Le tecnologie digitali a supporto della decarbonizzazione e della circolarità delle filiere produttive e della logistica

Le aziende che puntano ad essere un modello nella lotta al cambiamento climatico devono innanzitutto rispondere a due esigenze: mappare l’origine delle emissioni all’interno della filiera produttiva, e studiare soluzioni che consentano il monitoraggio e la gestione del prodotto anche una volta fuori dallo stabilimento produttivo

Immagine distribuita da Geopolitica con licenza CCO

Da molti anni è chiaro a tutti che l’impatto più forte sul clima deriva dalle emissioni connesse ad alcuni settori specifici, e che sono prevalentemente quello della produzione di energia e dei combustibili fossili, quello della mobilità (sia che si tratti di trasporto di merci o persone), e quello di alcuni settori industriali o manifatturieri che operano con forte incidenza su scala globale. Le imprese da diversi anni si stanno muovendo nella direzione della riduzione delle proprie emissioni fino a raggiungere l’impatto zero entro il 2050, tuttavia, chi è chiamato a governare tali processi si scontra con alcune significative difficoltà: innanzitutto gli alti costi della riconversione, i quali però non offrono garanzie di recupero degli investimenti nel medio o lungo periodo; parallelamente, il problema è legato all’esigenza di disporre di standard e dati comuni per costruire sistemi efficaci di riduzione delle emissioni, ed un ultimo aspetto è quello della difficoltà di coordinare le azioni della singola impresa con i vari stakeholder delle filiere di riferimento.

Tuttavia, le nuove tecnologie digitali, se ben coniugate con gli standard più diffusi di gestione delle emissioni da parte delle imprese, possono concretamente supportare la gestione anche di dati molto frammentati e dispersi tra più attori della filiera o tra i vari processi aziendali. Inoltre, possono risultare uno strumento decisivo per le imprese nello sviluppare nuove soluzioni o addirittura nuovi modelli di business che impattino in maniera minore sulle emissioni di gas serra.

Mappare e gestire l’origine delle emissioni: il GHG Protocol ed il Product Lifecycle Management (PLM)

La decarbonizzazione della catena di approvvigionamento, così come quella distributiva e commerciale stanno diventando un elemento fondamentale per le imprese per poter continuare ad operare, ma le aziende che puntano ad essere un modello nella lotta al cambiamento climatico devono innanzitutto rispondere a due esigenze: mappare l’origine delle emissioni all’interno della filiera produttiva, e studiare soluzioni che consentano il monitoraggio e la gestione del prodotto anche una volta fuori dallo stabilimento produttivo.

In questo scenario, due strumenti di analisi risultano prioritari: il Greenhouse Gas Protocol (GHG Protocol), divenuto oggi con i suoi “Scope” uno dei principali standard adottati per la rilevazione e certificazione delle emissioni di un’impresa; ed il più comune strumento del Product Lifecycle Management (PLM), grazie al quale mappare e gestire l’intero ciclo di vita del prodotto allo scopo di ridurre le esternalità ed in particolare quelle connesse alle emissioni inquinanti. Si tratta di due strumenti, tanto concettuali quanto operativi, oggigiorno indispensabili per costruire uno schema in grado di ridisegnare i processi aziendali e di filiera così da ridurre le emissioni di gas serra.

Lo “Scope 3” del GHG Protocol e l’esigenza di raccolta dei dati

Il GHG Protocol, attraverso lo “Scope 3”, analizza in maniera standardizzata le forme indirette di emissione dell’impresa, concentrandosi tra gli altri fattori in particolare sulle emissioni legate all’origine delle materie prime consumate per la produzione, sulla logistica in entrata e in uscita, sulle emissioni legate all’uso del prodotto e sul ciclo di recupero o dismissione del prodotto dopo l’uso. Finora le imprese si sono concentrate maggiormente sulle emissioni “Scope 1” e “Scope 2” del Greenhouse Gas (GHG) Protocol, che sono prodotte direttamente dalle aziende o indirettamente attraverso l’acquisto di energia. Oggi, tuttavia, sempre più organizzazioni si stanno impegnando a ridurre le loro emissioni Scope 3 generate nella catena del valore a monte e a valle. Questo è un grande passo, se si considera che per molte aziende lo Scope 3 rappresenta l’80% del proprio impatto climatico complessivo.

Come però riportato anche da una analisi di McKinsey, è difficile per le imprese affrontare il problema della raccolta e gestione dei dati, per poter implementare delle soluzioni effettive ed efficaci rispetto allo Scope 3. Per affrontare la carenza di dati nel monitoraggio delle emissioni alcune imprese si stanno già organizzando; su scala globale ad esempio attraverso il Value Chain Carbon Transparency Pathfinder per i beni di consumo a rapida movimentazione, lanciato dal World Business Council for Sustainable Development, oppure attraverso l’Open Footprint Forum nato dall’industria del petrolio e del gas.

Il Protocol Lifecycle Management (PLM) per la riduzione delle emissioni

Secondo quanto previsto dallo “Scope 3” del GHG Protocol, emerge un forte legame con la gestione del ciclo di vita del prodotto, in quanto il 30% delle emissioni totali nell’ambito dello Scope 3 deriva dall’ottimizzazione dei prodotti e della logistica per la loro gestione e trasporto. Ciò si può tradurre nella selezione di fornitori di materiali a basso contenuto di carbonio, nella riduzione e nell’efficientamento degli imballaggi e nel miglioramento dello stoccaggio dei beni da parte dei distributori.

Sicuramente l’impatto maggiore si può avere nella gestione più efficiente dei dati legando i sistemi di PLM a valle alle pratiche di procurement ed alla contabilità aziendale, mentre a valle del processo collegandole al calcolo del quantitativo di CO2 equivalente per singola unità di prodotto. A ciò andrebbero collegati una serie di sistemi di monitoraggio dei beni, a partire dalla loro distribuzione, fino alla presenza nel punto vendita ed al loro eventuale recupero dopo l’uso da parte del cliente; ciò consentirebbe di recuperare una parte del livello di emissioni dell’impresa mediante una pratica di riuso delle materie prime seconde o di rigenerazione dei prodotti.

Tecnologie digitali per l’economia circolare e la decarbonizzazione

Il management dei processi aziendali per la riduzione delle emissioni, una volta adottati i suddetti standard, necessita di strumenti nuovi per il monitoraggio dei dati e la gestione circolare delle filiere. Sono molte le soluzioni digitali che potrebbero favorire la decarbonizzazione, in particolare nell’ambito della gestione della supply chain così come negli altri scenari connessi alla logistica ed alla distribuzione delle imprese.

L’Intelligenza Artificiale tra management e packaging

In particolare, come evidenziato anche dal Boston Consulting Group, l’intelligenza artificiale può rappresentare la prima soluzione tecnologica per impattare sulle emissioni di gas serra aziendali. Ad esempio, l’AI può aiutare a raccogliere e gestire i dati provenienti dalle attività di procurement facilitando la selezione di fornitori in linea con i propri standard produttivi, ad essi può aggiungere e gestire i dati dell’attività produttiva finalizzati all’efficientamento della logistica in uscita evitando sprechi nella fase distributiva. Inoltre, la capacità predittiva dei sistemi di Intelligenza Artificiale può agevolare la stima delle future emissioni bilanciandole con l’acquisto di licenze di emissione sul mercato finanziario.

Allo stesso tempo, l’Intelligenza Artificiale adoperata per soluzioni Digital Twin può rappresentare uno strumento ideale per la riprogettazione dei prodotti e del packaging degli stessi; infatti, grazie ai sistemi di elaborazione avanzati basati sull’AI è possibile calcolare in tempo reale l’impatto delle singole scelte legate al design di prodotto, ed individuare anche le soluzioni ottimali per il loro confezionamento e distribuzione dando priorità a tutte quelle soluzioni a minor impatto ambientale.

Internet of Things (IoT) e Blockchain

Accanto all’intelligenza artificiale, per lo sviluppo di sistemi di economia circolare all’interno delle filiere, risulta centrale l’adozione di soluzioni IoT che possano tracciare le merci lungo l’intero ciclo di distribuzione, vendita e consumo, e che se combinate con strategie commerciali omnichannel, consentono di incentivare il recupero o restituzione del bene per il suo riciclo o reinserimento nel ciclo produttivo dell’impresa.

Parallelamente, a valle della supply chain, per tracciare i fornitori e certificarne qualità e livelli di emissioni delle singole materie prime, uno strumento ottimale risulta essere la tecnologia Blockchain. Quest’ultima, combinata con strumenti IoT, può certificare ogni passaggio della filiera tra fornitori ed impresa, consentendo di calcolare non i livelli medi, bensì gli effettivi livelli di incidenza sulla base del GHG Protocol di ogni materia prima impiegata, ed avendone la certificazione effettiva.

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