Realtà Aumentata e Virtuale: ti amo, ma quanto ti uso?

75 italiani su 100 dicono di conoscere Realtà Aumentata e Virtuale, anche se solo un 5% si dichiara utente regolare e a un 37% “è capitato di provare” secondo la ricerca Retail Transformation 2.0, elaborata da Digital Transformation Institute e CFMT. A conoscere meglio AR e VR sono le persone tra i 18 e i 24 anni (87%), con grado di istruzione elevata (87%), reddito medio (77%), competenze digitali avanzate (87%) ed elevata autostima digitale (81%).

Rispetto alla confidenza con il termine, Realtà Virtuale e Aumentata sono tra le tecnologie più note, terze nella classifica solo dopo Social Network (familiare al 93% delle persone) e AI (80%), prima di altre quali Big Data, IoT e Blockchain.

Tra le parole più spesso associate dagli intervistati ad AR e VR ci sono percezione, simulazione e percezione sensoriale e tra gli esempi che le persone portano con maggiore frequenza ci sono videogiochi e chirurgia a distanza.

I dati della ricerca – afferma Lorenzo Montagna, esperto di Realtà Aumentata e Virtualerappresentano una importante conferma per il confronto con le altre tecnologie emergenti come blockchain, IoT o AI, 5g di cui si sente parlare tanto, ma che poi non si incontrano quasi mai nella nostra vita professionale o personale. AR e VR sono molto più avanti anche secondo le ricerche come quella di Gartner sull’hyper circle. Anzi sono proprio AR e VR ad abilitarle, a renderle prodotto e servizio fruibile con il proprio smartphone o visori già oggi“.

VR per la didattica a distanza auspicata e da valutare

Al di là della conoscenza di Realtà Aumentata e Virtuale, gli intervistati dichiarano che, rispetto all’impiego di VR nella formazione “al posto della sola esperienza in aula indossando un visore per vivere un’esperienza di realtà”, questa è auspicabile e “da valutare se opportunamente integrate con la didattica tradizionale”. Presente un 22% di persone più “resistenti” a soluzioni di questo tipo che valutano la Realtà Virtuale applicata alla formazione come “di poco conto” (11%) o addirittura “da evitare in quanto sarebbe una soluzione assolutamente dannosa per la didattica”.

È interessante notare come sul tema della realtà virtuale si vivano, rispetto alle altre tecnologie, i momenti di radicalizzazione più forti nell’utenza. Tendiamo a vedere nelle applicazioni che si basano su questa tecnologia il punto di unione più profondo tra il mondo digitale e quello analogico, e non ci rendiamo conto che tale unione è invece agita con molta più forza attraverso strumenti come l’Internet of Things. Ad ogni modo, il livello di accettazione di questa tecnologia, complice anche lo sviluppo dei device che la rendono sempre più semplice da fruire, sta vivendo negli ultimi anni un ritmo serrato, che finalmente la vede efficace anche in contesti dove fino a poco tempo fa ne veniva solo teorizzata l’adozione, come i punti vendita” – afferma Stefano Epifani, presidente del Digital Transformation Institute e coordinatore scientifico della ricerca.

Conoscenti, non praticanti anche per Realtà Virtuale e Aumentata

Un po’ come succede per altre tecnologie analizzate dalla stessa ricerca, quali Blockchain o Intelligenza Artificiale, anche AR e VR sono conosciute ma poco praticate e utilizzate. Infatti, alla domanda su quali esperienze è capitato di fare “utilizzando strumenti quali visore, guanti, cuffie per giocare e/o fare esperienze in un ambiente virtuale”, un 57% di persone afferma di non aver mai provato, con un 31% di intervistati completamente disinteressato. Solo un 5% si dichiara utente regolare e a un 37% “è capitato di provare”.

Quello che è interessante notare – continua Montagna – è vedere come chi conosce le tecnologie abbia capito perfettamente le due loro fondamentali caratteristiche: quella di creare nuove percezioni e quindi nuovi contesti che possono “aumentare” le nostre possibilità, fornendoci dati ed informazioni contestuali oppure quella di creare nuove e “virtuose” esperienze digitali ultra realistiche che generano una nuova relazione con lo spazio e con le nostre sensazioni. Tutto questo genera un nuovo contesto digitale che si integra al nostro spazio reale creando nuove relazioni e opportunità, come ad esempio nel caso della formazione professionale dove i risultati (numeri alla mano) tra la formazione tradizionale in aula e quella in AR o VR è tre volte più efficace oltre che essere scalabile e misurabile“.

Tra gli italiani che si sentono a disagio con AR e VR (16%) i limiti sono identificati nel “pensare a una persona che mi osserva da fuori con cui fare una figura ridicola”, al “senso di panico, vertigini e labirintite” oppure alla paura di isolarsi e “uscire completamente dal mondo che mi circonda”.

“Come qualsiasi emerging tech – chiosa Montagna – anche questa volta l’uso delle tecnologie innovative è guidato nell’adozione da persone giovani, con parametri socio-economici superiori alla media per poi diventare di massa”.

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