Il digitale per cambiare il cambiamento climatico: intervista a Andrea Minutolo di Legambiente

In Legambiente si lavora a tutti i 17 goal di Agenda 2030, in maniera trasversale e con il coinvolgimento di diversi soggetti, ma tra gli obiettivi ai quali si dedica una attenzione maggiore ci sono il 6, l’11 e il 13, che in qualche maniera rappresentano i 3 pilastri fondamentali dello sviluppo sostenibile”. Andrea Minutolo, coordinatore dell’ufficio scientifico di Legambiente, racconta il lavoro su più livelli e che mira a raggiungere diversi target di persone, dagli addetti ai lavori ai singoli cittadini, sul versante sostenibilità.

Qual è un progetto di Legambiente al quale guardare con attenzione, legato al goal 13, ovvero alla lotta al cambiamento climatico?

Nei mesi scorsi abbiamo lanciato la campagna #ChangeClimateChange, una piattaforma online per promuovere la realizzazione di mobilitazioni e iniziative concrete per contrastare il cambiamento climatico. Il portale sarà soprattutto uno strumento aperto ai cittadini, uno spazio di confronto e di incontro, dove approfondire cause e soluzioni, denunciare i “nemici del clima” e valorizzare le tante esperienze positive già presenti in Italia. Perché se è vero che i cambiamenti climatici stanno cambiando il pianeta, è vero anche che siamo noi a dover cambiare il cambiamento.

La tecnologia digitale che ruolo ha nel raggiungimento degli obiettivi e quanto può essere strumento di sostenibilità?

La tecnologia deve essere uno strumento di sostenibilità, altrimenti rischia di essere fine a se stessa. Ormai viviamo in un mondo in rapida evoluzione e nessuno sviluppo, compreso quello tecnologico, può più permettersi di non tenere conto delle conseguenze ambientali, sociali ed economiche che comporta fin dall’inizio del suo sviluppo e in tutti gli usi che ne conseguono. Le tecnologie digitali saranno importanti per veicolare e misurare il cambiamento; per migliorare la conoscenza dello stato dell’ambiente, velocizzare le azioni volte al risanamento e prevenire ulteriori forme di inquinamento.

Quali sono gli strumenti digitali utilizzati da Legambiente per fare advocacy? Con quali risultati?

I social network sono sicuramente gli strumenti utilizzati per avere maggior risalto e quindi fare meglio azioni di pressione, informazione e advocacy; ma da soli i social non bastano. Infatti, senza contenuti la comunicazione social diventa luogo di fake news e può essere quindi controproducente. L’altro aspetto fondamentale da affiancare agli strumenti di comunicazione sono i dati scientifici, le analisi, i numeri, che servono a dare sostanza alle notizie. In questo caso, i big data e l’analisi scientifica dei dati assumono un ruolo determinante.

Ottimismo o pessimismo sul raggiungimento dei goal previsti da Agenda 2030?

Difficile dirlo adesso: come sistema Paese siamo indietro rispetto a molte questioni e i cambiamenti, per essere poi tangibili, hanno bisogno di essere radicati sui territori in maniera omogenea. In Italia questa visone unitaria di problemi globali non è sufficientemente percepita dalle persone che ancora, purtroppo, vivono di campanilismi e di orticelli propri. Anche se le nuove generazioni che stanno crescendo con queste problematiche ambientali e sociali sono più recettive al cambio di passo che serve per raggiungere gli obiettivi.

Quale il goal potenzialmente più a portata di mano?

Nessun goal è facilmente raggiungibile da solo o è a portata di mano: serve lavorare su tutti affinché il fatto stesso di raggiungerne uno sia significativo per l’intera società. Mentre è nelle città che la battaglia per lo sviluppo sostenibile si vince o si perde. E non lo dice Legambiente ma la stessa Onu in uno dei documenti che accompagnano l’Agenda 2030. L’Onu rimarca due aspetti distinti e indiscutibili su cui come associazione ambientalista non possiamo che trovarci d’accordo: è nelle aree urbane che si concentra l’80% del PIL mondiale, che si consuma il 75% dell’energia, che nel 2050 vivranno i due terzi della popolazione mondiale; è nelle aree urbane che si manifestano con più evidenza l’inquinamento, il degrado del territorio e degli spazi abitati, l’inarrestabile crescita del suolo consumato, la povertà e le diseguaglianze – temi, peraltro, sempre più profondamente concatenati tra loro. Ed è sempre nelle città – dove si produce più della metà delle emissioni di gas serra – che si gioca la sfida cruciale dei cambiamenti climatici.

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