Il ruolo delle tecnologie digitali per lo sviluppo sostenibile delle filiere della carne

Intervista a Giuseppe Pulina, Professore Ordinario di Etica e Sostenibilità degli Allevamenti presso il Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari e Presidente dell’Associazione Carni Sostenibili

Giuseppe Pulina, Professore Ordinario di Etica e Sostenibilità degli Allevamenti presso il Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari, è il Presidente dell’Associazione Carni Sostenibili. Quest’ultima ha recentemente commissionato una ricerca alla Fondazione per la Sostenibilità Digitale per identificare il ruolo delle tecnologie digitali nella definizione di strategie di sviluppo sostenibile per le filiere della carne, i cui risultati verranno diffusi prossimamente. Vediamo insieme al Professore, ritenuto uno dei “top animal scientists” globali nonché inserito nel 2% di scienziati più autorevoli al mondo, come e perché il digitale può contribuire alla sostenibilità del settore zootecnico.

Professore, è arrivato il momento per le filiere zootecniche di intraprendere una transizione digitale?

La transizione digitale, che segue la rivoluzione digitale che ha contrassegnato il passaggio del millennio, coinvolge tutti gli aspetti del mondo come lo abbiamo conosciuto finora, collocando la nostra storia in una dimensione diversa. Non solo dovremo riprogettare le nostre vite, ma con esse anche il modo di rapportarci con i bisogni primari, fra i quali il cibo e la salute sono prioritari. Per questo motivo la trasformazione digitale delle filiere alimentari, alle quali appartiene quella della carne, è urgente e non differibile, anche alla luce degli obiettivi di sostenibilità ambientale e sociale rafforzati dalle crisi in atto.

In attesa dei risultati di questa ricerca, dal suo punto di vista qual è, ad oggi, il livello di penetrazione del digitale in zootecnia?

La digitalizzazione delle aziende zootecniche, intesa come introduzione di device collegati alla PLF, sta conoscendo un aumento esponenziale. Tuttavia, il settore resta fra gli ultimi posti come DESI insieme a quello delle costruzioni. La riorganizzazione delle filiere zootecniche, necessaria per rispondere alle sfide in atto, deve passare per una riprogettazione di sistema che metta al centro il digitale anche per contrastare i fenomeni di spopolamento e di rarefazione della manodopera da impiegare negli allevamenti che affliggono i territori in cui sono praticate le produzioni animali non solo in Italia.

Come in ogni altro contesto, ci sono molte differenze a livello generazionale nella percezione e nell’utilizzo delle tecnologie digitali da parte degli allevatori. Ma non si rischia che, anche per i più giovani, digitale significhi solo avere un tablet o uno smartphone in stalla?

Le nuove generazioni stanno affrontando una sfida epocale: produrre di più e meglio utilizzando meno fattori, cioè impattando meno sull’ambiente. Molti figli di allevatori che stanno rilevando le aziende sono in possesso di titoli di studio superiore (diploma e laurea), anche se non specifici, e sono nativi digitali. Per loro lo smartphone non è semplicemente un supporto, ma la porta per restare collegati con l’universo digitale. Portare in azienda abitudini di vita correnti che vedono nella connessione continua la normalità, non è così difficile per i nuovi allevatori come lo è per i genitori analogici.

Quali misure pensa si possano prendere per una più efficace implementazione delle tecnologie digitali in zootecnia, e per istruire meglio gli operatori del settore?

Credo che ecosistemi dell’innovazione che possano generare nuove opzioni digitali immediatamente trasferibili alla realtà operativa, affiancati da progetti di R&S mirati e non competitivi finanziati dal PSR 2023-27, potranno accompagnare e velocizzare la rivoluzione che comunque è in atto.

Tornando alla ricerca commissionata alla FSD, una volta stabilito se o quanto le tecnologie digitali sono presenti negli allevamenti italiani, pensate di accompagnare gli stessi verso un maggiore utilizzo/diffusione delle stesse, sempre in chiave sostenibile?

La ricerca stabilisce le coordinate del punto a cui siamo arrivati nella storia della zootecnia italiana e ne valuta le prospettive attraverso la lente della digitalizzazione. Affinché questa sia anche sostenibile, occorre proiettare il disegno strategico nell’arco di questo decennio, verificando ad esempio come possano essere raggiunti gli obiettivi della raccomandazione F2F anche attraverso la transizione digitale. Ma se si sa dove andare è molto più semplice costruire la strada per arrivarci. Lo studio la declinerà in una sorta di manifesto che rappresenti la road map per tutte le filiere delle carni italiane che hanno l’ambizione di migliorare continuamente la loro sostenibilità.

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