5 motivi per smettere di parlare di immunità di gregge

I motivi per cui l'immunità di gregge è un termine che trasmette un’aspettativa inverosimile sulla fine della pandemia, in questo articolo di Simone Aliprandi

Da un po’ di mesi a questa parte si usa molto il termine “immunità di gregge”, ma temo che lo si stia facendo a sproposito e soprattutto lasciando passare con quel termine un messaggio non verosimile: si cerca cioè di diffondere la convinzione che il raggiungimento di questa famigerata immunità di gregge sia la fine definitiva dell’incubo e finalmente il ritorno alla vita di prima. Purtroppo invece non sarà così; e molti scienziati ce lo stanno dicendo da tempo. A costo di sembrare un pedante, rimango dell’idea che le parole siano importanti; sempre. Ma lo sono ancora di più in momenti delicati in cui le persone sono già estremamente stressate dalla cosiddetta infodemia su questa piaga che affligge il mondo da un anno.

Ho scritto questo articolo alcune settimane fa, ma ero molto dubbioso se pubblicarlo o meno; prima di questo, avevo dedicato allo stesso tema altri post sul mio blog e sui miei canali social ricevendo critiche e “unfollow”. Quello dei vaccini è a quanto pare uno dei temi più “polarizzanti” dei nostri tempi, cioè un tema che tende a estremizzare le posizioni in un senso e nell’altro, facendo però perdere di vista quanto le questioni sottostanti siano articolate, con sfumature complesse, e non siano bianche/nere. Poi però ho letto l’illuminante articolo “Solo superando le trappole otterremo l’immunità” di Paolo Giordano su Corriere.it e ho capito che non sono l’unico a trovare non del tutto precisa e intellettualmente onesta la comunicazione che si sta facendo sulla campagna vaccinale e in particolare nell’uso, o forse dell’abuso, del concetto di “immunità di gregge”. Scrive infatti Giordano:

«La campagna vaccinale è stata presentata da diversi esperti come una specie di interruttore, che raggiunta una certa soglia spegnerà il contagio, eliminando il problema del tutto. È un eccesso di semplificazione ed è probabile che non avverrà nulla del genere. Le soglie dell’immunità di gregge sono variabili e dipendono da molti fattori […]. Allo stato attuale l’immunità di gregge, tirata in ballo di continuo dall’inizio della pandemia, potrebbe essere una chimera.»

Quindi arriviamo al punto e cerchiamo di capire perché nel caso della pandemia COVID il termine “immunità di gregge” sia non particolarmente calzante e possa risultare foriero di aspettative infondate.

Innanzitutto, dedichiamo la giusta attenzione alla definizione di “immunità di gregge”, così poi sarà più facile comprendere perché si tratta di un termine utilizzato troppe volte a sproposito da quando è iniziata questa pandemia.

Riporto la definizione che si trova sul sito FondazioneVeronesi.it:

«[per immunità di gregge] si intende quel fenomeno per cui, una volta raggiunto un livello di copertura vaccinale (per una determinata infezione) considerato sufficiente all’interno della popolazione, si possono considerare al sicuro anche le persone non vaccinate. Il motivo è chiaro. Essere circondati da individui vaccinati e dunque non in grado di trasmettere la malattia è determinante per arrestare la diffusione di una malattia infettiva.»

Questa soglia minima di copertura vaccinale per il COVID è calibrata al 70% della popolazione nazionale secondo alcuni, all’80% secondo altri. Tuttavia, parlare di “immunità di gregge” è assolutamente improprio e trasmette l’aspettativa che, raggiunta una certa percentuale di vaccinati, allora il virus smetterà di circolare, con un beneficio anche per i non vaccinati e con un ritorno alla vita pre-pandemia. Questa aspettativa però è poco realistica, perché questo non succederà; o quanto meno non succederà in pochi mesi come stanno cercando di farci credere.

In sostanza quello di “immunità di gregge” è un concetto non applicabile al caso della pandemia COVID-19, a mio avviso, per quattro motivi fondamentali.

1) Gli esseri umani non sono pecore. Sembra una banalità ma il motivo principale è proprio questo. Non si può parlare di immunità di gregge perché gli esseri umani non vivono in gregge e non sono tenuti costantemente sotto controllo da un cane pastore. “Gregge” indica una popolazione definita, su cui si possono fare calcoli statistici. Gli esseri umani non vivono in “greggi”; si spostano, prendono gli aerei, i treni, le navi, interagiscono con gli individui di altri “greggi”. Quindi tutte le previsioni fornite sull’immunità di gregge hanno senso solo fin quando le frontiere sono chiuse (completamente chiuse); nel momento in cui torneremo a viaggiare oltre i confini delle nazioni i conti salteranno. E sappiamo tutti che non potremo tenere i confini chiusi in eterno; tra l’altro, a ben vedere, nemmeno ora i confini delle nazioni sono completamente chiusi.

2) I vaccini non fermano del tutto la circolazione del virus. I vaccini attualmente in uso forniscono copertura sulla malattia grave quasi al 100%, ma non impediscono la trasmissione del virus completamente. Le stime attuali parlano di una copertura sulla trasmissione di circa il 90% per i vaccini a mRNA e di percentuali più basse per i vaccini più “classici”; ne consegue che, anche con una popolazione completamente vaccinata, il virus continuerà a circolare in una fetta minoritaria ma non indifferente della popolazione. Poi sicuramente saranno pochi quelli che si ammaleranno e dunque la situazione rimarrà sotto controllo (e – sia chiaro – è già un ottimo traguardo!); ma sperare che il virus nel giro di qualche mese smetta di circolare in virtù del meccanismo protettivo chiamato “immunità di gregge” è semplice utopia. Ci vorrà molto molto più tempo. E qui entra in gioco il problema di cui al prossimo punto 3.

3) L’immunità fornita dai vaccini non è eterna. Attualmente la sua durata viene data tra gli 8 e i 10 mesi (nota: questa stima deve essere confermata e aggiornata sulla base dei vari studi che si deriveranno dai dati relativi alla vaccina di massa attualmente in corso). Quindi se la campagna vaccinale dovesse avere dei tempi più lunghi del previsto, arriveremo a un punto (attorno a ottobre/novembre) in cui i vaccinati di gennaio/febbraio dovranno fare un richiamo ma nello stesso tempo ci saranno ancora persone che non hanno ricevuto nemmeno la prima vaccinazione. Innescando un fastidioso circolo vizioso che obbligherà a rivedere le proiezioni e ad allontanare sempre più la famigerata immunità di gregge.

4) Il virus muta e le varianti sono imprevedibili. Purtroppo lo stiamo già vedendo; più il virus circola e più aumenta la probabilità che nascano varianti più insidiose. La cosiddetta terza ondata della pandemia è dovuta in Europa alla cosiddetta variante inglese, e in questi giorni ne stiamo percependo la portata. Il suo arrivo ci ha costretti a rivedere le stime ottimistiche fatte nei mesi scorsi e ci ha costretti nuovamente a duri provvedimenti. I vaccini attualmente in uso pare siano efficaci anche contro le principali varianti; ma siamo sicuri sarà sempre così? Che cosa succederà se nascerà una variante che sfugge alla copertura dei vaccini? Ovviamente in quel caso saremo costretti ad aggiornare i vaccini, e fare un giro di richiami a tutti, con l’effetto che tutte le proiezioni sul raggiungimento della fantomatica “immunità di gregge” salteranno. 

5) Una discreta fetta della popolazione non sarà mai vaccinata; alcuni perché non possono, altri perché non vogliono. Quelli che non possono farlo sono comunque molti: ci sono coloro che hanno patologie o caratteristiche particolari che li rendono incompatibili con la vaccinazione; e più semplicemente ci sono gli under 16, che in Italia rappresentano circa il 15% della popolazione (9 milioni di cittadini). Per gli under 16 al momento non esiste un vaccino, ma nello stesso tempo loro sono quelli che hanno maggiore socialità e mobilità e quindi rischiano di continuare a diffondere il virus. Voi direte: ma prima o poi i vaccini saranno sperimentati e approvati anche per i giovanissimi. Certo, indubbiamente. Ma quando questo avverrà probabilmente sarà più urgente somministrare un secondo, o terzo giro di vaccinazioni agli anziani e ai soggetti deboli, ricadendo così nel circolo vizioso già illustrato al punto 3 e allungando ulteriormente la rincorsa alla famigerata “immunità di gregge”. Poi ci sono quelli che non vogliono; e al di là di valutazioni sulla sensatezza e opportunità di questa posizione (nota: io mi sono vaccinato appena mi è stato possibile e non ci ho pensato nemmeno un minuto), dobbiamo prendere atto dell’esistenza di persone contrarie al vaccino che non potranno e non dovranno essere in alcun modo costrette a farlo.

Ma allora perché questo termine è tanto utilizzato? In realtà, se ci fate caso, gli scienziati, o quanto meno quelli onesti e rigorosi, non lo usano più da un pezzo (ricordo a tal proposito un commento fatto dal prof. Rezza durante la conferenza stampa di AIFA del 19 marzo 2021). Viene in compenso utilizzato ancora da buona parte dei giornalisti e anche da parte di alcune istituzioni pubbliche (ad esempio compare ancora nell’ultima versione del piano vaccini presentata dal nuovo commissario Figliuolo).

La mia impressione è che questo termine sia stato utilizzato all’inizio in modo forse un po’ inconsapevole, quando non si poteva ancora sapere bene come sarebbe andata la campagna vaccinale e quali sarebbero state le evoluzioni della pandemia. Ora però, sulla base delle argomentazioni che esposto qui sopra, credo sia davvero improprio continuare a utilizzare questo termine, sia a livello di informazione giornalistica, sia soprattutto a livello di informazione istituzionale (come invece vedo fare). Forse molti continuano a utilizzare questo termine perché così si incentiva la partecipazione delle persone alla campagna vaccinale (sembra assurdo, ma probabilmente c’è bisogno di questo tipo di incoraggiamento); forse perché in questo modo si trasmette un po’ di speranza, si mostra una luce in fondo al tunnel, si contiene il senso di impotenza e disperazione.

Ebbene, questa luce a mio avviso ci sarà, ma sarà una luce diversa da quella che alcuni raccontano. Il vero obiettivo della campagna vaccinale non è l’immunità di gregge ma più propriamente l’immunità diffusa. Questo è a mio avviso il termine più corretto e “intellettualmente onesto”. Con una buona percentuale della popolazione vaccinata (e ovviamente con cure sempre più performanti), elimineremo i rischi della malattia e soprattutto la pressione sui sistemi sanitari… che poi è il vero problema di questa maledetta pandemia, ed è sempre stato il vero problema. L’infame coronavirus però continuerà a circolare per anni; facciamocene una ragione. Semplicemente impareremo a gestirlo, a tenerlo sotto controllo, a curarne gli effetti.

(Foto di apertura di Arne Müseler distribuita con licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Germany– Attribution: Arne Müseler / www.arne-mueseler.com)

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