Il 2020, con il coronavirus che ha sconvolto le nostre esistenze, ci ha spinto a riflettere seriamente sul rapporto che la nostra società ha con l’ambiente e l’ecosistema; ma ci ha anche fatto riflettere su quanto i nostri comportamenti individuali e collettivi possano influire sulla tenuta sociale, economica ed ambientale del pianeta.
La crisi ha avuto un impatto sistemico, colpendo tutti i settori, ma è innegabile che su alcuni di essi le ripercussioni siano state maggiori. I settori del turismo e della ristorazione sono stati tra quelli che hanno subito i danni maggiori. La Federazione Italiana Pubblici Esercizi, per dare una idea delle dimensioni del problema, stima per il settore ristorazione una perdita di otto miliardi di euro, con le prevedibili conseguenze sul piano occupazionale.
Tuttavia, è proprio nei momenti di crisi che l’impiego di nuovi strumenti e servizi digitali come – nel caso della ristorazione, appunto – l’e-commerce o il food delivery, potrebbero rappresentare dei veri e propri strumenti di sopravvivenza, impattando sui modelli di business e consentendo così di arginare (almeno in parte) l’impatto negativo della crisi.
Il condizionale è d’obbligo, a guardare i dati della FIPE che, in un suo studio pubblicato nei mesi scorsi, evidenzia come “solo il 5,4% [dei ristoratori] fosse già in grado, al momento dell’entrata in vigore del decreto dell’11 Maggio scorso, di fornire un servizio di food delivery. Il 10,4% si è subito attivato per svilupparlo mentre il restante 85% ha affermato di non avere intenzione di muoversi in questa direzione”. Dallo studio FIPE emerge quindi come solo un numero sostanzialmente residuale di ristoranti, al momento in cui si è posto il problema, fossero pronti. “Il tema – afferma Stefano Epifani, Presidente del Digital Transformation Institute – come sempre, è culturale. Decenni di mancanza di azioni orientate a trasmettere nelle persone, e quindi anche negli imprenditori, la consapevolezza del fatto che la tecnologia può essere un’alleata indispensabile in situazioni come queste non si superano in poche settimane ed in emergenza. Ma bastano poche settimane in emergenza per capire quanto sia grave il gap che rende tutto più difficile nel momento in cui la rete potrebbe davvero essere un’ancora di salvezza. È in queste situazioni che chi è già pronto ad abbracciare il cambiamento riesce a reggere meglio, e chi invece non è aperto all’innovazione subisce il contraccolpo maggiore”.
Viene però da chiedersi se questa trasformazione o revisione dei propri modelli di business, in particolare nel settore della ristorazione, non possa porre le basi per una trasformazione più ampia e virtuosa, facendo anche di un settore tradizionale come questo un trampolino di lancio per molte buone pratiche sociali ed ambientali.
A ben vedere i numeri non mancherebbero: in Italia, infatti, la ristorazione conta più di 300mila imprese con circa 1milione e 200mila addetti, per un fatturato complessivo che superava nel 2018 gli 85miliardi di euro (sempre secondo i dati FIPE). Si potrebbe dunque ipotizzare che, con una diffusa adozione di buone pratiche rispetto alle questioni di sostenibilità sociale ed ambientale da parte del mondo della ristorazione, anche questo settore potrebbe non solo trarre dalle prariche di sostenibilità digitale un vantaggio concreto, ma addirittura contribuire ad innalzare gli standard sociali ed ambientali italiani.
Quali soluzioni dovrebbe adottare un ristorante per essere sostenibile?
C’è già da tempo un dibattito sugli aspetti che legano sostenibilità e mondo della ristorazione; sono addirittura nate vere e proprie associazioni internazionali che si impegnano a studiare e promuovere soluzioni d’impresa per includervi aspetti che riguardano la difesa dell’ambiente, il riciclo ed il riuso (non soltanto delle materie prime), il risparmio energetico e molto altro ancora.
Sicuramente, tra gli aspetti che in molti evidenziano per parlare di ristorazione sostenibile, ve ne sono alcuni prioritari. Per esempio l’attenzione per gli alimenti e le bevande, che siano biologici, locali, KmZero, ma anche solidali rispetto alla filiera di produzione; l’attenzione alla riduzione di rifiuti ed al risparmio energetico ed idrico, ma anche l’attenzione a pratiche di economia circolare e di rispetto per il personale impiegato (ovvero parità e regolarità nei trattamenti economici ed aziendali nonché selezione di partner che garantiscano trasparenza rispetto al trattamento dei propri lavoratori). “Per ognuno di questi temi – continua Epifani – la tecnologia è un’alleata importante. Il controllo delle filiere è abilitato dal digitale, la gestione dei rifiuti può essere resa sostenibile grazie all’innovazione tecnologica, il risparmio energetico ed idrico sono direttamente collegati alle tecnologie IoT, e così via”.
All’interno di questo settore, quindi, è possibile già da oggi ripensare il proprio business per renderlo senza stravolgimenti perfettamente sostenibile grazie al digitale, così come il digitale può diventare una vera e propria ancora di salvezza in un momento in cui il ripensamento del proprio modello di business per rispondere alla crisi può vedere nella rete un elemento chiave.
L’aspetto forse più interessante, però, è che le pratiche in favore della sostenibilità possono riguardare anche i propri “partner” commerciali: sia che si tratti di fornitori o di addetti alle consegne, infatti, stanno nascendo sempre nuove soluzioni tecnologiche che favoriscono la nascita di servizi per la ristorazione interamente concepiti come sostenibili, sia sotto il profilo sociale che ambientale.
Esiste un delivery “sostenibile”, che piace ai ristoratori
In tutto il mondo, ma in particolare in Europa, da molti anni si discute sulle nuove politiche del lavoro e sulla tutela di alcune specifiche categorie. I cosiddetti “rider”, ad esempio, sono da anni al centro dei dibattiti per le loro precarie condizioni di lavoro eppure, mai come durante il 2020, si sono rivelati indispensabili per poter portare avanti almeno in parte l’attività di ristorazione. Coniugare sostenibilità del lavoro con la consegna a domicilio, in questo caso degli alimenti, è quindi un elemento di grande importanza, soprattutto in una fase nella quale dall’attività di food delivery può dipendere la sopravvivenza di molti ristoratori.
Proprio a dicembre del 2020, ad esempio, è nata a Roma “Giusta delivery”, una startup per il servizio di consegne a domicilio frutto della collaborazione tra FIPE, Hotblox, pOsti, Starbox, ed altre imprese coadiuvate da Ernst & Young, e come brand ambassador d’eccezione il ristorante stellato Pipero. Il servizio, lato utente, non è dissimile da quello di altre App per il servizio di food delivery, ma Giusta ha integrato un sistema per l’ottimizzazione dei percorsi di consegna, sistemi tecnologici per la garanzia delle temperature durante la consegna, un’etichetta anti-manomissione dotata di uno speciale Qr code che certifica la filiera del prodotto. Inoltre, il personale è regolarmente assunto con contratto per il settore della logistica ed usufruisce di mezzi elettrici per gli spostamenti. Obiettivo del progetto Giusta delivery è quello della piena copertura della Capitale e l’espansione del servizio anche sulla città di Milano: il tutto favorito anche da forti incentivi rivolti ai ristoratori per aderire al servizio in un momento economicamente complesso.
Il delivery “sostenibile” grazie al cooperativismo di piattaforma
Non solo a Roma, comunque, si stanno affermando nuove formule per il delivery che rispettano fornitori, lavoratori e clienti. In Francia la soluzione si chiama Coopcycle, ovvero una cooperativa che ha realizzato un sistema software aperto e fornito a tutte le cooperative di rider che vogliano sviluppare il proprio servizio di delivery (app, piattaforma, web promotion, ecc.). Attualmente la federazione di Coopcycle conta più di 45 cooperative locali diffuse in nove Stati europei (inclusa l’Italia con Milano) ed in Canada. È quello che viene definito cooperativismo di piattaforma e consiste nell’adattare i quadri normativi del diritto di impresa e del diritto del lavoro tipici del mondo delle cooperative ai nuovi sistemi di impresa basati sulle piattaforme digitali. Nel caso di Coopcycle i “rider” sono allo stesso tempo coloro i quali fanno le consegne ed i proprietari del servizio di delivery, avendo così voce in capitolo sulle proprie tutele in qualità di lavoratori e sulla gestione totale dell’impresa in qualità di imprenditori. A differenza dei sistemi di delivery tradizionali, le cooperative che si appoggiano ai servizi software ed alle tutele contrattuali proposte da Coopcycle garantiscono un contratto orario ai propri fattorini, con un compenso fisso orario indipendentemente dal numero di consegne; sono inoltre garantiti i servizi pensionistici e le assenze per malattia. Inoltre, l’app a disposizione di ciascuna rete cooperativa, non genera una classifica dei rider in base ai tempi di consegna ma certifica solo la qualità del servizio reso al cliente. “Il cooperativismo di piattaforma è una modalità di gestione delle imprese della quale sentiremo molto parlare nei prossimi anni” sostiene Stefano Epifani. “Questo perché – continua Epifani – alcune tecnologie digitali abilitano modelli che sposano perfettamente l’approccio cooperativo, dando possibilità di attuazione concreta ai principi cooperativi, prima difficilmente gestibili nella pratica quotidiana ma che oggi sono perfettamente realizzabili. In pratica alcuni modelli architetturali propri della rete (da internet stessa alla blockchain, passando per sistemi basati sulla Self Sovereign Identity e modelli di gestione condivisa dei dati) hanno portato lo sviluppo tecnologico dove le cooperative erano arrivate da decenni. Unire la concretezza del digitale alla dimensione culturale propria dei principi cooperativi abilita un percorso di cambiamento che ha enormi impatti potenziali su economia e società”.
Sia che si tratti dunque di società di capitali che di sistemi cooperativi, le nuove tecnologie forniscono strumenti digitali che favoriscono lo sviluppo di modelli di business sostenibili, sotto il profilo sia ambientale sia sociale che economico.
La “domanda” di servizi attenti a tutti i soggetti coinvolti nella filiera produttiva e distributiva è sempre più alta da parte dei consumatori finali, e l’abbattimento di molti costi di gestione grazie ai sistemi digitali favoriscono l’adozione di tali servizi da parte del mondo della ristorazione.
In conclusione, quindi, possiamo ben sperare in un nuovo anno che sia di ripresa per il settore della ristorazione e che al tempo stesso veda questo intero settore farsi ambasciatore di soluzioni innovative sia sotto il profilo tecnologico che sociale nell’ottica della sostenibilità digitale.
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