Innovazione in agrifood: parla Agostino Cavazza

“Nel settore dell’agroalimentare, si avverte un grande bisogno d’innovazione soprattutto quando si parla di controllo qualità dei prodotti che oggi, nella maggior parte dei casi,  avviene ancora con sistemi manuali”. È quanto afferma Agostino Cavazza, Area Direzione Fondazione Edmund Mach – Centro Ricerca e Innovazione, che ha rilasciato un’intervista per il Digital Transformation Institute in relazione alla ricerca Gli impatti della Digital Transformation nella filiera Agrifood.

Sulla base della sua esperienza e della sua visione quali sono le più interessanti innovazioni digitali che possono avere un impatto nel settore Agrifood?

L’innovazione si sta incominciando a intravedere nel settore della divisione elettronica o dell’uso di tecnologie innovative per il controllo qualità, dalla calibrazione della frutta al controllo dei difetti, nel settore frutticolo (confezionamento) e vinicolo (qualità della materia prima). Stanno nascendo sistemi di valutazione anche in quei settori di analisi d’immagine. Novità sono le mappature: ad esempio abbiamo iniziato un progetto innovativo con delle cantine sociali in cui, partendo da dati, mappe satellitari, informazioni climatiche nate da sensori in loco, riusciamo a capire per ogni appezzamento di terreno qual è la temperatura e l’umidità e anche il livello di insolazione, l’esposizione, l’energia ricevuta, il grado di copertura di foglie e quindi l’energia luminosa catturata. Questo viene già utilizzato per fare quelle che si chiamano mappe di vocazionalità, cioè sistemi in grado di stimare quali sono per ogni piccola particella (addirittura catastale) le varietà più idonee rispetto alle condizioni ambientali, integrando dati sia locali che satellitari.

Tantissime innovazioni sono in corso e lo sono già a livello di applicazione. I sistemi di valutazione nella frutta, ad esempio, sono già usati da aziende oppure le mappe di cui sopra sono usate da consorzi già da un paio d’anni.

Per non parlare dei droni, grazie ai quali si fanno acquisizioni di immagini e sono alla base della cosiddetta agricoltura di precisione. I nuovi sistemi innovativi ci consentono di raccogliere una quantità di informazioni tali per cui si può modulare qualunque intervento, che sia di irrigazione o di trattamento sulle singole piante. Tutto questo grazie all’analisi dei Big Data.

Poi c’è tutta la parte di analisi del DNA. Ormai sequenziare il DNA è abbastanza facile, il problema è l’interpretazione dei dati ovvero sapere cosa si cerca e trovare soluzioni, ma qui siamo ancora nel campo di ricerca.

Spesso le aziende tendono a evitare il discorso sulla tracciabilità genetica e non dimostrano particolare interesse in materia data l’assenza di vincoli legislativi a riguardo. Qual è la sua posizione?

Questo è il grande problema della tracciabilità. Noi gestiamo la banca dati del Ministero dell’Agricoltura facendo analisi di isotopi ovvero rintracciando l’origine di un prodotto alimentare. Prima lo facevamo sul vino, ormai 30 anni fa, adesso lo facciamo per l’olio, formaggi, latte. Tutti gli anni il Ministero ci manda dei campioni per stabilire la genuinità dei prodotti. I dati vengono usati per costruire una banca dati che viene utilizzata poi dal servizio prevenzione frodi per individuare se certi prodotti dichiarati sono realmente idonei o meno. Questo lavoro viene fatto sia per il Ministero e per Istituzioni europee che per qualche consorzio (Parmigiano Reggiano, Grana Padano per fare qualche esempio). Il problema è che non tutti i consorzi lo fanno: dove non c’è obbligo di dichiarazione nessuno ha interesse a dire la provenienza e non tutti hanno interesse a dichiarare la tracciabilità dei loro prodotti.

Per quanto riguarda l’ortofrutta tutto il tema dell’agricoltura di precisione quale impatto potrebbe avere o sta avendo da un punto di vista economico e organizzativo e sulle figure professionali utilizzate in agricoltura?

Il settore dell’ortofrutta ha una grande pressione sia sulla sostenibilità sia in senso di salvaguardia del territorio soprattutto in funzione dei trattamenti antiparassitari. I trattamenti in campagna in Italia sono molto sentiti e possono avere un impatto sulla popolazione perché i frutteti sono in zone più abitate rispetto ai Paesi dell’est. È un tema molto sentito e buona parte della ricerca genetica è volta all’innovazione salutistica e alla resistenza alle malattie. Il futuro è sviluppare e studiare meccanismi per produrre piante resistenti ai parassiti. Qui ritorniamo al discorso sulla genetica che credo sia la strada verso cui sta andando il settore dell’ortofrutta. È sicuramente un percorso lungo e complesso ed è per questo che le competenze di domani in questo campo avranno molto a che fare con la bioinformatica.

 

 

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