Negli allevamenti sempre più digitale e meno antibiotici

Le tecnologie possono aiutare a ridurre ulteriormente l’uso di antibiotici in allevamento. Del resto, come tutti sappiamo, prevenire è meglio che curare

Negli ultimi dieci anni, il consumo di antibiotici negli allevamenti italiani si è ridotto del 43%, come confermano le puntuali verifiche delle autorità sanitarie europee. Molti i fattori che hanno contribuito a un risultato così importante, fondamentale per la lotta all’antibiotico-resistenza.

Fra questi, la maggiore consapevolezza dei rischi legati all’uso non corretto degli antibiotici, ma un ruolo importante lo hanno svolto anche le tecnologie digitali. Quale sia il loro ruolo è presto detto. Curare, a questo servono gli antibiotici, non è la strada migliore, meglio prevenire, come ben si sa. Ed è in questo campo che le innovazioni tecnologiche danno un aiuto importante. Vediamo come.

Prendiamo il caso di un allevamento di bovine da latte. A dispetto di quanto comunemente si immagina, questi allevamenti sono a “stabulazione libera”, in altre parole gli animali sono liberi di muoversi sia all’interno della stalla, sia nei recinti esterni adiacenti. Animali che ogni giorno l’allevatore deve controllare per verificarne lo stato di salute, osservando eventuali situazioni di rischio.

Molti i possibili “acciacchi”: zoppie, mastiti, qualche dismetabolia e via di questo passo. Il momento della mungitura, due volte al giorno, è una buona occasione per fare questi controlli. Ma non basta. Un’inappetenza può passare inosservata, un problema al sistema digerente non è facile da individuare, come pure un comportamento diverso dal solito o una certa irrequietezza (che potrebbe indicare il momento opportuno per la fecondazione), non sono facili da cogliere.

Svolgere tutte queste attività su animali che si muovono a loro piacimento è un lavoro laborioso e impegnativo. Come pure è difficile per il veterinario aziendale rintracciare nel gruppo un animale piuttosto che un altro, avendo come unico riferimento un numero applicato su un orecchino (si chiamano targhette auricolari) o sul collare.

È qui che entrano in ballo le tecnologie digitali, che al collare oppure all’orecchino abbinano un transponder che, dialogando con una centralina posta in allevamento, consente di individuare con precisione ogni singolo animale. Abbinati a sensori di movimento, questi strumenti ci diranno se l’animale si muove in modo “normale” o meno, se gli atti di ruminazione sono nella norma, se si alimenta in modo corretto e con regolarità accedendo agli alimentatori automatici.

Gli animali sui quali i sensori percepiscono un’anomalia, segnaleranno il problema a un’unità centrale, che a sua volta può essere collegata a uno strumento di mobilità (un tablet o uno smartphone), evidenziando l’animale problema (e il suo eventuale gruppo di appartenenza). A questo punto l’allevatore, o il veterinario aziendale a seconda dei casi, si troveranno nella necessità di individuare l’animale all’interno della struttura di allevamento. E quando gli animali sono molti e in movimento il compito è tutt’altro che agevole e veloce.

A questa finalità di individuazione possono concorrere due diverse tecnologie, wireless e Gps, applicabili indifferentemente sia ai collari sia alle targhette auricolari. Il ricorso alla tecnologia Gps, la stessa utilizzata da un comune navigatore, può dare con sufficiente precisione la posizione dell’animale sull’area rappresentata da una mappa.

La sua utilità, come intuibile, è massima per gli animali al pascolo. Nel caso della stabulazione libera può essere più efficace una segnalazione luminosa, ottenibile con un led applicato agli “orecchini”, che si illumina solo per gli animali da controllare. Un semplice colpo d’occhio consentirà di individuare i soggetti sui quali concentrare l’attenzione.

Un intervento tempestivo, grazie alla segnalazione prima e alla individuazione dell’animale poi, consentirà di risolvere sul nascere eventuali situazioni che altrimenti potrebbero degenerare in patologie conclamate. Si eviterà così il ricorso alle terapie e all’uso di antibiotici, migliorando al contempo i conti dell’azienda zootecnica, visto che un animale ammalato costa due volte. Alla mancata produzione si aggiungono infatti i costi delle terapie.

Questi sistemi di monitoraggio, che hanno il vantaggio di avere una lunghissima autonomia di funzionamento (anche alcuni anni), svolgono per di più altre funzioni di controllo di carattere manageriale. Produzioni e consumi sono verificati con precisione e puntualità. Pur con qualche laboriosità (che si spera presto risolta) possono interfacciarsi con i dati che è necessario comunicare all’amministrazione pubblica.

Ogni stalla e ogni animale va infatti iscritto nella banca dati nazionale zootecnica attraverso procedure informatiche. Dati e informazioni che si aggiungono alle numerose certificazioni volontarie che attestano la qualità delle produzioni animali. Una mole di informazioni che solo con le tecnologie digitali è possibile “governare”. Anche per questo il loro impiego nelle stalle è in costante aumento. Si potrebbe dire: più digitale e meno antibiotici.

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