L’evento CoderDojo e l’impegno di HPE in ambito educational

Stefano Venturi, Amministratore Delegato del Gruppo Hewlett Packard Enterprise in Italia

Supporto alla cultura digitale e allo sviluppo di competenze IT, elementi senza i quali non potrà esserci digital transformation con effetti benefici sul tessuto imprenditoriale e sociale. E da dove partire se non dalla scuola, anche dando vita a iniziative speciali che possano avvicinare i ragazzi alle tecnologie?
Abbiamo chiesto a Stefano Venturi, Corporate VP e Amministratore Delegato del Gruppo Hewlett Packard Enterprise in Italia, di parlarci del ruolo dell’apprendimento in contesti non formali, importante non solo per gli studenti.

Lo scorso 27 febbraio HPE ha supportato l’evento CoderDojo presso il Liceo Statale Classico e Scientifico Democrito di Roma. Come è nata l’adesione a Coderdojo e qual è il contributo che HPE conta di dare all’iniziativa?

CoderDojo è un movimento globale no-profit nato nel 2011 in Irlanda, che ha come scopo la promozione del coding tra i ragazzi; in Italia, Hewlett Packard Enterprise è presente con tre centri CoderDojo a Milano, Roma e Bari, operativi da ormai due anni. Un CoderDojo è un club free e open dove i ragazzi dagli 8 ai 14 anni imparano, con il supporto di un gruppo di volontari, a usare le tecnologie digitali in modo consapevole, a programmare, presentare e condividere i propri lavori, a collaborare con gli altri. Nei suoi 50 anni di presenza in Italia, HPE è sempre stata animata da un profondo impegno nel sostenere il territorio e le comunità in cui essa è presente ed opera: crediamo che sia importante accompagnare i ragazzi nello sviluppo del pensiero computazionale e, per questo motivo, tutti i mesi ospitiamo gli studenti in eventi dedicati. Gli appuntamenti sono volti a promuovere il coding attraverso risorse specifiche, per esempio “scratch”, uno strumento visuale per sviluppare codici basato sul meccanismo dei mattoncini ad incastro; nelle classi dedicate al sensoring, inoltre, grazie a strumenti come le schede “makeymakey”, il making con “arduino” e la stampa 3D, avviamo i ragazzi più esperti verso i rudimenti della robotica.

Cosa serve alle scuole a livello di infrastrutture e competenze per aiutare davvero i ragazzi a cogliere le opportunità del digitale? 

Il secolo attuale è quello dell’alfabetizzazione digitale: la scuola ha il dovere di stimolare i ragazzi a capire il digitale oltre la sua superficie e cioè a non accontentarsi di utilizzare un sito web, un’app, un videogioco, ma anzi a progettarli. Pensare in termini computazionali significa applicare la logica per capire, controllare e sviluppare metodologie per risolvere i problemi e cogliere le opportunità, sia quelle offerte dalla società, sia quelle richieste dal mercato del lavoro odierno. Il modello della Buona Scuola ha già fatto dei passi significativi nel sostegno del pensiero computazionale, ma è necessario identificare uno specifico meccanismo di riconoscimento dei crediti formativi – sia per gli studenti che per i docenti – nonché mettere a punto un programma dedicato alla realizzazione di partnership pubblico-private per la creazione di infrastrutture in banda ultra-larga negli edifici scolastici. Soprattutto, è necessario mettere al centro del percorso scolastico cultura e competenze digitali, così da recuperare gradualmente il gap esistente con il resto dell’Europa e far fronte alla crescente richiesta di figure professionali con competenze in Information Technology di alto livello, anche in settori fuori dall’ICT.

3 tematiche che andrebbero sviluppate a scuola oltre il coding 

E’ importante innanzitutto realizzare un percorso formativo incentivante focalizzato sui Fondamenti di Cultura e Competenze digitali, sulla base delle discipline coinvolte; in secondo luogo, creare dei percorsi formativi specifici indirizzati agli insegnanti, volti a promuovere l’uso delle tecnologie assistite per favorire l’inclusione degli studenti disabili; infine, promuovere la scuola come vero e proprio “centro civico aperto” su cui far leva, anche al di fuori dell’orario scolastico, per corsi di formazione digitale per le famiglie, gli anziani e per le categorie di soggetti svantaggiati.

Il supporto a CoderDdojo si inserisce all’interno di una strategia aziendale più ampia orientata all’education: quale ruolo per aziende come HPE in questo contesto?

Contribuire al benessere del territorio da parte delle aziende è diventato oggi sempre più importante per tutte le realtà che, come HPE, sono fortemente motivate da un impegno di Responsabilità Sociale. E’ un dovere morale promuovere lo sviluppo e la crescita del nostro Paese, soprattutto per le generazioni nuove e future, con l’obiettivo di sostenerle e prepararle ad un mondo in cui le competenze digitali saranno alla base del mercato del lavoro e dell’interazione sociale. In Hewlett Packard Enterprise, attraverso l’impegno dei nostri volontari, ci rivolgiamo quindi agli studenti e agli insegnanti che desiderano approfondire le tematiche della programmazione. Inoltre, con l’obiettivo di incoraggiare i ragazzi ad utilizzare la rete avendo cura di se stessi e degli altri, dal 2014 abbiamo aderito al progetto Safer Internet Centre II – Generazioni Connesse. Attraverso il nostro programma “Safe2Web”, i volontari HPE offrono eventi formativi nelle scuole – destinati a genitori, insegnanti e ragazzi – per diffondere la cultura del rispetto e la sensibilizzazione all’uso responsabile delle nuove tecnologie, due fattori imprescindibili per la costruzione di una cultura della cittadinanza digitale.

Perché oggi parlare di education in ottica di digital transformation è sempre più una priorità anche per le imprese oltre che per la PA? 

Il mondo di oggi si evolve alla velocità dell’immaginazione. Attraverso la trasformazione digitale è oggi possibile ampliare, o addirittura inventare, nuovi segmenti di mercato semplicemente avendo una buona idea e realizzandola in modo veloce ed immediato, grazie all’accesso a servizi ed infrastrutture acquistabili dovunque ci si trovi, tramite pagamenti online. Tutto ciò, fino a pochi anni fa, era impensabile. E’ questa l’Economia delle Idee, quella che si basa sulla accelerazione delle start-up, sulla potenzialità di coinvolgimento collettivo offerte dal crowdfunding, sullo sviluppo dell’innovazione attraverso il Cloud, la Sicurezza, i Big Data ed il Workplace. Questi sono, infatti, i nuovi fattori evolutivi del mercato, da cui non è possibile prescindere: ormai il business, qualsiasi tipo di business, non può fare a meno di tenerli in considerazione se vuole rispondere in maniera puntuale e specifica alle esigenze dei propri clienti. La formazione, in particolare, diventa un elemento abilitante per le nuove tecnologie, in un costante processo di evoluzione ed aggiornamento. Sono soprattutto i grandi player, come ad esempio la PA, ad avere necessità di adattarsi al nuovo modello: dotati di grandi infrastrutture che rispondono però a canoni tecnologici ormai inadatti, questi player devono avere l’obiettivo prioritario di trasformarsi e di migrare a modelli più flessibili, agili, capaci di rilasciare soluzioni e risolvere problemi in poche ore, non più mesi, stando così al passo con la velocità delle idee. Le strutture informatiche delle grandi organizzazioni, infatti, risultano oggi anacronistiche e, soprattutto, impossibilitate a rispondere rapidamente alle esigenze di un mercato in continua evoluzione: questo può tradursi in difficoltà competitive, anche rispetto a player minori, ma più agili e veloci. In questo scenario, i modelli ibridi rappresentano indubbiamente la soluzione migliore e Hewlett Packard Enterprise è profondamente impegnata nel sostenere PA e imprese in questo passaggio necessario e prioritario.

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