PON Metro Palermo: quando il territorio diventa SMART

Aumentare la vivibilità non solo della città, ma anche dei Comuni limitrofi in modo da mettere una etichetta di smart non solo alla city ma a un intero territorio. Questa l’ottica secondo la quale si è costruito il progetto PON Metro Palermo, che rientra nel quadro più complessivo del Programma PON nazionale, gestito dall’Agenzia per la Coesione Territoriale e finanziato con oltre 892 milioni di euro a valere su fondi FESR e FSE.

Il progetto – afferma Pier Paolo Corso, delegato per il progetto PON Metro dall’Università di Palermo – è stato sottoscritto dall’Autorità Urbana a giugno 2016, sebbene siano ammissibili spese sostenute e riferite al progetto stesso già a partire dal 2014. Internamente al Comune si è proceduto alla costituzione di un Comitato di Gestione Tecnica che sta procedendo alla istruzione delle procedure per l’attribuzione, dove necessario, alle società partecipate delle risorse disponibili affinché queste ultime, a loro volta, possano procedere con la realizzazione degli interventi previsti per proprio conto o ricorrendo al mercato per il tramite di apposite gare”.

Lo scorso 21 gennaio è stato firmato il patto per la realizzazione del progetto da oltre 60 sindaci di Comuni dell’area metropolitana. “Si tratta – continua Corso – di un evento unico nel suo genere, non solo nella forma ma anche nella sostanza, avvenuto alla presenza del Ministro alla Coesione Territoriale De Vincenti. Nei mesi successivi si sono aggiunte le firme di ulteriori 15 sindaci, portando così il loro totale a circa 80, ovvero quasi la totalità dei Comuni afferenti alla Città Metropolitana”.

Un successo in termini di partecipazione per una serie di azioni che mireranno a realizzare una Piattaforma Informatica Integrata attraverso la quale esporre servizi digitali nell’ambito della mobilità sostenibie dell’efficienza energetica, dell’inclusione sociale e più in generale dell’e-governement. Un vero e proprio ecosistema tecnologico metropolitano costituito da componenti IoT/IoE in grado di rilevare dati; Data Center potenziati e ridisegnati in grado di immagazzinare in sicurezza le informazioni; piattaforme tematiche integrate con l’ecosistema di progetto e interfacce utente finalizzate alla esposizione dei servizi verso i Comuni federati coinvolti nel progetto, verso i cittadini e altre PA.

Tutto approcciato con una modalità di co-progettazione. “Il partenariato progettuale – afferma Pierpaolo Corso – è stato realizzato, nei fatti, attraverso una stretta collaborazione tra gli uffici direttamente preposti alla elaborazione del progetto (Uffici Fondi Extra Comunali) e l’Università degli Studi di Palermo in ragione di un protocollo d’intesa di ampio respiro esistente tra il Comune e l’Università”. Collaborazione preziosa che unisce conoscenza del territorio e dei bisogni dei cittadini dell’Amministrazione comunale con capacità di innovazione e visione strategica dell’università. Ogni attore co-progetterà la propria parte di servizi smart mantenendo piena autonomia operativa nell’esercizio dei propri sistemi e perseguendo le proprie finalità. Il sistema informativo del Comune in pratica sarà trasformato in Sistema Informativo di città metropolitana in grado di ospitare e gestire i Big Data generati dai sotto sistemi interconnessi di città (energia, ambiente, mobilità, sociale).

Abbiamo previsto – continua Corso – interventi volti a realizzare una infrastruttura Cloud Ibrida, capace di cogliere gli aspetti di vantaggio del Cloud Privato e di quello Pubblico. In particolare questo avviene con riferimento alle infrastrutture di storage che saranno capaci di indirizzare gli aspetti propri del Cloud Privato, federando in particolare storage proprietario con storage general purpose, con quelli del Cloud Pubblico, facendo ricorso alle risorse offerte da hyperscaler quali Amazon, Google o altri”.

La scelta del cloud ibrido dunque come giusto compromesso che permette di gestire, in modo mirato, alcune soluzioni, servizi, applicazioni e dati in modalità Private Cloud, lasciando le altre al contesto Public Cloud. “Occorre dire che la rivoluzione del Cloud Computing ha modificato radicalmente il modo di concepire i servizi e le applicazione nonché le potenzialità degli stessi” – afferma Pierpaolo Corso. “Non ci siamo purtroppo potuti ispirare a soluzioni già pronte, chiavi in mano. Al contrario, semmai, potremmo dire che abbiamo cercato di prendere spunto e di mettere a sistema le best practice proprie di diversi ambiti”.

Cosa serve a garantire alle PA una data driven governance? Pensa che il progetto potrà garantirla?

Il tema è estremamente complesso prevalentemente per via di due problemi concomitanti:

  • la frammentazione dei dati tra i repository diversi di applicativi diversi, nella quasi totalità dei casi incapaci di comunicare tra loro;
  • l’assenza di una gestione per processi della macchina amministrativa.

L’architettura di progetto parte proprio dall’evidenza di queste due fondamentali criticità per cercare di porvi rimedio attraverso una molteplicità di interventi, alcuni dei quali di seguito rappresentati:

  • l’architettura dell’infrastruttura computazionale e middleware di progetto è stata pensata nativamente Cloud, ispirata al paradigma della multitenancy. Questo garantisce il ricorso ad un numero limitato di componenti middleware, ulteriormente rese interoperabili da un ESB (Enterprise Service Bus) in grado di garantire non solo il dialogo tra le diverse componenti e gli strati applicativi ma anche la ragionevole indipendenza degli applicativi dal dettaglio della componente middleware;
  • buona parte delle piattaforme applicative che stiamo realizzando poggiano su una componente di Business Process Management che consente di cambiare radicalmente il paradigma di funzionamento della PA da event-driven a process-driven. Al fine di garantire tale rivoluzione copernicana è fondamentale la presenza di quanto descritto al punto precedente.

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