La filiera delle tecnologie per le rinnovabili è frenata dalla burocrazia

Uno dei maggiori ostacoli all’accelerazione degli investimenti in Fer (fonti di energia rinnovabile) in Italia è dato dalla complessità e dalla durata media dell’iter amministrativo di approvazione degli impianti, come evidenzia un Rapporto sul settore realizzato da Banca Intesa San Paolo. Di quasi 2,5 GW messi all’asta nell’ultimo bando, sono state ricevute richieste per meno di 0,3 GW

Immagine distribuita da Pixabay

Negli ultimi decenni, a livello mondiale e soprattutto europeo, sono stati fatti molti progressi nell’utilizzo delle fonti di energia rinnovabile, alla base del processo di decarbonizzazione dell’ambiente e di ogni Paese.

In questo contesto, l’Italia si è posizionata molto bene, raggiungendo i target al 2020 già nel 2014. Ora, però, è necessaria un’urgente accelerazione degli investimenti, se si vogliono raggiungere i necessari e ambiziosi obiettivi del Green Deal Europeo.

Uno dei maggiori ostacoli all’accelerazione degli investimenti in Fer in Italia è dato dalla complessità e dalla durata media dell’iter amministrativo di approvazione degli impianti, che ha tra l’altro portato, di recente, ad una quasi nulla partecipazione alle ultime aste del Gse (Gestore servizi energetici), per assegnare le quote di energia da gestire e mettere sul mercato. Di quasi 2,5 GW messi all’asta nell’ultimo bando, sono state ricevute richieste per meno di 0,3 GW. Insomma, la burocrazia frena, e il risultato è uno stallo totale.

La burocrazia rallenta (anche) lo sviluppo tecnologico ed energetico

Gli operatori del settore lamentano spesso che l’attesa per l’approvazione di un impianto può diventare così lunga da rendere l’impianto stesso obsoleto dal punto di vista tecnologico al momento dell’eventuale approvazione

“Queste problematiche sostanzialmente burocratiche rendono sicuramente poco efficaci gli schemi di incentivazione pubblica, scoraggiando gli investimenti in Italia da parte di investitori nazionali e internazionali, e frenando l’installazione di capacità addizionale di produzione energetica”, denuncia il Rapporto ‘Transizione energetica: la filiera delle tecnologie delle rinnovabili in Italia’, della Direzione Studi e Ricerche di Banca Intesa San Paolo.

Oltre a questo, la burocrazia rallenta anche il progresso tecnologico. Infatti, gli operatori del settore lamentano spesso che l’attesa per l’approvazione di un impianto può diventare così lunga da rendere l’impianto stesso obsoleto dal punto di vista tecnologico al momento dell’eventuale approvazione.

È invece fondamentale “creare un contesto abilitante per stimolare gli investimenti in nuove tecnologie che riducano il rischio di intermittenza delle rinnovabili – quindi con tecnologie di accumulo –, e che ne aumentino il rendimento”, rimarca l’analisi del settore fatta da Intesa San Paolo.

Una filiera delle rinnovabili molto variegata

Gli investimenti senza precedenti che potranno venire finanziati dal Next Generation Eu, se verranno associati alle misure urgenti di riforma previste dal Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) per la semplificazione e la razionalizzazione delle normative in materia ambientale – in particolare delle procedure di autorizzazione – potranno rappresentare una grande opportunità per il settore delle rinnovabili e più in generale, per il processo di decarbonizzazione del Paese.

La filiera delle rinnovabili è molto variegata perché, oltre ai produttori degli impianti, include grandi e piccoli produttori di energia, aziende che operano nell’installazione o manutenzione degli impianti, aziende che si occupano della rivendita di impianti di produzione italiana o estera, e altre attività ancora.

L’Italia ha guadagnato una discreta posizione competitiva

Il commercio relativo alle componenti degli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili rappresenta circa l’1,4% del totale degli scambi a livello globale

E qual è lo scenario del mercato? “Il commercio relativo alle componenti degli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili rappresenta circa l’1,4% del totale degli scambi a livello globale”, indica l’analisi del centro Studi e Ricerche di banca Intesa San Paolo. Che spiega: “l’area a più alta specializzazione è sicuramente l’Asia orientale, con Cina leader assoluto in questo settore: il 55% del valore dell’Export 2019 delle tecnologie Fer è stato generato dai Paesi asiatici.

I Paesi europei, soprattutto Danimarca e Germania, hanno ottenuto una buona posizione competitiva ma hanno perso terreno negli ultimi anni. Le componenti tecnologiche nelle quali i Paesi europei risultano più specializzati, con quote dell’Export mondiale molto alte, sono i generatori eolici (circa 85% dell’Export mondiale) e i moltiplicatori di velocità (50% dell’Export mondiale), con quest’ultimo che serve per trasformare la rotazione lenta delle pale eoliche in una rotazione più veloce, in grado di far funzionare il generatore di elettricità.

L’Italia ha guadagnato una discreta posizione competitiva in questo settore, soprattutto per quanto riguarda il comparto dei moltiplicatori di velocità, in cui ha dimostrato buone capacità di crescita, arrivando a coprire il 10% dell’Export mondiale. Inoltre, i dati aggiornati al 2020 sembrano indicare una maggiore tenuta di questo settore nell’anno della pandemia rispetto al totale del manifatturiero.

La Twin transition, digitale e Green, per arrivare a Zero carbon

Secondo lo scenario dell’International Energy Agency, nel 2030 le Fer copriranno l’80% della crescita della domanda globale di elettricità

La domanda di energia elettrica e di apparecchi per la sua produzione da fonte rinnovabile è destinata ad aumentare sempre di più. Secondo lo scenario dell’International Energy Agency, nel 2030 le Fer copriranno l’80% della crescita della domanda globale di elettricità.

Al centro di questo sviluppo ci sono le tecnologie legate alla Twin transition – digitale e Green, insieme –, e l’importanza di sostenere i produttori europei e ridurre, o almeno non far aumentare, la dipendenza da quelli extra europei soprattutto in alcuni settori strategici, tra cui appunto le rinnovabili, ma anche l’idrogeno e le batterie.

È importante quindi per l’Italia investire in questo settore e, all’interno del settore, nei comparti a maggiore vantaggio competitivo, non solo per raggiungere i target prefissati a livello europeo al 2050 – Zero carbon – ma anche per non perdere l’opportunità di consolidare il proprio posizionamento competitivo e valorizzare e rafforzare la filiera tecnologica che ne è alla base.

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