Mobilità e pandemia: nel calo generale, resiste la Sharing mobility

La Sharing mobility si è dimostrata più resistente, nel periodo della pandemia, rispetto alle altre forme di mobilità, ritornando oggi già ai valori medi pre-pandemia: i dati dell’Osservatorio Nazionale Sharing mobility, con la tendenza dei veicoli a diventare sempre più leggeri

Immagine distribuita da Pixabay

Agli inizi del 2020, la pandemia ha cambiato tutto. Non soltanto per gli effetti dal punto di vista sanitario, ma anche perché le necessarie misure volte a prevenire la diffusione del contagio, e quindi il lockdown e la riduzione degli spostamenti, hanno trasformato il modo di lavorare, di comunicare, le forme di socialità. E tutto questo, come diretta conseguenza, ha avuto notevoli effetti sulla mobilità cittadina. Innanzitutto con un calo del traffico, e quindi della congestione stradale – diminuito in tutte le città italiane nei mesi di marzo, aprile, maggio, ottobre e novembre 2020, rispetto agli stessi mesi del 2019 –, che nonostante non sia un effetto di per sé negativo non può essere considerato neanche del tutto positivo visto la causa che lo ha generato, ed in generale con una contrazione, più o meno forte, della domanda per le diverse forme di mobilità: il servizio ferroviario regionale e ad alta velocità hanno avuto un calo del 38% e del 66%, il trasporto aereo del 69%.

In questo contesto di calo generalizzato, però, la sharing mobility si è dimostrata maggiormente resistente, con un calo annuale complessivo delle percorrenze del 30,6%, e quindi minore rispetto ad altri servizi di mobilità: è questo ciò che evidenziano i dati dell’Osservatorio Nazionale sulla sharing mobility, promosso dal Ministero della Transizione Ecologica, dal Ministero delle Infrastrutture e Mobilità sostenibili e dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, e composto da operatori di sharing, amministrazioni cittadine e centri di ricerca per analizzare, sostenere e promuovere la Sharing mobility in Italia.

Nel 2021 la Sharing mobility torna a viaggiare

A livello generale, tra le diverse forme di mobilità, quella ad aver subito la riduzione minore è la mobilità individuale. Stando ai dati dell’Osservatorio, infatti, l’indicatore del consumo di carburanti usati nel trasporto stradale è diminuito del 17,7% nel 2020 rispetto al 2019. Inoltre, in collaborazione con l’OSM, la piattaforma di navigazione Waze ha stimato che nel 2020 la riduzione degli spostamenti con l’auto di proprietà sia stata del -20,3%, sempre rispetto all’anno precedente.

Ma se muoversi con l’auto privata spesso non è la modalità più sostenibile, una importante soluzione alternativa può essere rappresentata proprio dalla sharing mobility. Da questo punto di vista, il minore calo delle percorrenze che ha subìto rispetto ad altri servizi di mobilità sembra essere incoraggiante, e dimostra inoltre come sia “fortemente consolidata nelle città italiane e nelle abitudini di chi la sceglie ogni giorno tra altre soluzioni di mobilità”. In questo consolidamento anche il digitale ha un ruolo fondamentale. D’altra parte, quest’ultimo non è soltanto un abilitatore per la sharing mobility, ma un elemento essenziale: se la possibilità di spostarsi attraverso un mezzo in condivisione è già di per sé un vantaggio, il poterlo fare prenotandolo tramite App per dispositivi di uso quotidiano, come gli smartphone, ne aumenta l’attrattiva e le potenzialità.

Tutti i servizi di sharing mobility sono abilitati dalle tecnologie digitali: è questo aspetto che li ha trasformati da soluzioni di nicchia a servizi utilizzati in tutto il mondo da milioni di persone

Nel minor calo che ha interessato la sharing mobility, o meglio i servizi di vehicle sharing, il fattore determinante è il minor rischio di contagio rispetto ad altri servizi di mobilità condivisa, dal treno all’autobus ma anche il taxi e il carpooling in cui si viaggia in più persone sullo stesso mezzo – ha commentato Raimondo Orsini, coordinatore dell’Osservatorio Nazionale Sharing MobilityCiò che ha fatto diminuire l’uso dei servizi come il carsharing o il bikesharing è stata la generale riduzione della mobilità. Detto questo, tutti i servizi di sharing mobility sono abilitati dalle tecnologie digitali: è questo aspetto che li ha trasformati da soluzioni di nicchia a servizi utilizzati in tutto il mondo da milioni di persone”.

La condivisione di un mezzo di trasporto che sia un auto, una bicicletta piuttosto che uno scooter o un più “recente” monopattino elettrico, inoltre, non solo si è dimostrata più resistente nel corso del 2020, ma con il nuovo anno sembra aver ripreso la sua “corsa”: i dati presentati dall’Osservatorio relativi a sei città – Torino, Milano, Bologna, Roma, Cagliari e Palermo – sottolineano, infatti, che “l’uso di tutti i servizi di sharing è cresciuto sensibilmente nel 2021 ritrovando nelle prime due settimane di giugno i valori medi pre-pandemia (media 2019). Lo scootersharing è il servizio che ha recuperato terreno più velocemente, seguito dal bike sharing e, ultimo, dal car sharing”.

Il boom dei monopattini in sharing

Guardando ai diversi servizi di sharing mobility analizzati, il carsharing è quello ad aver risentito di più delle restrizioni alla mobilità, in modo diverso tra servizi “free-floating” (-42%) – che consentono di prelevare un auto, senza prenotazione anticipata, solo se disponibile al momento dell’uso, e di rilasciarla in un qualunque punto all’interno di un perimetro predefinito –  e servizi “station-based” (-32%) – che permettono, invece, la prenotazione dell’auto anche a distanza di tempo, con stalli per il prelievo e la riconsegna. Un calo che, sottolinea l’Osservatorio, “non si spiega con la paura dell’utilizzo di un’auto non sanificata, ma col venir meno di alcuni segmenti di domanda tipici di questo servizio, scomparsi col lockdown e le chiusure”.

Lo scootersharing, invece, aumenta l’offerta di veicoli e iscrizioni (+45% e +30%) ed è, tra i servizi già presenti e consolidati nel 2019, quello che perde meno noleggi su base annua (-25%). Inoltre, evidenzia l’OSM, è un servizio che è quasi interamente elettrificato, diffuso prevalentemente nelle grandi città italiane come Roma, Milano, Torino, Genova e Firenze. C’è poi il bikesharing, con 1300 biciclette in sharing in più nelle città italiane – oltre il 30% la quota delle elettriche – ma più indietro dello scootersharing dal punto di vista delle performance: i noleggi hanno avuto una variazione percentuale negativa del -55%, sulla quale “pesa una generale riconfigurazione del mercato in cui probabilmente ha anche un ruolo la concorrenza esercitata dai nuovi servizi di monopattini in sharing, in particolare negli spostamenti brevi e brevissimi”.

Proprio questi ultimi, infatti, sono la grande novità nel panorama della sharing mobility. A partire dall’ingresso in Italia a fine 2019, il loro impatto è stato enorme sin da subito: in dodici mesi sono diventati il servizio più diffuso, e oramai un veicolo condiviso su tre è proprio un monopattino. Il loro successo è testimoniato dai numeri, che registrano nel 2020, nonostante la pandemia, 7,4 milioni di noleggi e 14,4 milioni di chilometri percorsi. “Questa novità, anche tenendo conto della congiuntura molto negativa – evidenzia l’Osservatorio – non ha precedenti nel panorama della sharing italiana per proporzioni, e ha portato anche alla ribalta la scarsità delle infrastrutture disponibili, l’assenza di parcheggi dedicati per i mezzi più leggeri e la necessità di governare il sistema della mobilità urbana, garantendo spazio e sicurezza a tutte le modalità e i mezzi di trasporto”.

La tendenza all’affermazione dei veicoli leggeri in sharing è oramai una realtà – spiega Raimondo Orsini – Ancora pochi anni fa sembrava una affermazione da visionari quando, come Osservatorio, avevamo previsto questa tendenza, dandogli anche un nome: ‘muoversi con leggerezza’. È evidente che c’è un vantaggio economico sia dal lato degli operatori che da parte di chi usa questo tipo di mezzi per pochi minuti e per compiere brevi spostamenti in città. Per favorirne l’espansione, serve che venga dato spazio lungo le nostre strade a biciclette, monopattini ed e-bike, soprattutto per la sosta. La riduzione generalizzata della velocità a 30 km, come si sta facendo in tante città europee, è un altro fattore di spinta, ed è poi necessario che vengano assegnati dei contributi pubblici in quelle situazioni in cui il mercato, da solo, non ce la può fare. Sto parlando delle città medie e delle zone periferiche delle grandi città: lì la sharing non è arrivata e non arriverà mai”.

Insomma, la sharing mobility è, come evidenziato dai dati, una realtà ampiamente consolidata nel nostro Paese: una realtà che – tra servizi affermati e veri e propri fenomeni emergenti – abilitata dalle tecnologie digitali, ha il potenziale per rivoluzionare il panorama della mobilità cittadina, in una direzione più sostenibile.

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