Gli Impatti dell’Intelligenza Artificiale sulla Decarbonizzazione

L'impatto carbonico dell'Intelligenza artificiale è sicuramente importante, come uno studio del MIT ha potuto dimostrare: tuttavia, una volta ottimizzati i suoi consumi, il suo impiego potrebbe fornire un contributo fondamentale per gli obiettivi di decarbonizzazione

Quando si parla dell’Intelligenza Artificiale e delle sue applicazioni ci si sofferma quasi sempre sulla precisione degli algoritmi e sulle possibilità che essa offre per diversi settori e attività. Tuttavia, per funzionare, un’Intelligenza Artificiale richiede grosse quantità di elettricità, il che la rende una tecnologia particolarmente emissiva con possibili ripercussioni sull’ambiente.

Tale aspetto viene spesso trascurato e solo recentemente sono emerse delle analisi in grado di quantificare le emissioni prodotte dall’AI delineandone un profilo abbastanza preciso e che merita di essere esaminato anche tra le pagine di TechEconomy2030, fermo restando che questa tecnologia è comunque una forte alleata per la decarbonizzazione perché il suo impiego permette di risparmiare emissioni da altre attività altrettanto inquinanti.

L’impronta carbonica dell’AI: studi e previsioni

Da uno studio del MIT emerge che per allenare una sola intelligenza artificiale si producono tante emissioni quanto cinque automobili durante il proprio ciclo di vita, cioè poco meno di 290 tonnellate di CO2eq (valore medio). La ricerca analizza più approfonditamente il processo del deep learning focalizzandosi, in particolare, sugli algoritmi che cercano di insegnare alle macchine il linguaggio umano (per intenderci, è il meccanismo alla base del funzionamento dei motori di ricerca come Google, dei chatbot o degli assistenti vocali). I ricercatori hanno scoperto che la produzione di emissioni di CO2 non è costante durante tutta la fase di apprendimento, ma cresce a dismisura quando l’IA ha già imparato la maggior parte delle cose e deve perfezionarsi. Senza il perfezionamento avrebbe emesso 635 Kg di CO2eq. (anche in questo caso valore medio), più o meno quanto un volo trans-americano di andata e ritorno per una persona.

Il tutto si complica, poi, a seconda dell’algoritmo che elabora le informazioni: le emissioni generate durante la fase di addestramento sono correlate alla posizione del server, alla rete energetica utilizzata, alla durata della procedura e all’hardware su cui si svolge il processo di apprendimento. Per questo motivo alcuni studiosi della Cornell University hanno sviluppato un calcolatore in grado di quantificare il consumo di energia e l’impatto sull’ambiente dei modelli di deep learning.

Due studenti dell’Università di Copenhagen hanno invece sviluppato un add-on per gli algoritmi di deep learning in grado di raccogliere le informazioni sulla quantità di energia consumata da ogni diverso elemento fisico alla base del funzionamento degli algoritmi e utilizza questi dati per prevedere la durata del processo, il consumo di energia e l’impronta carbonica necessari all’insegnamento di una macchina e li rapporta al consumo a chilometro di un’automobile.

Ottimizzare i consumi dell’IA

Più che la tecnologia in sé, è il mix tra server, hardware e rete elettrica che determina l’elevata impronta carbonica di un’Intelligenza Artificiale. Una volta stimati i consumi e l’impronta carbonica, si possono prendere delle decisioni strategiche per ottimizzare questo mix e rendere il tutto più efficiente e meno impattante sul piano ambientale.

L’intensità di carbonio dell’energia cambia a seconda dell’ora del giorno e per addestrare un’IA si possono scegliere le ore a bassa intensità. Inoltre, è anche possibile utilizzare fonti energetiche rinnovabili che sicuramente hanno un impatto ambientale minore e possono migliorare di molto l’intera fase: la letteratura è concorde sul fatto che l’utilizzo del 100% dell’energia proveniente da fonti rinnovabili è al momento la soluzione in grado di portare la riduzione maggiore di emissioni. Infine, anche la scelta di hardware e server più efficienti determina un abbassamento dell’impronta carbonica, esattamente come per le blockchain.

Sempre al MIT è stato sviluppato un nuovo algoritmo di Intelligenza Artificiale automatizzato chiamato once-for-all network che serve a distribuire efficientemente il deep learning su un gran numero di piattaforme hardware. I deep learning basati su tanti hardware richiedono un impiego cospiguo di elettricità, mentre il modello proposto dal MIT richiede l’impiego dell’ 1/1.300 di emissioni di CO2 rispetto ai modelli tradizionali.

L’utilizzo delle IA, come dicevamo all’inizio, può essere una soluzione valida per decarbonizzare molti processi e attività tradizionalmente inquinanti nonostante emetta molta anidride carbonica per formarsi. Posto che ottimizzare il mix di hardware, alogritmi ed energia elettrica deve essere una priorità per rendere la tecnologia in sé sostenibile tanto a livello ambientale, quanto economico (perché minore quantità di energia vuol dire anche meno costi), l’Intelligenza Artificiale si può utilizzare efficaciemente per la decarbonizzazione dei trasporti, per efficientare i processi di riciclo e smaltimento rifiuti e anche per mitigare i rischi del cambiamento climatico.

C’è molta strada da fare per rendere questa tecnologia meno emissiva e i contributi sul tema sono ancora pochi, ma vi è oggi maggiore consapevolezza sia in ambito accademico che in quello dello sviluppo. Il trade-off tra l’impronta carbonica dell’IA e il suo contributo per il raggiungimento della carbon neutrality ci sarà se parallelamente all’efficientamento della sua componente fisica si assisterà ad un impiego diffuso e mirato a quei processi e settori altamente inquinanti.

Facebook Comments

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here