Da qualche decennio, a livello planetario, siamo entrati in un modello di ipermobilità, che consiste nel muovere sempre più persone e cose, sempre più spesso e per distanze maggiori, e con tutti i mezzi, molti dei quali inquinanti, come auto, camion, autobus, aerei. L’ipermobilità è quindi un fenomeno irreversibile e – se fatta con modalità di trasporto non Green e ad alto impatto ambientale – è nemica della Sostenibilità e della decarbonizzazione.
Per esempio, molte persone vivono in un posto, lavorano in un altro, vanno in vacanza in più luoghi nel corso dell’anno, non di rado hanno una seconda casa (ovviamente in una situazione libera dal Covid-19), quindi ‘normalmente’ ci muoviamo di continuo in una sorta di ‘nomadismo’ di massa.
Lo stesso fanno le imprese, che per arrivare al prodotto finale creano un transito continuo di merci da un angolo all’altro del Pianeta. Un flusso continuo di movimenti e movimentazioni che produce enormi quantità di anidride carbonica.
Ipermobilità, viaggi, eCommerce e inquinamento
L’eCommerce – che ha avuto un fortissimo incremento in tutto il mondo come effetto della pandemia e dei vari Lockdown – non fa che aumentare e moltiplicare questa ipermobilità dei prodotti e delle merci, dei camion, aerei, navi, furgoni sui cui viaggiano. In Europa si comprano prodotti dagli Stati Uniti, e viceversa, si acquista online dall’Asia e da ogni parte del mondo. Una singola scatola viaggia da Hong Kong a Roma, dalla California alla Scandinavia, per un singolo cliente. Un pacco fa decine di migliaia di chilometri, trasportato da tanti mezzi diversi, e magari contiene qualcosa che si può trovare anche a pochi chilometri di distanza. Insomma, l’eCommerce rischia di diventare, con questo modello, l’antitesi e la negazione del consumo ‘a chilometro zero’: è pratico, moderno, ma altamente inquinante. Rischia di produrre CO2 più delle centrali elettriche a carbone.
Muovendoci tanto, molto più che in passato, e muovendo tanto merci e prodotti, molto di più rispetto a prima, inquiniamo tanto. Il settore della mobilità è molto energivoro in tutta l’Unione Europea, non soltanto in Italia, e ha avuto una forte crescita negli ultimi decenni, superando tutti gli altri settori per il consumo di energia, a causa del forte aumento del trasporto stradale e di quello aereo a livello internazionale.
Il forte aumento dei voli ha fatto decollare la CO2
Solo per considerare i trasporti aerei, e solo in Italia, secondo i dati di Assaeroporti (Associazione italiana gestori aeroporti), nel 2000 si muovevano negli aeroporti italiani 92 milioni di passeggeri e 800mila tonnellate di merci. Nel 2019, i passeggeri erano più che raddoppiati, arrivando a quota 193 milioni; le tonnellate di merci erano aumentate del 27%, arrivando a 1,1 milioni. Per l’ambiente il progresso ovviamente non c’è stato.
E guardando all’Europa, negli ultimi 30 anni il settore aereo ha rappresentato il maggiore fallimento delle politiche europee sul clima, perché il forte aumento dei voli ha portato un’espansione delle emissioni inquinanti e della CO2 nell’atmosfera.
Certo, l’emergenza che stiamo vivendo ha cambiato in maniera irreversibile molti comportamenti. Ma tutto lascia pensare che – anche nella nuova normalità – superata la crisi si tornerà ai ritmi “ante-COVID”. Tutti quindi aderiscono, più o meno consapevolmente e convintamente, al modello di ipermobilità. Ma, per conciliare tutto ciò con Sostenibilità e decarbonizzazione, occorrono nuovi modelli di mobilità e trasporto, una mobilità più sostenibile, da migliorare con sviluppi tecnologici e con la promozione di strategie di comunicazione e di educazione su come muoversi meglio.
Trasporti a rete a vantaggio di mezzi meno inquinanti
Per la movimentazione dei passeggeri e per lo spostamento delle merci ci sarebbe molto da cambiare, al fine di ridurre la quota – il cosiddetto ‘split modale’ – che viaggia su gomma, a vantaggio di mezzi meno inquinanti e spesso anche meno costosi, come il treno e la nave. Nel settore aereo, si stanno progettando e sperimentando motori elettrici o ibridi per i velivoli, anche se al momento l’unico modo per mitigare l’impatto degli aerei sul clima sembra essere il criticato sistema dell’Emission trading, cioè il commercio delle emissioni di gas serra. In pratica, si possono acquistare quote di emissione, pagando chi riduce le emissioni stesse, ad esempio con progetti di riforestazione.
Allo stesso tempo si stanno costruendo droni che è auspicabile rimangano limitati a operazioni sanitarie o di polizia, ad esempio soccorso per emergenze, o perlustrazioni dall’alto. Gli elicotteri-taxi per persone, o i droni per consegnare merci nelle città, dovrebbero essere contenuti in numeri molto limitati, per non aggiungere altri problemi al settore già problematico dei trasporti.
Troppi motori e poche idee nuove
Gli studiosi sostengono da tempo che per arrivare a una mobilità meno inquinante occorre favorire un riequilibrio a vantaggio dei mezzi con minore impatto ecologico, facendo pagare a ciascun vettore i ‘costi esterni’ sostenuti dalla collettività per consentire la sua circolazione. Camion e furgoni risultano indispensabili per approvvigionamenti e consegne delle merci, non si possono perciò eliminare, bisogna quindi razionalizzarne l’uso e renderli meno inquinanti, spostando quote di mobilità verso mezzi più ecologici, come il trasporto pubblico su ferro e la cosiddetta ‘mobilità attiva’, cioè camminare e andare in bicicletta, come si faceva una volta, molto prima dell’ipermobilità.
Nel caso dell’Italia, c’è poi un’ulteriore anomalia sia nel trasporto delle merci, che viaggiano su camion in percentuali più alte della media, sia nell’eccessiva motorizzazione. Tutto questo porta maggiori consumi di fonti energetiche non rinnovabili, visto che si è viaggiato e si viaggia tuttora in larga parte con i derivati del petrolio. Dal 1970 alla crisi del 2008, per esempio, in Italia il consumo di energia da parte dei trasporti si è moltiplicato per 2,6, mentre il Prodotto interno lordo si è moltiplicato per circa 2,3, con l’industria rimasta più o meno stabile. I trasporti sono diventati dunque i maggiori consumatori di energia.
Trovare il giusto mix per spostarsi e inquinare meno
Insomma, c’è bisogno di combinare in maniera corretta i mezzi di trasporto al fine di muoversi in modo più sostenibile. Trovando il giusto mix, si inquinerà di meno, e anche risparmiando: per esempio, un pieno di carburante al mese, il che non è poco.
Il ‘giusto mix’ riguarda la plurimodalità, una forma di trasporto a rete che esiste da tempi molto lontani, con il passaggio di merci dai carri alle chiatte, dai vagoni alle navi, da un carro all’altro. Il tema dei trasporti a rete rappresenta oggi un elemento centrale nella mobilità, che risulta insostenibile soprattutto per l’assoluta predominanza dei veicoli su gomma (e quelli elettrici sono ancora un’esigua minoranza).
Trovando il giusto mix, rendiamo le nostre città dei luoghi più piacevoli in cui vivere. Meno ingorghi stradali, meno inquinamento, meno emissioni di gas a effetto serra. Ad esempio, un tragitto in autobus occupa venti volte meno spazio pubblico rispetto allo stesso tragitto in automobile. E se percorriamo un tragitto di 3 chilometri a piedi o in bicicletta invece che in automobile, ognuno di noi riduce di un chilo le proprie emissioni di CO2.
L’info-mobilità e il miglioramento tecnologico
Ma per sviluppare i trasporti a rete c’è ancora moltissima strada da fare. Per esempio, mentre l’info-mobilità, cioè l’impiego di tecnologie informatiche a supporto degli spostamenti di merci e persone, è andata avanti da anni con miglioramenti continui nell’ambito tecnologico, ben poco si è, invece, fatto nell’ambito organizzativo e gestionale, anche per questioni apparentemente semplici, come il raccordo di orari e tariffe del trasporto pubblico su ferro e su gomma. Occorrerebbero anche politiche concrete di sostegno alla mobilità collettiva: se una famiglia con due adulti e due ragazzi paga per un viaggio di pochi chilometri in autobus 12 o 14 euro per andata e ritorno, evidentemente sarà sempre spinta a utilizzare la propria automobile.
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