Idrogeno da grigio a verde nel futuro scenario energetico: l’intervista ad Alberto Delbianco di Eni

L’idrogeno ha le carte in regola per ritagliarsi un ruolo importante nello scenario energetico del futuro. Non è una fonte di energia, come i combustibili fossili o le rinnovabili, ma un vettore energetico. In base alla fonte di energia utilizzata, quindi, si parla di idrogeno grigio (che usa energia derivante da fonti fossili come in particolare il gas naturale) e idrogeno blu e verde. Il primo, anch’esso basato su energia derivante da gas naturale, prevede la cattura e lo stoccaggio del carbonio prodotto per non impattare sulle emissioni di anidride carbonica, ed il secondo invece è prodotto direttamente da energie rinnovabili. Attualmente l’idrogeno blu e verde – più costosi dell’idrogeno grigio – rappresentano ancora una quota minima del totale, ma la sfida del futuro, in una politica zero carbon, è quella di aumentare le quote di idrogeno sostenibile, dove le tecnologie digitali, come intelligenza artificiale e blockchain, potranno dare un contributo rilevante, ad esempio nella gestione di tutte le reti di produzione, stoccaggio e distribuzione di questo vettore energetico.

Cos’è un vettore energetico?

Il vettore energetico o Energy carrier – spiega Alberto Delbianco, responsabile dell’unità di ricerca e sviluppo Downstream Eni – è una forma di energia secondaria, che si presta a essere immagazzinata e trasportata fino al luogo di utilizzo. Possiamo dire che si tratta di una sostanza che può facilmente rilasciare l’energia che contiene. Il vettore energetico più noto è, ad esempio, l’elettricità, che si può trasportare per poter essere utilizzata dove serve. Con l’idrogeno succede la stessa cosa: non si trova in natura, ma viene prodotto utilizzando energia primaria come le fonti fossili, ad esempio il metano, attraverso processi di reforming (ossia un processo chimico che rompe i legami carbonio-idrogeno del metano liberando idrogeno degli idrocarburi liberando idrogeno), o da energia rinnovabile attraverso elettrolisi dell’acqua. L’idrogeno, inoltre, è un vettore che permette non solo il trasporto di energia ma anche il suo immagazzinamento, a differenza dell’energia elettrica che viene perduta se non viene utilizzata nel momento in cui viene prodotta.

A quanto ammonta attualmente la produzione di H2? E a cosa serve?

La produzione mondiale di H2 è di circa 70 milioni di tonnellate l’anno, che viene utilizzato prevalentemente in raffineria (oltre il 50% del totale), per la produzione di carburanti puliti  o per la produzione di fertilizzanti. Altri 45 milioni di tonnellate l’anno vengono poi prodotte in miscela con altri gas, in particolare ossido di carbonio generando gas di sintesi, utile per la produzione di metanolo e altre sostanze chimiche. Ma una volta prodotto, l’idrogeno può anche essere trasportato e utilizzato come combustibile nelle macchine termiche per produrre energia meccanica o nelle Fuel cell per produrre energia elettrica e calore. Inoltre, produrre idrogeno è anche un modo per stoccare energia, per esempio quando ho un eccesso di produzione di energia elettrica come nel caso dell’idroelettrico.

Quanto inquina produrlo?

La gran parte dell’idrogeno (detto Grey, grigio, perché viene generato liberando anidride carbonica) viene prodotto da gas naturale attraverso i processi di reforming: la produzione di una tonnellata di H2 genera circa 8 o 9 tonnellate di anidride carbonica. Mentre solo meno dell1% sul totale dell’idrogeno prodotto oggi nel mondo può essere considerato Blue o Green, ovvero senza generazione di CO2. Nel primo caso perché l’anidride carbonica viene catturata e “sequestrata” con un procedimento che viene definito Carbon Capture and Storage, noto appunto come CSS. Nel secondo perché prodotto da elettrolisi dell’acqua utilizzando energie rinnovabili, come idroelettrico, sole, vento e onde marine.

L’idrogeno sostenibile, Blu e Verde, che ruolo potrà avere nel futuro scenario energetico?

L’idrogeno sostenibile può sicuramente fornire un contributo importante al processo di decarbonizzazione dei carburanti, e la Commissione Europea ne promuoverà lo sviluppo, che attualmente prevede la produzione di un milione di tonnellate l’anno al 2024, e 10 milioni di tonnellate l’anno al 2030. Il che significa installare almeno 40 GW di elettrolizzatori alimentati da rinnovabili, attraverso enormi aree da occupare con pannelli solari o pale eoliche. L’idrogeno sarà uno dei protagonisti del Green new deal europeo. È quanto previsto anche dalle recenti proposte presentate dalla Commissione Europea per l’integrazione dei sistemi energetici, e l’idrogeno come vettore di energia in sostituzione dei combustibili fossili è una delle soluzioni ritenute più convincenti. Nasce così anche la Clean Hydrogen Alliance, un’alleanza che punta a riunire istituzioni, imprese e ricerca sotto il segno dell’idrogeno pulito.

L’anidride carbonica generata per creare idrogeno Blu come può essere gestita per evitare che venga rilasciata in atmosfera?

Il modo migliore per farlo è quello di utilizzare risorse naturali, ossia gli “spazi” che ci sono già in natura per stoccarla. E questi spazi sono quelli messi a disposizione dai giacimenti esauriti di gas naturali o di petrolio. In altri termini si vanno a riempire di anidride carbonica gli ex giacimenti naturali che negli anni sono stati svuotati del loro contenuto. La capacità di stoccaggio geologico di anidride carbonica in ex giacimenti naturali di gas depletati e in acquiferi salini non è facile da quantificare, ma è comunque importante. Un recente report del MIT indica un intervallo che, a livello mondiale, oscilla tra 8mila e 50mila Gigatons.

La produzione di idrogeno Blu è un obiettivo in sé o rappresenta una fase di transizione verso la produzione di idrogeno Verde?

In questa fase non possiamo dire se l’Idrogeno Blue rappresenti una transizione verso l’Idrogeno Green, ma è senza dubbio una opzione da considerare in parallelo per accelerare il processo che consenta al vettore idrogeno di sviluppare al meglio il suo potenziale.

Eni che progetti ha al riguardo?

Eni crede molto nei sistemi CCS affiancati alla produzione di idrogeno Blu, tanto che siamo pronti a candidare al primo bando del Fondo per l’innovazione europeo il progetto per il nuovo Hub Off-shore di Ravenna, che darà vita al più grande centro al mondo di cattura e stoccaggio di anidride carbonica all’interno di un enorme sistema di giacimenti di gas naturale, ormai svuotati, nel sottosuolo al largo della costa ravennate. Con una capacità di stoccaggio compresa tra 300 e 500 milioni di tonnellate di CO2, questi depositi sotterranei potrebbero contribuire in misura molto rilevante al contenimento delle emissioni di gas climalteranti del nostro Paese. Questi sono contenitori naturali che hanno già dimostrato la loro impermeabilità e resistenza per decine di milioni di anni. Hanno contenuto e trattenuto gas naturali per intere ere geologiche, e quindi hanno già dimostrato di essere dei contenitori molto, molto più resistenti e sicuri di qualsiasi materiale generato dall’uomo. Naturalmente anche Eni sta lavorando molto anche sull’idrogeno verde. Occorre sfatare l’idea che esiste solo una forma di energia: se i prodotti finali sono puliti perché li hai liberati del loro contenuto carbonico, allora quell’energia rappresenta un valido complemento. Più ampio sarà il pacchetto di tecnologie disponibili, più facilmente potrà essere raggiunto l’obiettivo di decarbonizzare il sistema energetico.

L’idrogeno Verde, ottenuto dall’energia elettrica prodotta da fonte eolica e solare, può rappresentare una soluzione applicabile su vasta scala?

È una questione di scelte industriali, di ampio respiro e orizzonte. È anche e naturalmente una questione di ingenti investimenti, e di costi. Teniamo presente che attualmente il costo dell’idrogeno Grigio si aggira intorno a 1-1.5 dollari al chilo. Per renderlo Blue è necessario spendere altri 0.5-1 dollari al chilo, arrivando a 2-2.5 dollari al chilo, mentre il costo dell’idrogeno Green si colloca tra i 3 e gli 8 dollari al chilo. Quindi quello più inquinante oggi costa parecchio di meno ma riteniamo che lo sviluppo delle tecnologie per produrre idrogeno pulito consentirà di ridurne il costo in modo importante.

Quali sono i più recenti progetti che Eni sta sviluppando in questa direzione?

Ad esempio, stiamo studiando la realizzazione, presso alcuni nostri siti,  di impianti per la produzione di H2 da rifiuti. In particolare, stiamo sviluppando progetti per impianti Waste to Hydrogen, alimentati a Plasmix o a Combustibile Solido Secondario (la frazione solida non differenziabile della raccolta dei rifiuti, che oggi si brucia o si manda in discarica). E poi lo sviluppo di tecnologie proprietarie per la produzione efficiente di idrogeno da metano, come l’impianto sperimentale con tecnologia kGas presso la raffineria di Taranto, che produrrà 8000 nm3/h di syngas (una miscela di idrogeno e monossido di carbonio utilizzabile nell’industria chimica ed energetica). Ma stiamo puntando anche allo sviluppo di tecnologie breakthrough, come la scissione dell’H2O ad alta T utilizzando energia solare (tecnologia che stiamo sviluppando con la società svizzera Synhelion) o ancora la pirolisi del gas naturale generando idrogeno e grafite (tecnologia CZERO) che può essere utilizzato per la produzione di manufatti.

E per quanto riguarda la mobilità sostenibile, alimentata a idrogeno?

Nel corso del prossimo anno Eni aprirà le sue prime due Eni station in Italia per la distribuzione di H2 per i veicoli. Una serie di colonnine sarà attivata presso la stazione di servizio Eni di San Donato milanese, dove l’idrogeno verrà prodotto sul posto, con sistema di elettrolisi da fonti rinnovabili, e avrà una pressione a 700 bar, per alimentare 10 Toyota Mirai attraverso una partnership con la casa automobilistica giapponese. La seconda Eni station dotata di colonnine per il rifornimento di idrogeno sarà disponibile a Venezia, e qui l’idrogeno arriverà trasportato via terra, con carri bombole, e alimenterà altre 10 Toyota Mirai più alcuni autobus.

Le tecnologie digitali che ruolo potranno avere in questo quadro?

Un ruolo importante nella gestione di tutte queste complessità, e dei loro sviluppi. A partire proprio dalle prospettive della mobilità sostenibile. Quando la rete distributiva dell’idrogeno per veicoli sarà più ampia, in alcuni siti verrà prodotto sul posto, in altri verrà trasportato via camion, quindi le reti digitali avranno un ruolo centrale nel gestire, coordinare, supervisionare tutta la produzione, la distribuzione e la consegna di idrogeno per la mobilità sostenibile.

Facebook Comments

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here