Dalle app al Nobel, contro fame e spreco alimentare

Oggi è la Giornata Nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare, piaga globale che crea problemi ben più gravi di quanto si pensi, a livello sociale, ambientale ed economico. Vediamo qualche idea ed iniziativa, anche ovviamente in ambito digitale, per combatterla

Waste Warriors è un’organizzazione non governativa che, dal 2012, si occupa di raccolta di rifiuti e di consulenza sulla loro gestione in diverse parti dell’India; fondata da Jodie Underhill e Taashi Pareek, ha supportato nello smaltimento le organizzazioni di numerosi grandi eventi.

A questa corrente di pensiero, che dovrebbe trasformarsi in un credo globale per arginare gli sprechi alimentari e salvaguardare il pianeta, con valenza sia economica che ambientale, appartiene il team italiano di Too Good To Go, servizio – disponibile su Google Play e App Store – che ha messo in rete negozi, ristoranti, hotel, supermercati (8.364 ora sull’app) per ridurre numeri come i 20 milioni di tonnellate di cibo che ogni anno si buttano in Italia, corrispondenti, in termini di spesa, a 15 miliardi di euro, l’equivalente dello 0.9% del nostro PIL.

Parecchie iniziative analoghe hanno cominciato a punteggiare il web, e anche la grande distribuzione dimostra sensibilità. Carrefour, ad esempio, è stata la prima in Italia ad aderire a Too Good To Go, mentre Lidl guarda verso un futuro a spreco zero prevenendo eccedenze attraverso ordini calibrati, esposizione e sconti mirati con l’app Myfoody, divulgando i buoni consigli del Ministero della Salute e donando cibo agli enti caritativi che collaborano con la Rete Banco Alimentare.

La giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare

Lo studio di Waste Watcher, il primo osservatorio nazionale sugli sprechi alimentari, condotto con l’Università di Bologna e Last Minute Market su dati Ipsos, rilancia cifre “fresche” sullo spreco alimentare delle famiglie italiane: al primo posto si trovano i rifiuti della frutta (37%) e, passando per vari ortaggi, al quarto il pane (21%), a pari merito con l’insalata. Come si colloca geograficamente lo spreco in italia? Rispetto alla media nazionale, risulta più virtuoso, se così si può dire, il Nord (-8%), seguìto dal Centro (-7%), e Sud (+15%).

La domanda successiva è quella più ovvia: perché tanta parte della spesa – che si paga – finisce così spesso nel bidone delle immondizie? Ebbene, il 46% degli intervistati ammette dimenticanza e conseguente scadenza, il 42% constata un rapido deterioramento di frutta e verdura acquistate da frigo, il 31% afferma che il cibo che viene venduto è già vecchio, il 29% ammette di eccedere nelle compere e il 28%, a ruota, confessa di calcolare male la lista delle necessità.

Questo malcostume si traduce immediatamente in spreco di denaro, aumento dei rifiuti e dell’inquinamento, diseducazione nelle giovani generazioni, ma non servirebbe grande impegno per raddrizzare la situazione, analizzando i semplici, se non futili, motivi sopra illustrati, per i quali gettiamo così tanto. Controlliamo le date di scadenza, compriamo con la testa e non con gli occhi, riscopriamo la creatività delle nonne e riutilizziamo gli avanzi, tanto per cominciare.

Lo studio è stato presentato nell’ambito della Giornata Nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare, giunta ormai all’ottava edizione. Un appuntamento consolidato per l’agenda dello sviluppo sostenibile e, nei mesi ancora convulsi della pandemia, una data importante per guardare alla prevenzione e riduzione degli sprechi come elemento chiave per presidiare la salute dell’uomo e dell’ambiente. Come sempre l’iniziativa, con la campagna Spreco Zero è svolta in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente e inoltre con il patrocinio del Ministero degli Affari Esteri, del World Food Programme Italia, di ANCI e della rete di Comuni Sprecozero.net.

L’impegno per lo sviluppo sostenibile e la prevenzione degli sprechi – spiega Andrea Segrè, fondatore Last Minute Market e promotore Giornata Nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare, unico relatore italiano agli eventi 2020 della Giornata internazionale di consapevolezza dello spreco alimentare proclamata dalle Nazioni Unite – passa anche attraverso il monitoraggio dei comportamenti e quindi attraverso i dati. Questa svolta culturale è un passaggio obbligato per la riduzione dello spreco alimentare domestico, che incide per il 50% circa dello spreco complessivo del cibo sul pianeta. I 17 Obiettivi di sostenibilità delle Nazioni Unite sono davanti a noi e il decennio che si apre sarà determinante per coglierli: la prevenzione degli sprechi e lo sviluppo sostenibile devono coinvolgere l’impegno congiunto delle governance e dei cittadini del pianeta

Lo spreco a livello mondiale

In tutto il mondo si gettano 1.555 milioni di tonnellate di cibo l’anno (BCG, 2018):

  • frutta e verdura: 644 milioni di tonnellate (42%)
  • cereali: 347 milioni di tonnellate (22%)
  • radici e tuberi: 275 milioni di tonnellate (18%)
  • latte e derivati: 143 milioni di tonnellate (9%)
  • carne: 74 milioni di tonnellate (5%)
  • semi oleosi e legumi: 50 milioni di tonnellate (3%)
  • pesce: 22 milioni di tonnellate (1%).

Senza annegare nei numeri, la sintesi è che su circa 4.678 milioni di tonnellate di cibo prodotti in tutto il mondo, ne viene sprecato un terzo ogni anno; nel peggiore dei casi finiscono in discarica o inceneritore e solo la metà viene riciclato in biogas, compost o alimenti per animali in Europa. Entro il 2035, l’UE vuole arrivare al recupero del 65% di tutta la spazzatura municipale (European Commission, 2018), indirizzato nelle tre possibilità sopra indicate, e passi per arrivare a questo traguardo sono anche quelli piccoli, ma nella direzione giusta, che si possono fare in casa.

L’importanza del tema alimentare, che vede ancora oggi la lacerante, irrisolta contrapposizione tra affamati e spreconi, è testimoniata dalla recente assegnazione del Nobel per la Pace al World Food Programme (WFP), l’agenzia dell’Onu per la solidarietà internazionale nella lotta contro la fame, scelta tra le 318 candidature (211 persone e 107 organizzazioni) arrivate per il 2020.

Le parole di David Beasley (WFP)

Nel discorso in occasione della consegna del premio, il direttore esecutivo del WFP, David Beasley ha ricordato l’importanza di un impegno collettivo per «porre fine alla fame nel mondo per tutti i 690 milioni di persone che vanno a letto affamate ogni sera», interpretando il Nobel non solo come un ringraziamento al WFP, ma soprattutto come «invito ad agire: a causa di così tanti conflitti, del cambiamento climatico, del vasto uso della fame come arma politica e militare, e di una pandemia mondiale che peggiora il tutto in modo esponenziale, 270 milioni di persone stanno avvicinandosi sempre di più all’inedia. Se non si risponde ai loro bisogni, la pandemia della fame che ne conseguirà farà impallidire l’impatto del Covid-19. E se questo non fosse già abbastanza, di questi 270 milioni di persone, 30 milioni contano su di noi al 100 percento per la loro sopravvivenza. L’umanità, come risponderà?».

Parole semplici e forti, quelle di Beasley: «Ci troviamo in quello che potrebbe essere considerato il più ironico dei momenti nella storia moderna. Da una parte – dopo secoli di passi da giganti nell’eliminazione della povertà estrema, oggi ci troviamo con 270 milioni di persone, il nostro prossimo, sull’orlo dell’inedia. Più dell’intera popolazione dell’Europa occidentale. Dall’altra parte, ci sono 400.000 miliardi di dollari di ricchezza nel nostro mondo oggi. Anche nel picco della pandemia di Covid, in soli 90 giorni la ricchezza è aumentata di 2.700 miliardi di dollari. Mentre noi abbiamo bisogno solo di 5 miliardi di dollari per salvare 30 milioni di vite dalla carestia. C’è chiaramente qualcosa che non capisco».

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