Dall’uva al vino passando per le tecnologie di nuova concezione: in vigna sta prendendo sempre più piede l’approccio innovativo, soprattutto nella fase di coltivazione, per conoscere lo stato fisiologico e l’espressione vegetativa delle singole viti, così da personalizzare le tecniche colturali alle varie esigenze.
Vanno in questa direzione Kattivo e PVsensing, progetti italiani che portano nel mondo agricolo quello tecnologico di precisione, per ottenere prodotti performanti dal punto di vista produttivo, ambientale ed economico.
Il kit tecnologico che calibra l’agrofarmaco in base alla chioma
Come sanno bene i coltivatori, i corretti e tempestivi trattamenti fitosanitari sono indispensabili per una produzione soddisfacente in termini di quantità e qualità. Un’attività che tra l’altro, oltre a concretizzare una voce importante di spesa di gestione del vigneto, può avere impatti rilevanti sull’ambiente se si abusa con i dosaggi.
Le soluzioni tecniche innovative devono volgere lo sguardo alla salvaguardia della sanità e salubrità dell’uva, nonché alla limitazione degli sprechi legati agli antiparassitari, ai combustibili e all’acqua. Finora si è puntato sull’utilizzo delle macchine a recupero, che però hanno lo svantaggio di essere molto pesanti e poco manovrabili in ambienti collinari, tipici di molte realtà vitivinicole italiane.
La chiave di svolta potrebbe arrivare dal progetto KATTIVO, un kit tecnologico di facile applicabilità ed economicamente sostenibile da applicare agli atomizzatori tradizionalmente usati in viticoltura, che permette l’individuazione in tempo reale della variazione della chioma della coltura da trattare e distribuire l’agrofarmaco a dose variabile in base al volume da trattare.
Come? Grazie a dei particolari sensori che raccolgono il dato volumetrico, lo elaborano attraverso un algoritmo e lo traducono in modulazione di volume della miscela da applicare, di conseguenza si riducono gli sprechi idrici e il quantitativo di fitofarmaci utilizzati.
I vantaggi del kit
Il progetto coinvolge due importanti aziende agricole toscane, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria – Centro di ricerca per la viticoltura e l’enologia, il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali (DAGRI) dell’Università degli Studi di Firenze ed enti di ricerca e organizzazioni impegnate nella formazione e nella consulenza: entro il prossimo ottobre saranno testate due tipologie di atomizzatori nelle due model farm toscane, situate in ambienti collinari con condizioni orografiche di pendenza differenti.
Tra i vantaggi legati a questa soluzione spiccano: la riduzione nell’uso dei prodotti fitosanitari di circa il 30%, con risvolti positivi dal punto di vista economico e ambientale; il risparmio della risorsa acqua; l’aumento della fertilità del suolo, considerando che una gestione sito-specifica permette una riduzione dei passaggi per le macchine con conseguente minore compattazione; nuove opportunità occupazionali nel settore della precision farming, dal momento che per una applicazione sempre più integrale e integrata della viticoltura di precisione sono necessarie nuove competenza da formare sul territorio; vantaggi per i consumatori finali che berranno vino prodotto utilizzando meno pesticidi.
Modello previsionale innovativo contro il patogeno
Sempre sul fronte della coltivazione, per evitare che la vite soccomba ai patogeni bisogna investire denaro e tempo per prevenirli o per debellarli. Tra i più temuti e diffusi c’è la Plasmopara viticola, responsabile della peronospora della vite europea, una malattia fungina che infetta tutti gli organi verdi della pianta. I sintomi dell’infezione sulle foglie appaiono come macchie d’olio che, con favorevoli temperature e umidità notturne, sviluppano una muffetta bianca da cui si propagano nuove infezioni.
Il controllo di questa malattia prevede un ricorrente utilizzo di prodotti fitosanitari, spesso eseguito sulla base di percezione soggettive del rischio di infezione, non legata a dati oggettivi rilevati in campo.
Il ciclo di vita della Plasmopara viticola è fortemente legata alle condizioni climatiche. Il monitoraggio delle variabili climatiche (temperatura e acqua in primis) attraverso sensori in campo permette di ricostruire il ciclo di vita del patogeno attraverso un modello previsionale.
I comuni modelli previsionali considerano come variabili di input: pioggia, temperatura e umidità dell’aria, bagnatura fogliare, velocità del vento. In questa cornice si è fatto largo il progetto PV-sensing che, invece, punta a sviluppare e valutare sul campo un modello previsionale innovativo, in cui vengono considerate nuove variabili di input misurate in campo, così da avere una simulazione più accurata del ciclo di vita del patogeno e della previsione delle infezioni.
Un modello previsionale è uno strumento a supporto alle decisioni del viticoltore, che può così sapere quando ci sono le condizioni favorevoli per un’infezione, quando eseguire un trattamento fitosanitario e quando non eseguirlo.
Il nuovo modello previsionale
PVsensing si basa sull’utilizzo di sensoristica innovativa sperimentata sul campo, a partire da una misurazione precisa di volume e superficie fogliare, informazioni che influiscono sulla previsione di infezioni. A maggior ragione per la Plasmopara viticola, parassita che risente della vegetazione della vite, la quale può essere più o meno suscettibile all’infezione a seconda di quanta superficie fogliare con stomi aperti c’è.
La conoscenza di questo aspetto è utile anche per ottimizzare i dosaggi dei prodotti fitosanitari, adattandoli alla crescita della vegetazione. Le misure della chioma fogliare, in termini di volume e superficie, sono ottenute grazie a una particolare telecamera adatta all’installazione permanente in campo, che sfrutta sofisticate tecniche di analisi automatica delle immagini per il riconoscimento della chioma e la sua ricostruzione tridimensionale.
A ciò si aggiungono umidità e temperatura della superficie per valutare la maturazione e la germinabilità delle spore di questo patogeno e per determinare la pressione di infezioni a cui è soggetto il vigneto, il cui calcolo è dato dalla combinazione di sensori sperimentali per l’umidità del suolo, che coinvolgono solo i primi millimetri del terreno, ovvero quelli in cui le spore della Plasmopara viticola svernano e possono germinare.
Per determinare il rischio di infezione di questo patogeno è fondamentale conoscere la temperatura, l’umidità e lo stato di bagnatura fogliare da sensori collocati all’interno della chioma. Innovativa è la misura di gocciolamento, grazie al sensore che rileva quando l’accumulo notturno di rugiada sulle foglie provoca lo scivolamento d’acqua da una foglia all’altra e quindi delle spore dell’agente patogeno.
Il gocciolamento influisce inoltre sul dilavamento dei prodotti fitosanitari, anche in assenza di pioggia. Monitorare questo fenomeno permette di ottenere un modello previsionale più preciso. E tutti questi parametri rafforzano il calcolo di rischio di infezione a cui è soggetta la coltura, con un’accuratezza potenzialmente molto più alta rispetto ai sistemi attuali.
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