Nessuna rivoluzione accade per un solo motivo. Non succede per la storia, figuriamoci per le tecnologie. I grandi cambiamenti hanno sempre una dinamica multifattoriale, che mette a sistema più elementi, più dimensioni, diverse prospettive. Non è possibile pensare che il cambiamento sia il frutto di uno specifico accadimento o la conseguenza di un solo fatto: in questo la Digital Transformation non fa eccezione. Nell’ambito di questo concetto – spesso confuso – rientrano dimensioni sociali, economiche, organizzative, persino politiche.
Certo è che – parlando di digital transformation – la dimensione tecnologica ed infrastrutturale, che pur da sola non basta a generare, produrre e sostenere il cambiamento, ne è un elemento sostanziale. Soprattutto se esso permette al mondo del business di contrarre i costi, velocizzare i flussi, garantire scalabilità e, in buona sostanza, accrescere la competitività. Una tecnologia che sappia, e possa, fare questo è in prima linea per accreditarsi come l’elemento fondante su cui basare la trasformazione digitale nelle imprese. Quella odierna e quella di domani. In questo senso il cloud computing è una tessera essenziale del puzzle.
Cloud Computing: un trend in crescita
Lo scenario rispetto allo sviluppo del cloud computing è favorevole e lo dicono molti fattori.
- In Europa cresce l’adozione del cloud computing: è stato adottato dal 74% delle organizzazioni europee, di cui la maggioranza, il 47% afferma di avere preferito soluzioni di cloud privato. È quanto sostiene una ricerca commissionata da Easynet e realizzata da Vanson Bourne, secondo la quale al secondo posto nelle preferenze di chi ha adottato il cloud si collocano le soluzioni di hosting on-premise (26%) mentre l’approccio ibrido – ossia la combinazione di cloud privato e pubblico – è un’alternativa significativa: quasi un’azienda su cinque (17%) lo utilizza come forma principale di cloud computing;
- Mercato positivo anche in Italia: viene stimato in aumento del 25% nel 2015 per un mercato che è destinato a raggiungere un valore pari a 1,51 miliardi di euro soprattutto grazie all’aggiornamento del patrimonio infrastrutturale e applicativo già esistente in azienda. Attività, questa, che vale 1,05 miliardi di euro, e grazie al Public Cloud, in crescita del 35% anno su anno. Lo rileva l’Osservatorio Cloud & ICT as a Service promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano.
- Entro il 2018, i SaaS determineranno una riduzione del 40% dei ricavi per attività di manutenzione e assistenza, intesa come quota dei ricavi totali dei fornitori di software. Lo dice Gartner in occasione della presentazione dell’accordo HPE e TIM svoltosi nei giorni scorsi a Milano che ha sancito l’impegno delle due aziende sul fronte della cloud transformation. Secondo i ricercatori questo trend avrà un impatto molto forte sull’IT aziendale chiamato a una rivoluzione profonda. Impatto che si riverbererà sul business stesso, dal momento che le proiezioni mostrano una riduzione di oltre il 40% dei ricavi per attività di manutenzione e supporto, intesa come quota dei ricavi totali per il software dal 2013 al 2018. Ciò si traduce in un impegno doppio in chiave di nuovi servizi e strategie a supporto.
- Entro la fine del 2017, il 70% della trasformazione del business digitale guidata dai provider di servizi non avrà successo a causa della mancanza di sviluppo di modelli di business che siano in grado di produrre risultati aziendali quantificabili. È sempre Gartner che chiarisce come i provider di servizi incentrati unicamente sulla tecnologia digitale non saranno in grado di offrire ai propri clienti condizioni di vantaggio competitivo o risultati di business e qui il cloud, e i suoi modelli, impongono un cambio radicale di approccio anche con servizi che siano in grado di guidare i clienti e aiutarli a evitare insidie e pericoli.
I dati dimostrano che il cloud e i suoi modelli di servizio stanno effettivamente cambiando il business. Un cambiamento che non agisce solo a livello infrastrutturale, ma anche e soprattutto a livello organizzativo e in termini di impatti sul business reale. I vendor lo hanno compreso: ne è un esempio l’accordo stretto tra HPE e TIM negli scorsi giorni proprio in ottica di cloud transformation ma anche grazie a iniziative a supporto come quella promossa dalla stessa HPE: Cloud28+, ad esempio, mira ad accelerare l’adozione di tecnologie cloud da parte di imprese e organizzazioni europee nel rispetto delle norme in materia di privacy e sicurezza dei dati.
I vendor, in altre parole, hanno compreso che accompagnare le imprese nelle sfide necessarie del cloud è un imperativo che va oltre l’erogazione di servizi o prodotti. Un imperativo che chiama in causa l’IT “tradizionale” ed il management, che deve diventare service broker all’interno dell’azienda: ovvero guida verso la scelta e le scelte migliori per il cloud. Scelte che sollecitano lo sviluppo di un approccio developer-centric, ovvero la creazione di applicazioni “cloud-native” attraverso gruppi di sviluppatori che lavorano su ambienti open-source.
Insomma, non basta solo dire cloud per fare digital transformation, ma per adottare strategie cloud servono le logiche della trasformazione digitale, e per fare digital transformation il cloud è un elemento chiave.
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