Dopo aver spiegato le prime due parole, A di Anidride Carbonica e B di Biocarburante, questa rubrica ABC ZeroCarbon, che vuole chiarire alcuni concetti legati alla sostenibilità ambientale e, appunto, all’obiettivo Zero Carbon, è arrivata a un altro termine molto utilizzato e diffuso, ma non sappiamo bene quanto conosciuto in modo chiaro: Climate Change, cambiamento climatico. Anche per questo, come per altri, proviamo a rispondere a quattro domande che ognuno di noi si sarà posto almeno una volta.
Il clima è davvero cambiato o è una fake news?
Il cambiamento climatico è una triste realtà riscontrata da diversi studi, tanto che secondo alcuni di essi restano solo pochi anni per mantenere le temperature entro la soglia di 1,5° rispetto ai livelli pre-industriali: per farlo servirà dimezzare le emissioni di anidride carbonica entro il 2030, e azzerarle entro il 2050. Ma cosa s’intende con il termine climate change? Secondo IPCC, organismo delle Nazioni Unite che studia e valuta in modo scientifico il cambiamento climatico, con questo termine ci si riferisce a una modifica dello stato del clima, identificata nei cambiamenti rilevati nella media e/o la variabilità delle sue proprietà che persistono per un lungo periodo, in genere decenni o più. I cambiamenti climatici possono essere dovuti a naturali processi interni o forzature esterne come modulazioni dei cicli solari, eruzioni vulcaniche e persistenti cambiamenti antropogenici nella composizione dell’atmosfera o nell’uso del suolo. Il climate change non è da confondere con il global warming, ovvero il riscaldamento globale, che è solo un aspetto del cambiamento climatico.
Secondo la Nasa, che mette a disposizione una sezione specifica del suo sito tramite la quale poter verificare la situazione aggiornata di alcuni parametri indice del cambiamento climatico, le prove scientifiche per il riscaldamento del sistema climatico sono inequivocabili. Andando a guardare i livelli di alcuni parametri valutati da Nasa, si può vedere come le emissioni di anidride carbonica nell’aria siano tra le più alte degli ultimi 650mila anni; la temperatura globale dal 1980 ad oggi è aumentata di 1,9°, con 19 dei 20 anni anni più caldi avvenuti dal 2001 a oggi, ad eccezione del 1998; la superficie di ghiacciai marini artici sta diminuendo ad un tasso del 12,85% per decennio; l’innalzamento del livello del mare, causato principalmente da fattori legati al riscaldamento globale, è quantificato in un +3,3 mm per anno.
Ma davvero il cambiamento climatico è avvenuto per colpa dell’uomo?
La Convenzione quadro sui cambiamenti climatici (UNFCCC), nel suo primo articolo, definisce i cambiamenti climatici come: “un cambiamento di clima che è attribuito direttamente o indirettamente all’attività umana, che altera la composizione dell’atmosfera globale e che si aggiunge variabilità del clima naturale osservata in periodi di tempo comparabili”. Secondo gli scienziati (oltre 1.300 che lavorano per IPCC) il riscaldamento è frutto delle attività umane osservate negli ultimi cinquant’anni con una probabilità stimata superiore al 95%. In particolare, il riscaldamento è causato dall’emissione in atmosfera di alcuni gas, frutto anche della combustione di combustibili fossili e dell’attività industriale, tra i quali oltre l’anidride carbonica, il vapore acqueo, il metano o i clorofuorocarburi. Secondo IPCC le attività industriali hanno aumentato i livelli di biossido di carbonio nell’atmosfera da 280 parti per milione a 412 parti per milione negli ultimi 150 anni.
Se è vero che il clima è cambiato, grossi effetti comunque non ci saranno. Giusto?
No. Gli effetti dei cambiamenti climatici sono già osservabili sull’ambiente e il processo, qualora non si intervenga rapidamente, è destinato a peggiorare. Secondo IPCC, infatti, nel prossimo secolo è previsto un aumento della temperatura media globale che va da 1 fino a 6 gradi Celsius, con impatti benefici in alcune regioni e dannosi in molte altre, e costi del danno netto derivante dal climate change significativi e destinati ad aumentare nel tempo. Anche qualora si smettesse di emettere gas serra oggi, il riscaldamento globale continuerebbe ad esserci ancora per diversi decenni, con alcuni scienziati che ritengono che la Terra possa arrivare a uno o più “punti di non ritorno”. Intervenire e farlo presto seguendo gli obiettivi del goal 13, lotta al cambiamento climatico, è quindi necessario: molte aziende si stanno muovendo in questa direzione.
La tecnologia digitale può contrastare il cambiamento climatico?
Gli esperti convergono sul fatto che la tecnologia digitale abbia un ruolo di primo piano nella lotta al climate change. Innumerevoli sono, ad esempio, le applicazioni dei Big Data e dell’Intelligenza Artificiale. Come evidenzia un recente report pubblicato dalla Cornell University, grazie ai sistemi di intelligenza artificiale è possibile fare analisi predittiva sulle condizioni meteo finalizzata all’ottimizzazione del consumo delle energie da fonte rinnovabile, come l’eolica o la solare. Allo stesso tempo, il machine learning può essere utilizzato nella gestione dei trasporti urbani per un’ottimizzazione dei consumi, con impatti significativi rispetto alle emissioni di CO2, così come – con lo stesso obiettivo – nella gestione dei sistemi di gestione dell’energia elettrica, in combinazione ad approcci basati su smart grid. Ancora, l’Intelligenza Artificiale sarà un componente fondamentale per i processi di Solar Geoengineering. In combinazione con l’Internet of Things e la sensoristica diffusa, inoltre, big data ed intelligenza artificiale sono strumenti chiave per la gestione dei processi di controllo delle emissioni, rappresentando alleati fondamentali nelle strategie di decarbonizzazione.
In tale ambito, iniziano ad affermarsi anche sperimentazioni avanzate che vedono nelle distributed ledger technology strumenti di supporto all’economia circolare. Le DLT – attraverso la tokenizzazione dei rifiuti – possono infatti essere utilizzate per gestire in maniera efficace i processi di smaltimento e recupero delle materie prime e delle materie prime seconde, con impatti significativi sui livelli di emissione e conseguentemente sul clima.
Ancora: il cloud computing può essere un alleato importante nella lotta ai cambiamenti climatici, centralizzandone i consumi e migrando verso datacenter green.
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