Micromobilità, la via sostenibile per percorrere primo e ultimo miglio

I mezzi della micromobilità, dalle biciclette ai monopattini, possono rappresentare la soluzione sia per muoversi nei centri urbani, sia per trasporti più sostenibili e Green. Quale ruolo per le tecnologie digitali?

Immagine distribuita da PxHere con licenza CC0

Monopattini, biciclette, scooter. Ma anche hoverboard, segway, monowheel. La cosiddetta micromobilità è la mobilità relativa a percorsi e distanze brevi, principalmente in città, caratterizzata dall’uso di mezzi di trasporto poco ingombranti e potenzialmente meno inquinanti di quelli tradizionali.

I mezzi della micromobilità funzionano a energia elettrica, muscolare, o con basse quantità e consumi di carburante, per cui possono rappresentare la soluzione sia per viaggiare sia per trasporti più sostenibili e Green.

Soprattutto in città, spesso gli individui non hanno bisogno di muoversi a grande velocità, specie nelle metropoli congestionate di oggi, perché si spostano per brevi o brevissimi tragitti. Ciò di cui hanno sempre più bisogno invece è risparmiare tempo e denaro, “nel quadro di una riduzione complessiva degli impatti della mobilità sull’ambiente e sulla salute, insieme a un utilizzo più efficiente dello spazio stradale esistente”, sottolinea Raimondo Orsini, coordinatore dell’Osservatorio Nazionale Sharing Mobility, già recentemente intervenuto tra le pagine di Tech Economy 2030.

Per questo, “chi si muove chiede sempre più intermodalità e soluzioni per il cosiddetto primo e ultimo miglio”, complementari ai sistemi di trasporto tradizionali, come treno, metropolitana, bus, eccetera. Ecco che “l’uso di veicoli di piccolo peso e ingombro, a zero emissioni, facilmente condivisibili come lo sono i dispositivi di micromobilità, rappresenta un’opportunità strategica per promuovere una mobilità sempre più sostenibile”.

Muoversi con più leggerezza e meno (o zero) emissioni

“La tendenza all’affermazione dei veicoli leggeri in sharing è oramai una realtà”, aveva dichiarato Raimondo Orsini, coordinatore dell’Osservatorio Nazionale Sharing Mobility, a Tech Economy 2030. “Ancora pochi anni fa sembrava una affermazione da visionari quando, come Osservatorio, avevamo previsto questa tendenza, dandogli anche un nome: ‘muoversi con leggerezza’”.

Più condivisione, meno peso, meno spazio occupato, meno inquinamento, infatti, secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale Sharing Mobility il peso medio del veicolo condiviso in Italia si è ridotto di circa un quarto nell’arco di 5 anni, passando da circa 400 Kg ai 120 Kg attuali. Il 90% del totale dei veicoli in sharing presenti in Italia è costituito da biciclette, scooter e monopattini, che rappresentano 9 noleggi su 10 e il 50% delle percorrenze totali in sharing.

Delle 110 città capoluogo di provincia italiane in circa 1 su 3 (38 città) è presente almeno un servizio di micromobilità in sharing, secondo l’ultimo report sul settore dell’Osservatorio Nazionale Sharing Mobility. Il più diffuso è il bikesharing station-based (26 città), seguito dai monopattini in sharing (38 servizi in 17 città), dal bikesharing freefloating (13 servizi in 12 città) e dallo scootersharing, che è presente solamente in 4 città.

Viva la micromobilità, meglio ancora se in sharing

Per quanto riguarda le singole città, Milano primeggia con 14 servizi di micromobilità in sharing, segue Roma con 11 e Torino con 7. Le città con un solo servizio attivo sono 21, di cui la gran parte dispongono del bikesharing station-based. Sempre a proposito di bikesharing, come già detto nell’articolo dedicato alla Sharing mobility, nel giro dell’ultimo anno sono 1.300 le biciclette in sharing in più nelle città italiane, con la quota delle elettriche che ha oramai superato il 30% del totale.

Lo scootersharing negli ultimi 12 mesi ha fatto registrare risultati positivi: da una parte l’offerta di veicoli e iscrizioni aumenta (+ 45% e +30%) dall’altra, in termini d’utilizzo, lo scootersharing è il servizio, tra quelli già presenti e consolidati nel 2019, che perde meno noleggi su base annua (-25%), in questo periodo condizionato dalla pandemia mondiale, che ha ridotto in generale il numero e il volume dei trasporti. Si tratta poi di un servizio che è ormai quasi interamente elettrificato, e la cui diffusione territoriale coinvolge prevalentemente le grandi città italiane (Roma, Milano, Torino, Genova, Firenze), dove è molto intenso anche l’uso dello scooter di proprietà, e ne rappresenta un’alternativa.

Il monopattino ha cambiato la sharing mobility in Italia

Avevamo già parlato, qui su Tech Economy 2030, del grande impatto del monopattino in condivisione sulla sharing mobility italiana. Oramai, infatti, un veicolo condiviso su 3 è un monopattino. Arrivati in Italia sul finire del 2019, i servizi di monopattino in sharing realizzano numeri senza precedenti nell’anno della pandemia, diventando in 12 mesi il servizio più diffuso in Italia, quello più presente nelle città del Sud, quello con più veicoli operativi sulle strade, nonché quello che realizza il maggior numero di noleggi nel 2020: 7,4 milioni, e 14,4 milioni di chilometri percorsi.

Questa novità, anche tenendo conto della congiuntura molto negativa, “non ha precedenti nel panorama della sharing mobility italiana per proporzioni”, evidenzia l’analisi del settore realizzata dall’Osservatorio Nazionale, “ha portato anche alla ribalta la scarsità delle infrastrutture disponibili, l’assenza di parcheggi dedicati per i mezzi più leggeri, e la necessità di governare il sistema della mobilità urbana, garantendo spazio e sicurezza a tutte le modalità e i mezzi di trasporto”.

Micromobilità: ci sono anche alcuni nodi da sciogliere

La micromobilità rappresenta un nuovo tassello all’interno di un sistema di trasporti più moderno e funzionale, ma comprende anche alcune criticità e nodi da sciogliere. Alcuni di questi riguardano la questione della sicurezza e anche della ‘sosta selvaggia’. Le regole e le normative che sono state adottate in Italia di recente potrebbero assicurare un livello di sicurezza adeguato, in linea con gli standard di molti altri Paesi europei.

Il problema fondamentale sta nel fatto che queste regole – ad esempio, il divieto di circolazione ai minori di 14 anni, il casco obbligatorio tra i 14 e i 18 anni, il divieto di circolazione in due persone e i limiti di velocità e utilizzo di mezzi a norma di legge – spesso non vengono di fatto rispettate e le relative sanzioni non vengono erogate. Si diffonde così la percezione che le regole non ci siano o comunque non siano necessarie. Al di là di qualche miglioramento tecnico, ad esempio l’introduzione degli indicatori di direzione nei veicoli (le cosiddette ‘frecce’), per una maggiore sicurezza sarebbe sufficiente mettere in campo azioni decise per far rispettare le regole che già ci sono.

Per combattere la ‘sosta selvaggia’ va invece promosso il principio per cui la sosta di ogni genere di velocipede, dalle biciclette ai monopattini, debba avvenire in aree dedicate, e non come accade oggi dove capita sui marciapiedi, ma queste aree riservate lungo le strade e in spazi appositi, ad esempio per i monopattini, vanno ancora definite e realizzate.

C’è poi da affrontare e risolvere la questione dello smaltimento o del riciclo delle batterie dei veicoli elettrici e dei sistemi di accumulo. L’aumento della produzione di queste batterie, insieme alle nuove e spesso diverse direttive sui rifiuti emanate dai vari Paesi, rendono il riciclo una priorità per approcciare al meglio problemi ambientali ed economici. È innanzitutto necessario riuscire a gestire la montagna di celle di scarto, che in futuro aumenterà sempre di più. Ma oltre alla tutela ambientale, alla base c’è anche la questione economica: le batterie contengono costosi materiali rari, come litio, cobalto e nickel. E, ad esempio, delle 180mila tonnellate di batterie agli ioni di litio disponibili in tutto il mondo nel 2019, poco più della metà sono state riciclate.

Le tecnologie digitali sono la mente e il braccio della micromobilità condivisa

Cosa sarebbe la micromobilità condivisa senza le tecnologie digitali? Sarebbe come una risorsa dalle grandi potenzialità, che non ha gli strumenti giusti per funzionare e per svilupparsi. Come ogni sistema e attività di Sharing – e della cosiddetta Sharing Economy, di cui il settore Mobility è una delle tante componenti –, le piattaforme e le App digitali sono alla base del suo funzionamento.

Sono ‘la mente’ e ‘il braccio’ della micromobilità condivisa, per cui i vari mezzi sparsi e disponibili sul territorio sono monitorati e tracciati in tempo reale, attraverso software dedicati e sistemi di intelligenza artificiale, e vengono gestiti, attivati, parcheggiati, attraverso App e strumenti digitali, che collegano piattaforme virtuali in Cloud con gli smartphone degli utenti.

Anche i sistemi di pagamento elettronici e digitali svolgono un ruolo essenziale per il funzionamento di tutto il meccanismo, in quanto alcuni servizi di micromobilità in sharing sono gratuiti, ma altri funzionano con carte di credito, abbonamenti digitali e altre forme di pagamento attivabili attraverso altre App e con gli smartphone.

Data analytics e Artificial intelligence permettono non solo di gestire i singoli mezzi di trasporto, ma più in generale l’intero sistema, evidenziando ad esempio quali siano le richieste e quindi le necessità degli utenti di trasporto, quali sono le zone e le aree in cui si concentra maggiore domanda, mentre dati e analisi sono utili e preziosi anche per mettere in collegamento e per integrare il mondo della micromobilità con quello più grande e allargato dei trasporti intermodali, che prevede quindi l’utilizzo anche di altri mezzi. Se la micromobilità può rappresentare la soluzione pratica e Green per percorrere ‘primo e ultimo miglio’, le risorse e tecnologie digitali sono in grado di far funzionare al meglio tutti gli anelli della catena dei trasporti.

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