L’economia circolare nelle città: SDG 11 e pratiche closed loop

Il cambiamento sostenibile comincia dalle città. Le buone pratiche per unire tecnologie e circolarità, per favorire il raggiungimento dell'obiettivo 11 di Agenda 2030: rendere sostenibili gli agglomerati urbani

Immagine distribuita da Pixabay

Lo spazio che ci circonda è la prima buona occasione per costruire un mondo circolare a basso consumo di risorse. E lo spazio che ci circonda è, nel 50% dei casi, la città. Pandemia, crisi delle materie prime, guerra, sono tutti fattori che hanno destabilizzato l’economia lineare delle nostre metropoli, ma senza permettere loro di virare verso la circolarità. Secondo l’ultimo rapporto sull’economia circolare in Italia, il nostro paese contiene i danni, mantenendosi su alti livelli quanto a produttività delle risorse e assestandosi tra gli ultimi paesi europei per consumo, con un tasso di riciclo dei materiali piuttosto stabile.

Proprio nelle città avvengono la maggiore quantità di consumo e di attività circolari: le città costituiscono l’85% del PIL e sono anche enormi raccoglitori di materiali e sostanze nutritive, rappresentando il 75% del consumo di risorse naturali e suolo. Producono anche, però, il 50% dei rifiuti globali e il 60-80% delle emissioni di gas serra, ma secondo la Ellen Mac Arthur Foundation sono il principale traino verso la transizione circolare per via del loro portato di attività, creatività, formazione, risorse. Secondo le Nazioni Unite, ad oggi, più della metà della popolazione mondiale vive nelle città, e questo dato aumenterà del 60% entro il 2030, e del 70% entro il 2050. Il potenziale delle città sostenibili e intelligenti è la grande opportunità di incoraggiare la trasformazione negli stili di vita per combattere il cambiamento climatico e ridurre il consumo delle risorse. Con questi due intenti, secondo l’International Resource Panel “Weight of Cities”, si possono risparmiare risorse ed emissioni di gas serra del 30%-60%.

What – Quali pratiche circolari sono possibili in città

Smistamento intelligente del traffico, mobilità sostenibile, trasporti data-driven, sinergia industriale sono solo alcune delle buone pratiche possibili per unire circolarità e tecnologia, e per rispondere all’obiettivo 11 dell’agenda 2030, cioè rendere sostenibili gli agglomerati urbani.

Dalla guida Circular Cities, redatta dall’Unione Europea, apprendiamo che uno degli elementi più urgenti da riformare è il settore edilizio, quello a maggior consumo di risorse: in questo campo dovrebbero essere gestiti meglio i rifiuti e i materiali di scarto da costruzione e demolizione; bisognerebbe migliorare l’efficienza energetica e l’efficienza delle risorse e ridurre le emissioni di carbonio. Una responsabilità condivisa anche con il settore dei rifiuti e con tutte le attività umane “cittadine”: l’analisi europea delle città circolari ha infatti rilevato sprechi strutturali significativi in settori chiave come la mobilità, l’alimentazione e l’ambiente edificato. Ad esempio, in Europa, l’auto media rimane parcheggiata il 92% del tempo, il 31% del cibo viene sprecato lungo la catena del valore e l’ufficio viene utilizzato solo il 35-50% delle volte, anche durante l’orario di lavoro. I rifiuti generati attraverso questi processi inefficaci comportano costi aggiuntivi a causa della gestione dei rifiuti e delle spese di raccolta che aumentano la pressione sui bilanci comunali. Nei mercati in via di sviluppo oggi, i costi di gestione e raccolta dei rifiuti solidi possono talvolta raggiungere il 50% dei budget annuali comunali.

Tra i casi virtuosi di città circolari c’è Amsterdam che ha guidato la propria transizione ispirata da sette principi:

  1. Risorse closed-loop: tutti i materiali vengono riutilizzati e riciclati all’infinito
  2. Emissioni ridotte: tutta l’energia è generata da fonti rinnovabili
  3. Generazione di valore: le risorse vengono utilizzate per generare valore condiviso (finanziario e sociale).
  4. Design modulare: tutti i prodotti sono progettati in modo modulare e flessibile e le catene di produzione consentono l’adattabilità dei sistemi
  5. Modelli di business innovativi: tutti i nuovi modelli di business implementati consentono il passaggio dal possesso di beni all’utilizzo dei beni attraverso i servizi
  6. Logistica inversa orientata al territorio: i sistemi logistici vengono spostati dove vi è possibilità di logistica inversa
  7. Potenziamento dei sistemi naturali: tutte le attività umane contribuiscono positivamente agli ecosistemi, ai servizi ecosistemici e alla ricostruzione del “capitale naturale”.

Oltre ad Amsterdam, diverse città hanno costruito partnership e utilizzato finanziamenti europei per progetti circolari coordinati: a Valladolid, in Spagna, i progetti hanno riguardato la creazione di posti di lavoro per far fronte alla disoccupazione imperante. Cyber Engineers, nel sud est dell’Inghilterra si è impegnata in un progetto di riparazione e riciclo dei rifiuti elettronici, settore energivoro e ad alto impatto di risorse preziose: lo scopo è ridurre la quantità di rifiuti elettronici (laptop, tablet, monitor, smartphone, mouse e tastiere, cavi e altri piccoli elementi) che vengono ricondizionati e consegnati a persone e comunità digitalmente emarginate per colmare il digital gap. Il progetto si impegna inoltre in un’azione di formazione digitale essenziale per i destinatari dei dispositivi. E ancora, nelle Fiandre, Seaslate trasforma la plastica ritrovata nell’oceano in piastrelle di rivestimento delle facciate, grazie a un progetto gestito dall’azienda pubblica di rifiuti e la città di Ostenda, in Belgio.

How – le risorse necessarie per una trasformazione circolare

Le città dovrebbero essere costruite con materiali modulari e flessibili, riducendo al minimo l’uso delle materie prime vergini; la struttura degli edifici dovrebbe consentire un sistema circolare a più livelli, per l’acqua e per l’energia, non solo quindi con lo scopo di consumare ma anche per generare risorse. Ottimizzare i trasporti soprattutto sull’ultimo miglio, prevedere un trasporto elettrico (alimentato con energia rinnovabile), condiviso e automatizzato mettendo al centro della produzione dei veicoli la rigenerazione, la durata, l’efficienza e la facile manutenzione. Le città devono essere considerate come ecosistemi biodinamici in grado di restituire all’acqua e al suolo i nutrienti per l’agricoltura a partire dai rifiuti. Tutto questo richiede ricerca e sviluppo di tecnologie: connessioni digitali, app capaci di elaborare in tempo reale informazioni sul traffico e decongestionarlo tramite tecnologie ITS applicate ai semafori o ai segnali stradali; ma anche innovazioni che permettano di produrre (e di riciclare) in modo sostenibile le batterie al litio dei veicoli elettrici e materiali disassemblabili per i mezzi di mobilità alternativa e sostenibile. Azioni di questo tipo devono necessariamente partire da una raccolta di dati sicura e rispettosa della privacy e da un’analisi e aggregazione degli stessi adeguata alla pianificazione di un nuovo sistema cittadino.

Non solo città ma distretti

È necessario, inoltre, che l’ecosistema della città sia integrato nel contesto. Per questo uno degli elementi chiave dell’economia circolare è la sinergia industriale, che permetta a ogni attore della filiera produttiva di farsi carico dell’energia dell’altro, di limitarne gli sprechi, di riutilizzarne le risorse, ciò che avviene più di frequente nei distretti industriali, dove le pratiche di economia circolare – non per niente – sono più comuni: ad esempio acque reflue depurate, combustione di rifiuti domestici e biocarburanti; acqua di scarico utilizzata per il raffreddamento, biogas utilizzato per il trasporto locale… Sono tanti ormai i distretti che lavorano insieme per ridurre il consumo di risorse: Hammarby a Stoccolma è un esempio europeo, ma succede anche nei paesi in via di sviluppo dove l’economia circolare incontra l’inclusione sociale: a Belo Horizonte, in Brasile, il Centro di ricondizionamento informatico della città offre ai cittadini delle comunità a basso reddito la possibilità di ricevere una formazione approfondita per ripristinare le apparecchiature IT. Questa attrezzatura rinnovata continua a supportare oltre 300 “siti di inclusione digitale” gestiti dalla città, dove i locali di Belo Horizonte hanno accesso gratuito a computer e Internet, nonché varie opportunità di formazione nell’alfabetizzazione digitale di base. E ancora il parco ecoindustriale di Rizhao Economic and Technology Development Area, in Cina che rispetta i principi della simbiosi industriale, mentre in Canada, la città di Toronto usa l’acqua naturalmente fredda del Lago Ontario per raffreddare tutto il suo distretto produttivo.

Who – quali i ruoli di cui tenere conto per permettere alle città di raggiungere l’obiettivo 11

Chi sono i fautori principali della transizione circolare nelle città? I governi locali che hanno il potere di promuovere il riciclo dei materiali da costruzione dai propri edifici, ristrutturazioni e demolizioni, sostenere lo sviluppo tecnico attraverso sussidi, incentivi e agevolazioni fiscali per lo sviluppo di nuove tecnologie, facilitare le partnership con altre città più virtuose su iniziative di economia circolare, promuovere iniziative dal basso (concorsi di idee, finanziamenti per le start-up).

Nel favorire la sharing economy, invece, ricoprono un ruolo importante i consumatori: la creazione di reti locali di consumo collaborativo riduce i costi di acquisto e utilizzo dei prodotti favorendo la coesione sociale tra i cittadini. Anche le imprese possono fare la loro parte proponendo modelli di business basati su abbonamento e noleggio anziché sulla proprietà.

E ancora, la formazione universitaria che ha il dovere di promuovere l’innovazione e lo studio delle pratiche circolari, facendo da trait d’union tra le nuove soluzioni e l’impresa e le società finanziarie che dovrebbero costruire un quadro uniforme di linee guida per identificare, selezionare e finanziare iniziative basate su nuovi modelli di business circolari. Infine i media, che si occuperebbero della promozione delle attività circolari tramite storie virtuose che incoraggino i consumi sostenibili e un ciclo di vita più lungo delle risorse.

Why – i benefici dell’economia circolare in città

Il Collaborating centre on sustainable consumption, istituto partner delle Nazioni Unite e della Commissione europea, ci presenta un elenco di benefici dell’economia circolare per le città e gli agglomerati umani. Con l’applicazione di modelli circolari si avrebbe infatti un aumento del reddito medio per le famiglie dell’UE di 3.000 euro, ovvero dell’11% in più; riduzione delle emissioni inquinanti del 44%; miglioramento della vivibilità e della qualità dell’aria; maggiori opportunità di lavoro in settori nuovi come manutenzione predittiva e logistica inversa; infine – aspetto più importante – un miglioramento complessivo della salute degli abitanti.

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