Biodiversità: male, non malissimo, meglio con il digitale

20. Tanti sono gli obiettivi legati alla biodiversità individuati dieci anni fa, nel 2010 a Aichi, per rallentare la perdita del mondo naturale. 20 obiettivi, nessuno raggiunto in modo pieno. Il Global Biodiversity Outlook 5 (GBO-5), pubblicato dalla Convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica, nel fare il punto della situazione mostra come siano soltanto 6 gli obiettivi centrati solo in maniera parziale.

Tra i dati che meglio ci fanno capire quanto si stia pericolosamente avvicinando un punto di non ritorno, sono 1 milione le specie a rischio di estinzione; il 40% degli anfibi potrebbe estinguersi, insieme al 33% dei mammiferi marini e al 14% degli uccelli; sono raddoppiate le aree urbane dal 1992 a oggi; sono scomparsi 100 milioni di ettari di foresta tra il 1980 e il 2000. Nonostante i tassi di deforestazione siano diminuiti di circa un terzo negli ultimi cinque anni, gli ecosistemi tropicali e di acqua dolce sono in netta sofferenza e restano gravemente minacciati.

Danni irreversibili quelli inferti dall’uomo alla natura, ma che non per questo devono scoraggiare al punto da non intervenire.

Quali i suggerimenti e le raccomandazioni contenute nel report?

Svariate sono le aree di intervento previste, che vanno dalle foreste, per le quali si invitano i Paesi a ripristinare gli ecosistemi degradati e a mantenere intatti gli esistenti; all’agricoltura sostenibile, per la quale è necessario un approccio agroecologico e innovativo per aumentare la produttività e ridurre al minimi il ricorso alla chimica che minaccia la biodiversità; all’alimentazione sostenibile, con invito a promuovere diete sane di origine vegetale, con limitazione del consumo di carne e pesce.

Non mancano raccomandazioni sugli ecosistemi marini e costieri, dove occorre limitare lo sfruttamento, e sull’uso sostenibile dell’acqua dolce, per la quale il report suggerisce di adottare un approccio integrato che migliori la qualità dell’acqua, riduca l’inquinamento e protegga in questo modo gli habitat critici.

Un futuro sostenibile è ancora possibile?

Secondo il report solo su un mix di azioni, tutte necessarie ma nessuna da sola sufficiente a cambiare questo andamento, devono essere intraprese da tutti i Paesi in modo deciso. Soprattutto guardando a un 2050 zero carbon.

Se si vuole guardare in positivo ai piccoli obiettivi raggiunti, si possono citare l’espansione e il mantenimento di aree protette, aumentate nel corso del 2000-2020 dal 10 al 15%, con un incremento dal 29 al 44% delle aree protette di particolare importanza per la biodiversità. A dare buoni frutti anche le azioni di restrizione alla caccia, il controllo delle specie esotiche invasive, la reintroduzione di specie animali che hanno evitato l’estinzione di uccelli e mammiferi che, negli ultimi dieci anni, probabilmente sarebbe stata da due a quattro volte superiore.

Sempre volendo guardare al bicchiere mezzo pieno, secondo il report c’è stato un sostanziale aumento dei dati disponibili riferiti alla biodiversità e che cittadini, ricercatori e decisori possono utilizzare per mettere in atto azioni di tutela e conservazione.

Non esiste un unico percorso ‘ideale’ a favore della biodiversità verso il 2050 che si possa applicare allo stesso modo a tutte le regioni e in tutte le circostanze”, si legge nel rapporto Onu. Tanto che il framework adottato dalla comunità globale dovrebbe essere sufficientemente flessibile da soddisfare varietà di condizioni e valori differenti.

Quale il contributo del digitale alla biodiversità?

Diversi sono gli esempi utili a comprendere quanto le tecnologie digitali possano impattare in modo positivo. Una delle tante applicazioni dell’AI, che consente di elaborare rapidamente (e riconoscere quindi) diverse immagini, consiste nel riconoscimento e nell’avvistamento di una particolare specie animale. Viene per questo utilizzata per individuare, monitorare e quindi “difendere” alcune specie animali che rischiano l’estinzione. La Fondazione Nisqually, negli Stati Uniti, per esempio, l’ha utilizzata per identificare le specie di salmone presenti nei corsi d’acqua tramite l’analisi dei video registrati da trappole fotografiche subacquee. Microsoft AI for Earth e Gramener hanno ideato una soluzione che usa il deep learning per elaborare centinaia di ore di video e identificare i pesci con elevata precisione, risparmiando oltre l’80% dello sforzo umano prima necessario per fare lo stesso lavoro.

L’AI si associa anche all’analisi di immagini satellitari ad alta risoluzione, tramite le quali si fa anche il monitoraggio su larga scala dei cetacei: il grande volume di dati raccolti, in questo caso, grazie ad algoritmi di machine learning consente di semi-automatizzare l’identificazione degli animali altrimenti fatta da biologi.

Altra possibile applicazione di telerilevamento e analisi dati tramite il digitale quella dei pericolosi rifiuti marini. La presenza di alcune plastiche sulla superficie dell’oceano non solo aumenta il rischio di ingestione per le specie marine, mettendone a rischio la sopravvivenza, ma può fare anche da “mezzo di trasporto” di specie invasive che possono minare la biodiversità. Ecco perché la mappatura dei rifiuti in mare, possibile grazie a sensoristica, Data Analysis e AI, contribuisce a contenerne gli effetti negativi.

Molte, infine, le applicazioni del digitale per l’agricoltura sostenibile, tra le quali si può citare blockchain da poter usare nel settore delle sementi per incentivare la vendita e l’uso sostenibili ed equi dell’agrobiodiversità. “Seed Keeping”, una pratica di selezione e conservazione naturale dei migliori semi del raccolto praticata soprattutto in India, potrebbe per esempio ricorrere a blockchain per tracciarne la provenienza dei semi, garantendone la qualità ed evitando la cosiddetta “biopirateria”.

Sono numerosi i progetti possibili da realizzare a salvaguardia della biodiversità che ricorrono alle tecnologie digitali per dare risposte concrete ad un problema che non possiamo permetterci di procrastinare. Tuttavia – afferma Stefano Epifani, Presidente del Digital Transformation Institute – soprattutto se si guarda al nostro Paese, appare evidente come le eccellenze siano a macchia di leopardo e come la consapevolezza del fatto che la trasformazione digitale rappresenti uno strumento imprescindibile di sostenibilità ambientale e di supporto alla tutela della biodiversità sia ancora troppo scarsa. E se questo è vero per le istituzioni è ancora più vero per le associazioni che si fanno o dovrebbero farsi interpreti delle istanze della società civile. Vedere il nome di grandi associazioni ambientaliste affiancato a movimenti contro il 5G proprio con il pretesto della biodiversità, ad esempio, fa capire il baratro di ignoranza e di diffidenza rispetto a strumenti che sarebbero invece importantissimi per supportare il perseguimento di un obiettivo centrale come quello della tutela della biodiversità. E per farlo anche grazie a quelle tecnologie delle quali troppo spesso si rifiuta di riconoscerne l’utilità.

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