Digital Transformation: da dove partire

Con questo articolo inizia una breve serie di contributi dedicati alla Digital Transformation.

Partiamo innanzitutto da un tentativo di definire cosa si intende per digital transformation, premettendo doverosamente che esistono punti di vista piuttosto differenti a riguardo, nonché una maldestra tendenza ad usare il termine per identificare qualsiasi cosa riguardi le tecnologie digitali.

Io mi ritrovo con questa definizione di digital transformation: “Un programma di cambiamenti che ha l’obiettivo di sfruttare gli strumenti digitali pel migliorare il business di tutta l’azienda, e che riguarda persone, processi e tecnologie”.

Questa descrizione contiene alcuni elementi chiave che vorrei sottolineare:

  • Un programma di cambiamenti. Parliamo di trasformazione non casualmente, riferendoci a un percorso che modifica svariati status quo e, di conseguenza, necessita di un’articolazione temporale significativa e di una gradualità nella sua realizzazione. Per chiarirci: digital transformation NON è passare da sistemi on premise al cloud; NON è mettere un po’ di sensori wifi dento i punti vendita; NON è installare una piattaforma di collaborazione interna. Queste sono iniziative tattiche che, al massimo, possono rappresentare dei momenti di un più ampio progetto di digital transformation.
  • Migliorare il business. Idealmente sono progetti che hanno delle ricadute tangibili sul business, misurate attraverso dei KPI puntuali rispetto ad aumento del fatturato e/o diminuzione dei costi, passando a cui si affiancano per indicatori con impatto indiretto sulla bottom line ma altrettanto importanti: aumento dell’efficienza, incremento della soddisfazione dei clienti, miglioramento della conoscenza dei clienti, ecc.
  • Tutta l’azienda. Ogni progetto di digital transformation va a toccare molteplici dipartimenti dell’azienda, obiettivo questo facile da enunciare ma piuttosto complicato da realizzare. “Abbattere i silos aziendali” è un auspico necessario quanto problematico. Decenni di cultura manageriale orientata alla separazione funzionale vanno ora ricondotti a logiche di collaborazione e condivisione degli obiettivi. Questo coinvolgimento, difficoltoso specie per le organizzazioni più grandi, è però uno dei cardini indispensabili a compiere il salto di qualità.
  • Persone. L’approccio corretto mette l’individuo prima della tecnologia e ciò richiede già di per sé una bella trasformazione culturale. Gli strumenti digitali abilitano un modo nuovo di produrre, di distribuire, di comunicare, di vendere, ecc. Ma al centro dell’attenzione ci devono essere le persone, le loro esigenze concrete, la loro esperienza di relazione con l’azienda su tutti i punti di contatto. Idealizzando solo per un momento, il concetto è quello di passare da una relazione di tipo “azienda – clienti”, a quella più moderna “persona-cliente – persona-dell’azienda” e quindi da una modalità “noi-voi” ad una “te ed io” (notare anche il cambiamento dell’ordine delle parole).

Identificato il macro contesto di un progetto di digital transformation, da dove si parte? Prima rispondere a questa domanda suggerendo qualche indicazione, mi concedo un’altra premessa, che riguarda l’estrema difficoltà nel fare generalizzazioni. Trattandosi di progetti strategici, hanno impatti e complessità differenti in funzione di molte variabili: dimensioni dell’azienda, mercato B2B o B2C, settore merceologico, e così via.

C’è inoltre da considerare la maturità dell’azienda rispetto ai temi del digital nel suo complesso la quale, come evidenziato nella seguente figura, è molto differente in funzione della industry a cui si appartiene. Naturalmente le organizzazioni con una digital maturity migliore sono quelle che riescono non solo a realizzare più efficacemente processi di digital transformation, ma soprattutto son quelle che ne traggono i migliori benefici.

Digita maturity
Livello di “Digital Maturity” per settore merceologico. Fonte: “The Digital Advantage: How digital leaders outperform their peers in every industry”, Capgemini Consulting, Aprile 2015

Ecco quindi in estrema sintesi alcuni punti chiave per imbastire un progetto di digital tranformation:

  • Chi guida. È essenziale che sia coinvolto il top management e poi ci sia un comitato cross-dipartimentale che tipicamente comprende almeno Marketing, IT e HR. Alcuni progetti introducono con l’occasione una nuova figura, il Chief Digital Officer (CDO), che, a seconda dell’impostazione del piano, sarà a guida del progetto ad un livello manageriale oppure si occuperà principalmente di facilitare la pervasività sugli altri reparti.
  • Inclusivo. Come già sottolineato l’unico approccio vincente è quello cross-dipartimentale, sapendo che questo potrà richiedere un percorso di contaminazione e coinvolgimento graduale nel tempo.
  • Collaboration. Connessa al punto precedente, in ogni progetto di digital transformation emerge la necessità di connettere i dipartimenti aziendali attraverso modalità di relazione moderne abilitate dalla tecnologia, in particolare dalle piattaforme di collaboration, spesso usate proprio per fare training on the job.
  • Customer centric. Della centralità della persona si è già accennato. In particolare il focus sui clienti deve orientare le organizzazioni ad abbandonare l’autorefenzialità con la quale hanno approcciato i mercati fino ad oggi. Il che significa, secondo una metafora che uso spesso, di sostituire gli specchi di cui sono piene le aziende con porte e finestre (meglio se aperte), in modo da concentrarsi non su sé stessi ma sulla comprensione delle persone là fuori per poterci quindi instaurare un dialogo.
  • Obiettivi e KPI. Data la pervasività di un progetto di digital transformation, è bene identificare con cura gli obiettivi che ci si pone ed i relativi indicatori di performance, oltre naturalmente ai tempi previsti di realizzazione.

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Con oltre 30 anni di esperienza nell'ambito dell'ICT, è ritenuto uno dei maggiori esperti di comunicazione online in Italia avendo ideato e coordinato progetti di marketing digitale per molte aziende e corporation di ogni dimensione e settore. Precursore su diversi fronti in ambito "digital", è stato tra i primi a sviluppare progetti di search marketing (1996), performance advertising (2000), business blogging (2003), enterprise content (2004), analisi discussioni online (2005), social media marketing (2006), social CRM (2010). È partner e responsabile strategico di DigitalBreak, società specializzata in progetti di Digital Transformation con sedi a Milano e Roma. Ha guidato la web agency Ad Maiora dal 1997 al 2009 e successivamente l'area Digital di Ammiro Partners e la business unit dedicata al Customer engagement di OpenKnowledge. In precedenza si è occupato di comunicazione, informatica e telecomunicazioni. Tra i suoi progetti ricordiamo l'ideazione di MotoriDiRicerca.it, per molti anni il sito di riferimento in Italia. È Professore a progetto in Digital Marketing allo IULM di Milano ed è relatore a decine di convegni e seminari ogni anno. È stato eletto Strategic Planner 2011 nell’ambito del Premio Web Italia 2011. Ha scritto "Motori di ricerca e visibilità sul web" (Apogeo, 2001) ed è co-autore di “Social Media Marketing” (Hoepli, 2011). È stato membro dei board di IAB Italia, SEMPO.org e BAIA Italia.

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