Il Green Deal europeo tra prospettive e proposte per sostenibilità e sviluppo dell’economia italiana

In questo terzo articolo conclusivo della “trilogia” sul Green Deal, vediamo in concreto su quali progetti sarebbe opportuno intervenire per portare a compimento gli obiettivi italiani per la sostenibilità

Il nuovo corso impartito all’Unione Europea dalla Presidente della Commissione Ursula Von Der Leyen è stato chiaro fin dal suo insediamento: rilanciare l’Europa cogliendo l’occasione, nel contempo, per proseguire sulla strada tracciata nei decenni precedenti in materia di protezione dell’ambiente e del clima.

I nuovi obiettivi di questo percorso, finalizzato alla decarbonizzazione ed al target unico della piena sostenibilità ambientale dell’Europa entro il 2050, passano per l’avvio del grande piano europeo definito Green Deal; un percorso che si basa sulla cooperazione di ogni Stato Europeo attraverso il raggiungimento dei propri obiettivi nazionali, e di concerto con le istituzioni comunitarie, per concorrere al raggiungimento degli obiettivi complessivi del Green Deal stesso.

Giungere al Green Deal europeo attraverso le regole del PNIEC e le risorse del programma Next Generation EU

Dal 2018 il Governo italiano ha avviato attraverso il Ministero dello Sviluppo Economico ed il Ministero dell’Ambiente, di concerto con la Commissione Europea ed i vari enti comunitari, la stesura del nuovo piano concernente gli obiettivi di sostenibilità che l’Italia è chiamata a raggiungere entro il 2030; un percorso conclusosi con la pubblicazione del “Piano Nazionale Integrato Energia e Clima” (PNIEC) a Gennaio del 2020.

Sulla base di quanto predisposto nel PNIEC, nel corso del 2020 è stato avviato il processo di adeguamento sul piano normativo di tutte quelle leggi e regolamenti necessari a ridisegnare “l’ecosistema” nazionale, nel rispetto delle cinque linee d’intervento previste dal Piano: Decarbonizzazione, Efficienza energetica, Sicurezza energetica, Sviluppo del Mercato interno dell’energia, Ricerca ed Innovazione e Competitività.

Infatti, come si legge sul sito del Ministero dello Sviluppo Economico, l’obiettivo del Piano Nazionale Integrato Energia e clima è quello che l’ambiente venga preservato “conciliando sviluppo industriale e scelte ecologiche – ed obiettivo ancora più ambizioso il successivo, ovvero, quello di – Raggiungere e superare gli obiettivi dell’Unione Europea nell’ambito dell’efficienza e sicurezza energetica, nell’utilizzo di fonti rinnovabili, sviluppo del mercato unico dell’energia e maggiore competitività”. Va detto, però, che già il raggiungimento degli obiettivi previsti dal PNIEC italiano sarebbe un ottimo risultato, se si tiene conto del fatto che essi prevedono una riduzione pari al -56% delle emissioni nel solo settore della grande industria, del -35% nel terziario e nei trasporti terrestri e civili, oltre al raggiungimento di una quota del 30% di energie rinnovabili.

Inutile dire quanto sia importante, per raggiungere soprattutto alcuni degli obiettivi stabiliti a livello politico, puntare su quei progetti in grado di trasformare in modo complessivo ogni singolo segmento di mercato, per farlo “transitare” verso la decarbonizzazione; ovvero, individuare quelle realtà pubbliche e private con risorse e progetti in grado di riqualificare e riconvertire intere filiere. E per questo fine, all’aspetto normativo e politico, va affiancato un oculato piano di investimenti che grazie ai fondi del Next Generation Eu, offre la disponibilità di una vasta serie di risorse economiche per l’avvio di una azione ad ampio raggio.

Su quali progetti ed azioni è opportuno intervenire per portare a compimento gli obiettivi italiani per la sostenibilità?

Dobbiamo quindi interrogarci su quali possano essere i progetti e le soluzioni tecnologiche “cantierabili” già oggi, e che quindi nel 2021 potranno risultare fondamentali per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione previsti per il 2030 ed il 2050.

Innanzitutto, va tenuto presente che un simile intervento strutturato e di filiera promosso dal settore pubblico non può prescindere da un massiccio intervento del settore privato; tenendo anche conto dei risultati ottimali raggiunti (in termini di efficienza energetica) quando lo Stato ha creato le condizioni per una azione autonoma delle imprese. Quindi, le ingenti risorse a disposizione dello Stato italiano dovrebbero essere impiegate per pochi grandi progetti, calibrati tutti su alcuni ben precisi settori d’intervento; affiancando a ciò misure che traccino il “perimetro del mercato” ovvero: da un lato incentivi per promuovere l’adozione di soluzioni sostenibili, e dall’altro vincoli normativi che rendano omogenea la diffusione delle soluzioni “carbon free”.

I progetti dovrebbero rispondere a grandi trend di intervento che, per essere a loro volta strategici per lo sviluppo e l’innovazione del Paese, dovrebbero concentrarsi su tre settori o soluzioni: le tecnologie di cattura e stoccaggio (e successivamente riuso) della CO2, la decarbonizzazione del settore dei trasporti, e la decarbonizzazione del settore elettrico.

Stoccaggio e riuso della CO2: dall’idrogeno blu ai biocarburanti

L’idrogeno ad esempio, rappresenta un fattore chiave per la transizione, ed allo stesso tempo consente un passaggio graduale grazie ai sistemi di stoccaggio della CO2 verso una rete energetica basata sull’impiego massiccio di idrogeno come alternativa ai carburanti fossili. In questa direzione, ad esempio, il piano di Eni sviluppatosi attorno allo stabilimento di Ravenna per la cattura, stoccaggio e riuso della CO2, rappresenterebbe una svolta significativa nella strategia energetica per la decarbonizzazione del Paese. Tra l’altro, la tecnologia CCS in questa forma di applicazione, consente anche di generare esternalità positive verso altre filiere; nel campo dell’edilizia per esempio, attraverso l’uso di inerti composti di olivina che “ingabbiano” l’anidride carbonica, così come verso filiere collegate relative alla biofissazione della CO2 attraverso l’impiego di alghe destinate poi all’uso nei settori dei biocarburanti e della nutraceutica.

Decarbonizzazione del settore dei trasporti, biocarburanti e smaltimento dei rifiuti

Il settore dei trasporti, rappresenta uno dei più inquinanti sia su scala nazionale sia globale; ma se l’obiettivo nel medio-lungo periodo è quello di giungere a soluzioni basate esclusivamente su mobilità elettrica o ad idrogeno, nell’immediato la scelta vincente potrebbe essere il potenziamento e l’interconnessione (nella prospettiva di un sistema di economia circolare) del sistema dei biocarburanti. Ciò consentirebbe di raggiungere più obiettivi assieme: innanzitutto ridurre le emissioni senza costringere privati ed imprese ad ingenti spese per la conversione del parco veicoli, dall’altra potrebbe favorire il riuso della frazione organica per la produzione di biocarburanti (integrando filiera della raffinazione e filiera delle imprese specializzate nel conferimento dei rifiuti). Ciò supporterebbe, se attuato in specifiche aree del Paese, anche un forte rilancio delle economie locali del Sud, oltre all’incremento delle pratiche di riciclo dei rifiuti nel Mezzogiorno.

Decarbonizzazione del settore elettrico

La decarbonizzazione del settore elettrico è un altro esempio di come l’integrazione di più filiere, e la cooperazione tra i maggiori attori privati nei rispettivi settori coinvolti, possa rappresentare un potenziale enorme per raggiungere gli obiettivi del Green Deal europeo; facendo, inoltre, dell’Italia uno stato pioniere della decarbonizzazione, grazie anche all’enorme know-how italiano disponibile. Italiano, per esempio, è il know-how tecnologico con il quale è stata sviluppata l’energia da moto ondoso, che Eni sta già implementando; così come è italiana la tecnologia alla base del pannello fotovoltaico organico, una delle soluzioni innovative e sostenibili più interessanti per il futuro, in quanto consente con la tecnologia OPV di creare impianti fotovoltaici privi di silicio ed altri materiali inorganici non riciclabili.

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