Tornare a educare al rispetto dell’ambiente: intervista al presidente di Sorella Natura

Dobbiamo tornare a educare”. Roberto Leoni, fondatore nel 1991 della fondazione Sorella Natura, che opera per lo sviluppo della cultura e dell’educazione ambientale, risponde in questo modo alla domanda sul cosa impareremo anche da questa emergenza oltre che dal prendere atto della necessità di azione per la salvaguardia del pianeta. “Tornare ad educare al rispetto dell’ambiente e delle persone non significa tornare indietro, ma guardare avanti: per progredire ci vogliono solide radici e noi siamo passati da un sistema autoritaristico-repressivo al permissivismo di questi anni di crisi etica e culturale, prima che economica, in cui abbiamo rinunciato a un vero impegno educativo dei ragazzi che possa accettare le differenze in un contesto di regole da rispettare”.

Quali sono i progetti che Sorella Natura porta avanti e che contribuiscono al raggiungimento dei goal di Agenda 2030?

Sorella Natura lavora prevalentemente ai goal 4 e 13, ovvero educazione alla cura e al rispetto dell’ambiente, ispirata al Cantico delle Creature di San Francesco di Assisi, città nella quale abbiamo la nostra sede. Questi goal sono, credo, tra i più semplici e i più complicati insieme. Semplici perché è facile oggi parlare di ambiente, visto che l’attenzione c’è anche da parte dei giovanissimi. Complicato perché non basta parlare di ambiente: serve competenza per farlo. Ben venga la mobilitazione giovanile, anche indotta dal fenomeno “Greta”, che ha elementi di positività innegabile ma che, al contempo, suscita grandi perplessità per la demagogia e il marketing, con i quali l’hanno cavalcata mezzi d’informazione e politici, che, quindi, sul tema, alle spalle e sulle spalle dei giovani, hanno fatto e fanno ecodemagogia. L’ecodemagogia non serve di certo. Come Sorella Natura abbiamo un Comitato Scientifico composto da professori universitari e ricercatori autorevoli, presieduto dal professor Franco Cotana, che si occupano dei temi di cui discutiamo nei convegni e nelle nostre iniziative di formazione. Tra queste, un progetto al quale teniamo molto è quello del corso base, on line, per “Guardia ambientale volontaria custode del creato”, che, con l’emergenza Coronavirus, abbiamo deciso di aprire a tutti gratuitamente. Scuola, famiglia, informazione dovrebbero guidare, in particolare i ragazzi, nell’apprendere conoscenze fondate su etica, scienza e tecnologia e che possono poi sfociare in comportamenti corretti verso l’ambiente, che possano svilupparsi come Conoscenza, Amore, Custodia e Valorizzazione. Crediamo fermamente che tutti potremmo diventare guardie ambientali volontarie custodi del creato, nel senso più lato e operativo del termine. Questo lo facciamo, appunto, fornendo alle persone solide basi nei valori etici che muovono dal Cantico delle Creature all’Agenda ONU 2030; dalla Laudato Si’ alle Conferenze ONU sui cambiamenti climatici.

Qual è il ruolo della tecnologia rispetto alla costruzione di un mondo più sostenibile?

La tecnologia ha dimostrato da tempo il suo ruolo imprescindibile, in particolare nell’educazione e nella formazione. Io, da insegnante prima e da dirigente scolastico e consigliere al Gabinetto dei Ministri del MIUR poi, feci nel 1973 la prima sperimentazione della didattica digitale portando i computer in classe. All’epoca mi dissero che era un’americanata che non avrebbe mai funzionato, mentre, in particolare oggi con una pandemia in corso, vediamo quanto la didattica a distanza potrebbe essere efficace, se solo avessimo tutti insegnanti preparati ad insegnare rinunciando all’idea della lavagna e del gesso, modalità mentale con cui, troppo spesso, si usano ancora le tecnologie educative. La didattica digitale deve essere colloquiale, interattiva, coinvolgente e non può essere statica nel momento in cui usa strumenti che hanno grandi potenzialità motivazionali e possono favorire la creatività. Per fare questo occorre formazione su nuove modalità di fare docenza che, come diceva Skinner, deve coniugare scienza dell’educazione e arte dell’insegnamento. Se poi parliamo di ambiente, ci sono le tecnologie satellitari, le videotrappole o i droni per il controllo del territorio che, per esempio, abbiamo utilizzato in un nostro recente progetto di educazione ambientale per le Scuole nell’area del Parco del Pollino. E anche le nostre guardie ambientali volontarie sono preparate a usare specifiche app per conoscere la natura e rispettarla.

Ottimista o pessimista circa la possibilità di rispettare i target di Agenda 2030?

Io sono ottimista perché credo molto nei giovani e nel futuro, come tutti gli educatori. Non possiamo lamentarci dei nostri ragazzi se non conoscono alcune cose, ma dobbiamo semplicemente chiederci perché abbiamo rinunciato a far conoscere loro qualcosa di importante e di valore. Le responsabilità, rispetto al raggiungimento dei goal 4 e 13, sono eventualmente da attribuire tutte a noi, alla nostra società, che non è stata in grado di guidare le nuove generazioni. Per farlo dovremo recuperare la nostra cultura e far riscoprire la bellezza dell’impegno e del lavoro.

Quali sono le lezioni che ci lascia questa pandemia?

Mi auguro che questo triste momento possa almeno farci comprendere che l’uomo non è onnipotente e che la natura non è né buona né cattiva. La cultura contadina ci avrebbe dovuto insegnare la prevenzione che invece ci è mancata completamente in questo caso. Passato questo momento, non ci resta che investire ancora risorse su scienza e salute ed operare ogni sforzo perché la Natura e l’Uomo ritrovino il loro equilibrio.

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