L’agricoltura può far crescere, e molto, la decarbonizzazione dell’ambiente

Con adeguate politiche, interventi e azioni concrete, in uno scenario di medio periodo il settore agricolo potrebbe assorbire il 30% delle emissioni nazionali di CO2: anche in questo ambito, le tecnologie digitali possono avere un ruolo centrale

L’agricoltura e l’allevamento sono responsabili di circa il 7% delle emissioni di gas a effetto serra in Italia. Una quota relativamente limitata, ma con un grande potenziale di miglioramento. L’agricoltura è infatti un settore che può trasformarsi in una fonte netta di assorbimento di gas a effetto serra anziché continuare a essere una fonte di emissioni. Il punto cruciale è trasformare la decarbonizzazione in un’opportunità di sviluppo e di crescita per le imprese e per chi fa agricoltura. Secondo specialisti e analisti che studiano il settore, e i suoi trend di cambiamento, la decarbonizzazione del settore agricolo è un’importante opportunità per una transizione verso un modello di business più avanzato e più redditizio, con benefici per gli addetti ai lavori, per la collettività e l’ambiente.

Per fare tutto questo, le priorità sono: aumentare la redditività, incentivare la meccanizzazione e la specializzazione, innovare e migliorare con l’uso delle nuove tecnologie digitali, stimolare l’internazionalizzazione delle eccellenze agroalimentari. E la decarbonizzazione è un’enorme occasione.

Più vino e olio d’oliva, meno anidride carbonica

Vediamo qualche esempio concreto, sul campo. Tra le coltivazioni con la maggiore efficienza carbonica, innanzitutto, spicca l’ulivo: un uliveto di un ettaro arriva a catturare più di 20 tonnellate di anidride carbonica l’anno. Non male, se si considera che in Italia gli uliveti coprono oltre un milione di ettari di territorio. Un grande ‘polmone’ contro la CO2, che dà anche ottimi frutti. Dalle olive e dall’olio, si passa a un’altra eccellenza del Made in Italy: il vino. Un’altra coltura molto efficiente in termini di decarbonizzazione è la vite che, se curata al meglio, può avere tassi di cattura di poco inferiori all’ulivo, circa 20 tonnellate di anidride carbonica per ettaro. E, anche in questo caso, si tratta di una coltura estremamente diffusa sul territorio italiano, dove copre più di 750mila ettari.

Si possono poi fare altri calcoli collegati alla coltivazione non di frutta e verdura, ma di alberi e boschi. Per esempio, dal punto di vista della cattura dell’anidride carbonica, un pioppeto arriva a catturare una ventina di tonnellate di anidride carbonica l’anno per ettaro – come vigneti e uliveti – mentre, a pari condizioni, una coltivazione di robinia riesce a fare anche di più. Ipotizzando di mettere a coltura due milioni di ettari, solo con pioppi e robinie si genererebbero assorbimenti per più di 40 milioni di tonnellate di anidride carbonica in un anno, il 10% delle emissioni italiane.

Sfruttare appieno il potere di assorbimento delle colture, però, implica naturalmente un aumento della superficie verde in Italia, cosa che può essere fatta, ad esempio, ripensando la geografia urbana.

Il ruolo dell’innovazione digitale per il settore agroalimentare

Con adeguate politiche, interventi e azioni concrete, in uno scenario di medio periodo il settore agricolo sarebbe in grado di assorbire il 30% delle emissioni nazionali, pari a più di 120 milioni di tonnellate di anidride carbonica l’anno. Una media di 10 tonnellate di anidride carbonica a ettaro, includendo i 2,5 milioni di ettari destinati a coltivazioni di boschi e foreste già esistenti.

Allo stesso tempo, è sempre più evidente il forte ruolo dell’innovazione digitale per il settore agroalimentare, e per l’agricoltura in particolare, come strumento per aumentare efficacia ed efficienza dell’attività agricola e delle singole imprese, e allo stesso tempo per razionalizzare i costi, innovare il lavoro, inquinare meno, contribuire alla decarbonizzazione della produzione e dell’ambiente.

Dove un tempo solcava l’aratro, ora gira la Blockchain

Migliorare la sostenibilità ambientale delle coltivazioni, la gestione delle varie fasi logistiche (trasporto, temperatura, conservazione), l’efficienza delle catene di fornitura, sono tra i motivi principali che spingono sempre più aziende agricole ad abbracciare le tecnologie della cosiddetta Agricoltura 4.0. Non a caso, continua a crescere il mercato mondiale dell’agricoltura Hi-tech, stimato attorno agli 8 miliardi di dollari (+11% in un anno).

Il mercato italiano dell’Agricoltura 4.0 vale oggi 450 milioni di euro, con una crescita boom (+22% in 12 mesi), sempre secondo le analisi dell’Osservatorio Smart AgriFood del Politecnico di Milano: sono oltre 400 le soluzioni di Agricoltura 4.0 sviluppate in Italia da più di 160 aziende, con applicazioni dedicate innanzitutto al mondo dei cereali, vigne e coltivazione di verdure e ortaggi.

Anche le reti e tecnologie Blockchain vengono sempre più utilizzate in agricoltura, in molti casi per migliorare l’efficienza della Supply chain. Migliorare le tecniche e i risultati di coltivazione, le attività e il lavoro delle catene di fornitura, sfruttare le potenzialità di assorbimento dei gas inquinanti da parte dell’agricoltura, sono tutti pezzi di un puzzle che si può continuare a costruire per una sempre maggiore decarbonizzazione dell’ambiente.

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