Energia che non si distrugge ma si trasforma. Economia circolare e SDG 7

Applicare prassi di economia circolare all'energia, aumentare l'efficienza energetica, innovare i sistemi tecnologici di distribuzione e stoccaggio, favorire investimenti sulle rinnovabili e rendere circolari le infrastrutture ad esse legate: la strada giusta per favorire la transizione energetica, e avvicinarci al raggiungimento dell'obiettivo 7 di Agenda 2030

Immagine distribuita da Max Pixel con licenza CC0 (https://www.maxpixel.net/Green-Renewable-Energy-Light-Bulb-Plant-Overgrown-3803559)

Come raggiungere l’obiettivo di sostenibilità numero 7, garantire energia pulita e accessibile, se la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili in Italia è del 20%, contro il 40% richiesto dal New Deal europeo entro 2030?

Il tempo scorre e il tasso di crescita è troppo basso, secondo il rapporto AsviS dello scorso ottobre.

A proposito dell’SDG 7 l’Onu lancia l’allarme su alcuni dati preoccupanti: nel mondo una persona su cinque non ha accesso a moderni mezzi elettrici; 3 miliardi di persone dipendono da legno, carbone, carbonella o concime animale per cucinare e per scaldarsi. Come se non bastasse è proprio l’energia la principale responsabile del cambiamento climatico, rappresentando circa il 60% delle emissioni di gas serra globali.

In che modo possiamo favorire la transizione energetica? Integrando buone prassi di economia circolare, su un elemento – l’energia – già per natura capace di trasformarsi; favorendo gli investimenti sulle energie rinnovabili, circolari per definizione; cercando di migliorare e possibilmente raddoppiare l’efficienza energetica (cresciuta di 1,8 punti percentuali in 9 anni nel nostro paese); innovando i sistemi tecnologici di distribuzione e stoccaggio di energia, rendendo circolari le infrastrutture legate alle fonti rinnovabili.

Il ciclo di vita dell’energia

Il primo passo per salvaguardare l’energia è quello di allungare il ciclo di vita dei prodotti, pertanto la durata dell’energia che è servita a produrli.

L’efficienza energetica e la decarbonizzazione sono, secondo gli studi degli ultimi due anni di Ellen MacArthur Foundation, i due elementi che ci permetteranno di ridurre le emissioni del 55% insieme alla circolarità delle risorse. Il raggiungimento dell’obiettivo climatico di 1,5°C richiederebbe un tasso di decarbonizzazione dell’11,3% che è sette volte il tasso attuale. Gli investimenti cumulativi nel sistema energetico dovrebbero aumentare di circa il 30%, la quota di elettricità sull’energia totale dovrebbe raddoppiare e gli investimenti nei combustibili fossili dovrebbero ridursi in modo significativo.

Rinnovabili e circolari

E ancora: per raggiungere la neutralità climatica l’impiego delle energie rinnovabili dovrebbe accelerare di sei volte il ritmo attuale – considerando anche i tempi che saranno necessari per la transizione -, e questa accelerazione ci porterà ad avere maggiore quantità di energia pulita e minore dipendenza dai combustibili fossili. Ma sarà necessario ripensare completamente la produzione di energia per evitare di ripetere gli stessi errori e gli stessi sprechi del fossile. Per questo, la transizione energetica non deve riguardare solo la produzione ma anche il ciclo take-make-dispose e ripensare da subito il recupero e il riciclo delle infrastrutture utilizzate per produrre energia dalle fonti rinnovabili, ad esempio l’eolico o il fotovoltaico.

Per farlo anche l’energia pulita deve prepararsi ad affrontare alcuni temi: logistica complessa (volumi elevati e materiale che spesso deve essere recuperato da località remote), design che non tiene conto del fine vita o della riciclabilità, presenza di sostanze pericolose nei materiali.

Anche le rinnovabili devono rendere circolare il loro ciclo produttivo attraverso una progettazione ecocompatibile, il riciclo dei materiali e i regimi di responsabilità del produttore, tutto questo per affrontare i rifiuti e i materiali di scarto che nel 2030, si calcola, cresceranno del 3000% per il fotovoltaico, del 200% per l’eolico e del 600% per trasporto e stoccaggio dell’energia. Si tratta di uno scenario ancora lontano dal momento che le infrastrutture dell’energia pulita sono relativamente nuove e non hanno esaurito il loro ciclo di vita, tuttavia è la partenza il momento giusto per mettere in atto una progettazione circolare.
Accanto alle pale eoliche e ai pannelli fotovoltaici bisognerebbe immaginare sia sistemi di riciclo dei materiali “facili” come vetro, rame e alluminio, sia impianti di delaminazione, separazione e purificazione del silicio dal vetro, ma anche l’isolamento di sostanze pericolose come cadmio, arsenico, piombo, antimonio. Con le corrette policy e le giuste infrastrutture –  collocate vicino agli impianti di produzione per evitare il lungo trasporto di materiale pesante – secondo l’EEA (Agenzia Europea dell’Ambiente), si avrebbe la possibilità di riciclare il 95% dei materiali del fotovoltaico, il 90% di quelli usati per l’energia solare e il 100% delle batterie.

Per quel che riguarda le preziosissime batterie, infatti, una maggiore circolarità richiede una progettazione modulare/standardizzata e informazioni migliori sul contenuto dei materiali ad alto impatto per raggiungere un’azione di riciclo su larga scala che sappia affrontare in futuro gli elevati volumi di batterie di accumulo alla fine del loro ciclo di vita.

Ottimizzazione digitale

Non si può parlare di economia circolare senza parlare di riduzione dello spreco, che non è solo riuso e riciclo ma anche ottimizzazione, spingere al massimo della loro produttività le risorse, in questo caso energetiche. Un compito difficile assegnato in questi anni alle smart grid, reti digitali che contribuiscono a una distribuzione intelligente dell’energia collegandosi sia alle grandi centrali elettriche che ai singoli che la autoproducono attraverso impianti di generazione fotovoltaica e di altro tipo nei luoghi di loro proprietà. La smart grid, dialogando non solo in direzione del consumatore ma anche dal consumatore al produttore in modo ramificato può, attraverso il costante monitoraggio dei flussi di energia, rendere i consumi più efficienti e meno costosi, ma soprattutto ridurre lo spreco. Tutto questo grazie alla condivisione di dati in tempo reale (smart meter).

Recupero termico

Riciclare l’energia stessa è possibile, tramite il recupero del suo elemento più importante, il calore residuo. Il calore costituisce circa i due terzi del consumo energetico totale dei processi industriali e circa un terzo del fabbisogno energetico industriale viene dissipato nell’ambiente. Si tratta di cifre significative: il calore può rivelarsi infatti una risorsa preziosa sia per altri processi presenti nello stesso settore che per altri settori o utenti, per essere impiegato in modo diretto o in seguito a fasi intermedie di trasformazione.

Come spesso accade con le tecnologie sostenibili, però, gli impianti di recupero del calore a medie e alte temperature costituiscono un investimento economico eccessivo e pertanto poco sostenibile dalla produzione industriale. Tra le best practice utili per venire incontro a questa sfida circolare, Il progetto Indus3Es, finanziato dall’UE, che ha realizzato un sistema a basso costo in cui i trasformatori ottimizzano il recupero di calore a temperature inferiori ai 150 °C. Si tratta di una delle prime implementazioni del trasformatore di calore ad assorbimento avvenuta in Europa negli ultimi anni. Impiegando un flusso di calore residuo di circa 100 °C, il trasformatore produce un flusso a temperatura più elevata, rendendola riutilizzabile nelle operazioni di raffinazione. Nel complesso, viene sfruttato circa il 50% del calore a basse temperature che verrebbe altrimenti scaricato nell’atmosfera, sostengono i ricercatori del progetto.

Innovazioni e best practice

A unire sostenibilità energetica ed economia circolare ci pensa l’innovazione. I trasformatori di energia The Waste Transformers sono una soluzione locale di produzione di energia da rifiuti organici che fornisce energia ad alcuni quartieri di Amsterdam adiacenti l’hotspot lì costruito. Con un lavoro di advocacy nei paesi in via di sviluppo sono stati costruiti, grazie al progetto, 40 trasformatori in Sierra Leone.

Sempre più importante e diffuso è l’ecodesign, una progettazione in chiave compatibile utile a migliorare ulteriormente la riparabilità e riciclabilità degli elettrodomestici. Molte delle nuove misure promosse dall’UE includono requisiti, come garantire la disponibilità dei pezzi di ricambio, rendendo le parti chiave più facilmente sostituibili, l’accesso alla riparazione e informazioni sulla manutenzione per riparatori professionisti. Infine, il riciclo delle batterie al litio: materia complessa, sia come si è già detto per via di differenti caratteristiche da produttore a produttore, sia per vincoli tecnici e lacune normative, e sia perché il decommissioning, se non effettuato correttamente, ha esso stesso un altissimo impatto ambientale. Cerca di porvi rimedio la European Battery Alliance (EBA) che si occupa di garantire che le batterie prodotte e utilizzate in Europa siano sicure, efficienti e che si seguano i più alti standard ambientali e sociali nelle fasi di produzione, uso e fine vita, incentivando in particolare il delicato disassemblaggio e la separazione dei componenti.

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