La comunicazione sanitaria può essere sostenibile?

Nel contesto pandemico, quello dell'infodemia è stato un problema che ha contribuito a rendere la situazione ancora più grave di quanto già non fosse: per questo, una teoria della comunicazione sanitaria sostenibile sembra essere indispensabile

Non v’è dubbio che nell’ultimo anno il COVID-19 abbia dettato l’agenda politica delle nazioni così come la quotidianità di miliardi di persone. Ma all’interno di questa pandemia se ne è annidata un’altra, forse meno letale ma non per questo meno importante, che la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito, riprendendo la definizione di David J. Rothkopf, infodemia. Quella “circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili”, secondo la definizione della enciclopedia Treccani, che ha condizionato i Governi così come i comportamenti individuali, contribuendo sensibilmente a rendere ancor più grave la situazione pandemica.

Guardando al quadro pandemico dalla prospettiva della comunicazione, quindi, una teoria della comunicazione sanitaria sostenibile sembrerebbe indispensabile: eppure si fa fatica a trovarne una convincente.

  • Quali devono essere i requisiti per una tale teoria e quale può essere la sua utilità?
  • Quali sono gli elementi di tale teoria e quali sono gli ostacoli che potrebbe incontrare?

Le domande dalle quali partire

Sembra evidente che per una comunicazione sanitaria sostenibile sarebbe indispensabile il concetto “verità”, e sembra altrettanto evidente che il principale “garante” di tale concetto dovrebbe essere la scienza. Ma la verità (e la sua già di per sé difficile conferma attraverso la scienza) sarebbe solo una condizione necessaria, ma non sufficiente per una comunicazione sanitaria sostenibile.

Per capire, quindi, se una teoria della comunicazione sanitaria sostenibile sia possibile bisogna rispondere a quattro domande:

  1. Quale teoria della comunicazione può fornire i concetti necessari per una teoria della comunicazione sanitaria?
  2. Quali sono gli elementi di una comunicazione sanitaria sostenibile in termini di attori, contenuti, metodi e obiettivi?
  3. Quale concetto di sostenibilità può essere adeguato per la comunicazione sanitaria?
  4. Quali sono gli ostacoli di una comunicazione sanitaria sostenibile e come si possono eventualmente rimuovere?

Gli aspetti da considerare nella comunicazione

Ad oggi non esiste una teoria della comunicazione universale che integri in maniera convincente gli aspetti fisici, linguistici, psicologici e sociologici della comunicazione. Però esistono alcune teorie che ne chiariscono singoli aspetti. Per il nostro scopo dobbiamo vedere quali teorie ci aiutano a rispondere a quattro domande di fondo: Come funziona la comunicazione (aspetti funzionali)? Quali sono le limitazioni della comunicazione (aspetti strutturali)? Quali sono i criteri di successo della comunicazione (aspetti sociali cooperativi)? In che modo la comunicazione può essere considerata durevole o sostenibile (aspetti culturali)?

  • Aspetti funzionali: la teoria più interessante dalla quale partire per una comunicazione sanitaria sostenibile è quella di Niklas Luhmann, sociologo e teorico dei sistemi. I quattro concetti fondamentali del suo approccio sono informazione, messaggio, comprensione e sistema. Questi quattro concetti non sono separabili, solo distinguibili. Luhmann critica il concetto della “trasmissione dell’informazione” come fuorviante, perché suggerisce metaforicamente che un trasmittente trasferisce qualcosa di preciso a un ricevente. Questo approccio limitato non riconosce il fatto che per ogni livello, o ogni aspetto (informazione, messaggio, comprensione e sistema) deve essere effettuata una selezione che riduce la probabilità di successo. La comunicazione è quindi sistematicamente ambivalente.
  • Aspetti strutturali: la teoria della comunicazione di Luhmann analizza anche il problema delle limitazioni (e i limiti) della comunicazione, ma la teoria più “in vista” oggi è quella di Michel Foucault che tratta soprattutto gli aspetti di esclusione e di potere. Anche in questo caso distinguiamo quattro ambiti, la limitazione quantitativa (accesso allo spazio della comunicazione), la limitazione qualitativa, cioè l’imposizione di norme e presunte verità, la limitazione relazionale (o di rilevanza) che comporta i divieti di comunicazione e la limitazione in termini di modalità che impone con atti di rigetto (o diniego) l’esclusione dei soggetti.
  • Aspetti sociali cooperativi: anche la teoria del successo della comunicazione (soprattutto quella di Paul Grice) si orienta alle categorie kantiane della qualità, della quantità, della relazione (o rilevanza) e della modalità. Sulla base di queste categorie la teoria formula alcuni principi che si basano su quattro elementi: qualità (postulato della verità o meglio: sii sincero!), quantità (postulato del né-più-né-meno o meglio: non essere reticente o ridondante), relazione o rilevanza (postulato della pertinenza o meglio: attieniti al tema!), modalità o stile (postulato della trasparenza o meglio: evita l’ambiguità o l’oscurità!).
  • Aspetti culturali: in questo ambito c’è la maggiore eterogeneità di teorie. Si spazia dalla teoria della memoria culturale alla teoria dei rituali, dalla teoria della cultura performativa alla teoria del mito e della narratività. Questo dipende anche dal fatto che il concetto di “cultura” è ancora più ambiguo – se possibile – del concetto della comunicazione.

La comunicazione sanitaria

Il concetto di comunicazione sanitaria sembra relativamente intuitivo. Le teorie della comunicazione sanitaria sembrano meno controverse delle teorie della comunicazione. Sono molto più descrittive e si limitano spesso ad una analisi degli attori, dell’audience, degli obiettivi e, in rari casi, a criteri successo. Tuttavia la maggior parte degli autori (Kreps, Thornton, Hurrelmann, Thompson, Parrot, Nussbaum e soprattutto a Renata Schiavo) analizzano la comunicazione sanitaria prevalentemente dalla prospettiva degli emittenti del messaggio, (medici, ospedali, case farmaceutiche, ecc…), senza soffermarsi sulle condizioni alla base della comprensione dei messaggi. E senza comprensione dei messaggi non può esserci comunicazione sostenibile. Questo spiega, peraltro, il proliferare di dinamiche distorsive (dai no-vax ai negazionisti).

La sostenibilità

Anche il concetto di sostenibilità pone una serie di problemi da affrontare.

  • L’etimologia dei concetti (sostenibilità, Nachhaltigkeit, durabilité e sustainability) è spesso divergente, il che produce priorità semantiche eterogene, anche se si nota ultimamente un progressivo adattamento al significato in lingua inglese.
  • In italiano il concetto designa “la caratteristica di un processo o di uno stato”, in tedesco si riferisce di “principio di azione per l’utilizzo delle risorse”, in francese significa semplicemente di “una qualità di un bene che dura” e in inglese è “l’abilità di esistere costantemente”. Così sostenibilità si riferisce a tutto e a niente.
  • Molti dizionari definiscono “sostenibilità” come caratteristica sia degli stati di sistema che degli stati di ambiente, il che (almeno nella teoria dei sistemi) è epistemologicamente estremamente dubbio.

Il problema è tutt’altro che banale. Perché seppure ci si riferisse alla definizione di sostenibilità delle Nazioni Unite, che guarda alla sostenibilità come la possibilità di realizzare i propri bisogni senza compromettere la possibilità per le future generazioni di fare altrettanto (definizione, questa, che consoliderebbe una natura di sistema per la sostenibilità in una condizione di equilibrio dinamico), ci si troverebbe – rispetto alla dimensione di comunicazione – di fronte ad una serie di rischi:

  • Moralizzazione (nel nostro caso: condanna di chi viene giudicato insostenibile)
  • Sacralizzazione (nel nostro caso: risacralizzazione della natura e del corpo umano)
  • Ritualizzazione (nel nostro caso: rituali di autoguarigione)
  • De-differenziazione (nel nostro caso: qualsiasi cosa, qualsiasi operazione è o sostenibile o insostenibile)
  • Allarmismo e “scandalizzazione” (basta guardare i media).

Però la battaglia per lo sviluppo di una comunicazione sanitaria sostenibile non è ancora persa. Per combatterla le raccomandazioni sono tre: differenziazione, contestualizzazione e attenzione alle domande e ai problemi. Perché la storia della semantica dei concetti ci insegna che spesso un problema non è altro che la soluzione per un altro problema.

La comunicazione sanitaria può essere sostenibile?

Appare evidente come il quadro teorico rispetto allo sviluppo di una comunicazione sanitaria sostenibile sia decisamente poco confortante.

  • Il concetto di comunicazione è poco chiaro e spesso incoerente.
  • Le teorie della comunicazione sanitaria sono di scarso livello teorico, spesso “biased” e tralasciano quasi sistematicamente l’aspetto della comprensione delle audience.
  • Il concetto di sostenibilità sembra sistematicamente ambiguo.

Tuttavia, se cerchiamo di capire il più possibile quello che non sappiamo, se focalizziamo di più l’aspetto della comprensione e della non-comprensione delle audience analizzando di più gli insuccessi della comunicazione sanitaria, forse si profila all’orizzonte una teoria della comunicazione sanitaria sostenibile.

Per farlo non si può non prendere in considerazione un ulteriore elemento nel quadro già analizzato: il ruolo della rete. Rete che si è resa protagonista dello sviluppo dell’ondata infodemica amplificando messaggi senza controllo, alimentando – secondo le dinamiche sopra descritte – costrutti privi di fondamento e generando un sovraccarico informativo di difficilissima gestione. Dati su dati – per di più talvolta di dubbia affidabilità – si sono affastellati rendendo impossibile lo sviluppo di informazioni strutturate e di modelli di conoscenza consistenti, lasciando spazio ad interpretazioni libere e spesso incontrollate. Interpretazioni che si sono diffuse memeticamente ed amplificate nelle filter bubble della retre, alimentando fenomeni di misinformation e vere e proprie fake news.

La sfida per la sostenibilità della comunicazione sanitaria, quindi, non può non prendere in considerazione elementi come la comprensione del contesto di rete nella quale essa si sviluppa nelle sue caratteristiche specifiche declinate rispetto ai temi legati alla salute, così come la necessità di comprendere l’audience alla quale si rivolge con le sue caratteristiche peculiari. Oltre che la dimensione di complessità legata alla molteplicità delle fonti, all’iperprolificazione di dati di difficile verificabilità, alla confusione che si ingenera nei destinatari derivante dallo sviluppo delle dimensioni degli hub che si rendono protagonisti della comunicazione in maniera spesso del tutto priva di controllo o di consapevolezza delle conseguenze delle proprie azioni (si pensi al ruolo dei virologi su twitter), così come alla polarizzazione strumentale e spesso pilotata da parti in causa.

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