Il vigneto digitale

L'applicazione delle tecnologie digitali in agricoltura, in particolare nella coltivazione della vite, sta offrendo interessanti risultati: basti pensare alla collaborazione tra l'Università Cattolica di Piacenza e l'Istituto Italiano per le tecnologie, che ha portato alla messa a punto di un prototipo di robot che promette meraviglie per la potatura della vite

Si chiamano DSS, acronimo di Digital Service System, “sistemi di supporto alle decisioni”, per dirla in italiano. La loro funzione è quella di guidare una scelta e per raggiungere questo obiettivo si affidano ai dati che le tecnologie digitali sono in grado di mettere a disposizione.

Nel loro campo di applicazione rientra anche l’agricoltura, dove forte è la spinta all’innovazione. Uno sviluppo riscontrato dalle recenti analisi dell’Osservatorio Smart Agrifood, che evidenzia al contempo gli attuali punti di debolezza, quando conferma che solo il 4% delle superfici agricole è coltivata con strumenti di agricoltura 4.0.

Molti allora i margini di miglioramento, peraltro già in atto, in particolare nella coltivazione della vite, dove l’investimento in queste tecnologie sta già offrendo risultati interessanti.

È infatti frequente vedere fra i filari sensori wireless IoT (Internet of things – internet delle cose) che inviano a centraline (fisiche o collegate in Cloud) i dati microclimatici rilevati a livello del terreno e della singola pianta. L’elaborazione di questi dati, consultati indifferentemente da un PC, da un tablet o da uno smartphone, dirà se necessario o meno intervenire per fermare un qualunque patogeno, funghi, insetti o virus che siano.

Si possono così mirare gli interventi solo dove e quando sono necessari e in funzione delle fasi fenologiche della coltivazione. In modo analogo gli stessi sensori possono anticipare per singola parcella di coltivazione il rischio di eventi climatici avversi, come il gelo durante le fasi più delicate negli stadi primaverili. O suggerire irrigazioni di soccorso localizzate nei periodi siccitosi, risparmiando acqua laddove non serva. Allerte che grazie a interfacce meteo possono anche anticipare l’arrivo di eventi problematici, dando il tempo di adottare le misure del caso.

I vantaggi non si fermano ai risultati colturali. Mirare gli interventi fitosanitari e ridurli al minimo è un beneficio per la redditività aziendale ma anche per l’ambiente. Stessa cosa avviene per le risorse idriche.

La mole di dati che si rende disponibile, la possibilità di georeferenziare gli stessi, si trasforma poi in una preziosa fonte di informazioni. Può rivelarsi strategica per i servizi di assistenza tecnica e fitosanitaria, come pure nella tracciabilità delle produzioni o nella programmazione nelle aree di produzione dei vini a denominazione di origine.

Nonostante questa forte evoluzione delle tecnologie digitali, la coltivazione della vite resta un’attività a forte assorbimento di manodopera. Lo spazio fra filari va governato, i tralci delle viti vanno legate ai loro sostegni, seguendo le regole del modello di “allevamento” prescelto e ce ne sono tanti: ad alberello, a Guyot, a cordone speronato e tanti altri.

E per ogni forma di allevamento c’è un “rito” che si ripete ogni anno, la potatura, quella invernale entro marzo e quella “verde”, in estate. Un’operazione difficile, che richiede esperienza e conoscenza. Un lavoro di responsabilità dal quale dipende il risultato della vendemmia e la longevità della vite. In ultima analisi la qualità del vino.

Molti i tentativi, anche fruttuosi, di affidare questo compito alle macchine. Ma è il vigneto, e la sua forma, che si deve adattare alle esigenze della macchina. Un compromesso non sempre a vantaggio di quantità e qualità. Grazie alle tecnologie digitali e all’applicazione dell’intelligenza artificiale si aprono ora nuovi scenari anche per la potatura della vite.

Avviene grazie alla collaborazione fra l’Università Cattolica di Piacenza e l‘Istituto italiano per le tecnologie (IIT). Mettendo insieme le competenze in campo agronomico e quelle ingegneristiche, hanno dato vita a un laboratorio robotico dove è stato messo a punto un prototipo di robot potatore che promette meraviglie.

L’obiettivo della ricerca, ricorda Matteo Gatti, docente di viticoltura alla “Cattolica” nel presentare insieme ai colleghi il progetto Vinum, è quello di realizzare tagli selettivi, come avviene con l’operazione manuale. Per farlo occorre in una prima fase procedere all’identificazione delle parti della pianta da parte del robot. Poi “allenare” lo stesso robot a riconoscerle per procedere infine con i tagli sulla pianta.

Per individuare i punti di taglio, precisa Carlo Rizzardo di IIT, il sistema di visione del robot estrae dalle immagini catturate uno schema delle parti presenti sulla pianta, distinguendo fra cordone, branchetta, sperone, tralcio e nodi. Quindi si passa alla fase di “allenamento” dove gli esempi di potatura desiderati vengono dati in “pasto” alla rete neurale per essere processati, utilizzando complessi algoritmi.

Dopo che il sistema è stato “allenato”, conclude Rizzardo, il robot cattura l’immagine della vite, la confronta con la segmentazione schematica per poi interagire con la pianta procedendo alla potatura. Per compiere questa operazione mette in azione un braccio robotico a più assi di movimento che termina con una forbice meccanica.

Il prototipo, già visto in azione in laboratorio a una recente presentazione, dovrà essere poi dotato di “gambe” per muoversi agevolmente nelle diverse realtà viticole. L’ipotesi alla quale si lavora è l’abbinamento del robot a un “quadrupede” HyQReal, anche questa una macchina robotica, capace di muoversi in autonomia in molteplici condizioni di terreno.

Per vedere il tutto all’opera occorre avere ancora un po’ di pazienza. Matteo Gatti anticipa che la sperimentazione in campo sarà pronta per la fine del prossimo anno o al massimo per gli inizi del 2023. Per quella data si potrà vedere all’opera il robot potatore in abbinamento al quadrupede robotizzato.

Vista la celerità con la quale queste tecnologie stanno evolvendo, è probabile che le viti messe oggi a dimora, dopo i quattro anni necessari per entrare in produzione, saranno potate da un robot potatore. Preciso e infaticabile.

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