Capire la rete per viverla meglio, fin dalle scuole: intervista a Domenico Laforenza

Sono passati 30 anni dalla nascita di Registro .it, l’anagrafe dei nomi a dominio .it: una data importante, che vedrà i festeggiamenti ufficiali il 24 novembre alla Pelota di Milano. Dopo la vision di Daniele Vannozzi, Responsabile dell’Unità Operazioni e Servizi ai Registrar che ripercorre storia ed evoluzioni di Registro .it, Domenico Laforenza, direttore dell’Istituto di Informatica e Telematica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e Responsabile del Registro .it dal 1 luglio 2008, parla di futuro e nuove sfide.

30 anni di nomi a dominio .it: qual è il bilancio generale per il nostro Paese?

Per rispondere a questa domanda occorre prima fare una premessa: fino all’anno scorso le 3 categorie principali di nomi a dominio –  country-code Top Level Domain (ccTLD), generic TLD e new gTLD – contavano circa 329M di registrazioni e, di queste, ben 127M erano sotto il .com. Tutti i nomi a dominio gestiti ccTLD classificati nel mondo erano invece 143M, mentre 6M erano i “new”. Questo per avere un’idea delle “dimensioni” del mercato di cui stiamo parlando. Ora, soffermandoci solo sui numeri dei ccTLD, l’Italia si piazza al decimo posto a livello ccTLD mondiali e al quinto posto a livello europeo, con oltre 3M di nomi a dominio .it su 61M di abitanti. A livello mondiale al primo posto si trova ovviamente la Cina (.cn) con 21 milioni di nomi a dominio e una popolazione di 1,4 miliardi di abitanti, il che vuole dire bassa penetrazione. La Germania (.de) conta 82M di abitanti e 18M di nomi a dominio, quindi 6 volte l’Italia. L’Olanda (.nl) conta 17M abitanti e 6M di nomi a dominio, quindi è 2 volte l’Italia pur avendo un terzo della popolazione. Il .eu, infine, conta circa 3.7-3.8M sugli abitanti di tutta Europa, che sono 743M, registrando quindi una bassa penetrazione. Secondo i dati rilevati a maggio 2017, infine, il mercato italiano risulta per il 44% in mano al .com, per il 33% in mano al .it mentre gli altri TLD si dividono il restante 23% (13% altri gTLD, 8% altri ccTLD, 2% nuovi gTLD). Passando ai dati di crescita, si rileva che il .it nel 2017 è cresciuto del 4.7%. Nello stesso periodo la Svezia (.se) è cresciuta del 3,6%, la Spagna (.es) del 2,5%, la Francia (.fr) del 2.2%, la Germania (.de) dello 0,6% e la Gran Bretagna (.uk) del -1,1%.

Chi è che registra un dominio .it oggi?

Prendiamo a titolo di esempio gli oltre 416.760 domini registrati da inizio 2017 a oggi da parte di oltre 332.240 registranti italiani: oltre la metà è costituito da aziende, circa il 40% da persone fisiche, il 7% da liberi professionisti, il 2,3% da enti no profit, l’1,2% da altri soggetti, lo 0,4% da enti pubblici. A questi si aggiungono circa 19.500 domini registrati dell’Europa del nord, ~4.200 dall’Europa dell’est, ~50.300 dall’Europa dell’ovest, ~10.250 dal sud Europa, 13 dall’Africa, 84 dalle Americhe, 44 dall’Asia e 58 dall’Oceania.

Quali sono gli spazi di manovra per la crescita del .it?

C’è da dire che l’Italia sconta un divario digitale non indifferente dovuto alla scarsità di competenze digitali e di formazione, nelle scuole e in azienda, sui temi del digitale. Ma gli spazi di crescita ci sono. L’indagine “Digitale e web nelle micro imprese italiane” commissionata da Registro .it alla società Pragma a fine 2016, ha inoltre permesso di scoprire che il 33% delle micro imprese italiane non ha ancora un nome a dominio – di alcun tipo – mentre il 67% ne ha almeno uno. Inoltre il 91% del campione non usa il nome a dominio come moderno veicolo per avviare e-commerce ma soltanto come sito vetrina per messaggi e posta elettronica. Tuttavia di quel 67% il 73% preferisce il .it al .com e ad altri. Altro caso le partite iva: in Italia sono 8 milioni, di cui 6 “attive” eppure poco presenti online. Ora, se tutte queste realtà dovessero decidere di crescere in termini digitali e adottare il .it, marchio distintivo che caratterizza il “Made in Italy”, i nostri numeri andrebbero a superare persino quelli dell’Olanda.

Quali sono le misure che intendete adottare o avete adottato in tal senso?

Ci muoviamo lungo due direttrici principali. La prima è quella della cura dell’affidabilità e della trasparenza del dato: da una parte abbiamo dei Registrar che sono obbligati a rispettare i requisiti soggettivi previsti dalla nostra regolamentazione; dall’altra lavoriamo a stretto contatto con Unioncamere, Infocamere, Polizia Postale in un lavoro incrociato di prevenzione affinché i nostri dati, conservati e trattati da noi, siano sempre accurati e di qualità e non possa esserne fatto un uso illecito, dal phishing allo spamming fino al cybersquatting.

La seconda è la sicurezza del DNS: durante la risoluzione del nome a dominio, ovvero la traduzione della stringa di caratteri in nome, il sistema del DNS si dota di memoria cache. Ora, esiste una attività illecita, un attacco informatico ai server, chiamata “cache poisoning” che  “avvelena” la cache e porta gli utenti a un indirizzo sbagliato. Grazie invece al DNSSEC (Domain Name System Security Extensions) è possibile autenticare l’effettiva origine e correttezza dei dati DNS. Noi abbiamo appena terminato di sviluppare internamente tutta la tecnologia utile, per cui a breve ogni Registrar potrà lavorare su questo e firmare digitalmente il suo portafogli di nomi a dominio utilizzando il DNSSEC.

Qual è l’obiettivo ultimo di Registro?

Si potrebbe erroneamente pensare che il nostro unico interesse sia quello di aumentare semplicemente il numero dei nomi a dominio .it. In realtà Registro .it, anche per la natura “pubblica” del CNR che lo gestisce, ha a cuore prima di tutto la diffusione della cultura di Internet che ha esso stesso contributo a portare in Italia. Non basta far crescere il numero dei nomi a dominio .it se non promuoviamo, parallelamente, una cultura, un uso corretto e intelligente della rete a partire dai più giovani, perché saranno loro i protagonisti del futuro sociale ed economico del nostro Paese.

Può farci qualche esempio di progetto che avete portato avanti?

Certamente. Uno di questi è la Ludoteca, un’iniziativa gratuita e aperta a tutte le scuole italiane sulla cultura evoluta e consapevole di Internet che aiuta i piccoli utenti della rete a prendere coscienza del funzionamento, delle problematiche e delle opportunità connesse al mondo digitale. Al suo interno ci sono diversi giochi educativi, come Internetopoli, un’applicazione multimediale compatibile con la Lim, dedicata ai bambini delle scuole elementari e medie, che rappresenta la rete come una città, con gli indirizzi, i luoghi e le persone che la popolano ogni giorno, dove occorre imparare ad orientarsi per evitare rischi godendosi il paesaggio e arrivare a destinazione in sicurezza. Un altro progetto tecnologicamente più complesso è Mib-My Information Bubble, un’applicazione eseguibile sui più popolari motori di ricerca e social network in grado di restituire agli utenti il controllo sulla raggiungibilità, l’autenticità e la pertinenza delle informazioni disponibili sui social media e sul web. Diversi altri progetti riguardano invece le PMI, zoccolo duro dell’economia nazionale: uno per tutti la competizione .itCup Registro, appena conclusa, destinata alle startup.

In che misura il .it è legato all’Italia, oltre al fatto della pura appartenenza geografica?

Il .it è un marchio distintivo che rappresenta storicamente il Made in Italy ed è nostro interesse che il nostro artigianato, la nostra manifattura, i nostri prodotti in generale siano rappresentati da un dominio ccTLD che comunichi sicurezza e affidabilità dei Registranti e dei dati. Registro .it è in grado di offrire queste garanzie. Inoltre attraverso il CIR, Comitato consultivo di Indirizzo di Registro, si decide ogni anno come destinare gli eventuali fondi residuali (Registro lavora a costo e non può guadagnare). Solitamente vengono scelti progetti che abbiano a che fare con il mondo di internet e del digitale ma in passato abbiamo deciso di destinarli anche in altro modo: è il caso del rifacimento delle aule scolastiche di Paganica in Abruzzo dopo il terremoto del 2009 e quelle di Rocchetta di Vara e Vernazza nelle Cinque Terre, a seguito dell’alluvione del 2011. E anche per quest’anno abbiamo attivato una consultazione per una destinazione simile.

Perché il .it è il dominio del nostro Paese e la rete è sociale ancor prima che digitale: occorre quindi ripartire dalla formazione nelle scuole per far sì che tutti i cittadini acquisiscano consapevolezza a un suo uso corretto e intelligente, a vantaggio di tutti.

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