime, molto occorre fare anche in termini di tracciabilità di filiera, anche attraverso l’introduzione di etichette per garantire l’origine delle materie prime. Uno dei nostri obiettivi è quello di rendere la filiera agroalimentare sempre più trasparente, e garantire la qualità del cibo sulle nostre tavole. Per fare questo si può sicuramente ricorrere anche a Blockchain, quale tecnologia in grado di tracciare in modo trasparente e condiviso le transazioni di un prodotto.
Quali le risorse a sostegno delle imprese agricole?
Gli obiettivi che ci poniamo con la riforma PAC sono ambiziosi in termini di sostenibilità ambientale e richiederanno sforzi alle imprese agricole che non possono non essere adeguatamente sostenuti e incentivati. Al momento attuale ci stiamo battendo affinché non passi l’ipotesi di budget proposta dalla Commissione Ue pari all’1,1% del Prodotto Interno Lordo dei Paesi Ue, che per l’Italia si tradurrebbe in un taglio di 2 miliardi di euro. L’ideale sarebbe che si arrivi all’1,3% del Pil in modo da non avere tagli su un comparto che in questo momento storico ha forte bisogno di un sostegno. Una cosa positiva è che è stato riservato un plafond di 10 miliardi di euro per innovazione, ricerca e sviluppo a favore dell’agroalimentare.
Foto di copertina Cooperatives Agro-alimentàries CV, Flickr, CC-BY 2.0
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