La digitalizzazione per un sistema energetico sostenibile

“È il momento che il nostro sistema energetico segua l'esempio e abbracci i benefici della digitalizzazione”. Così il CORDIS, in un documento, illustra i progetti di ricerca finanziati dall’UE: da ecosistemi elettrici nuovi a data center più sostenibili

Immagine distribuita da Vecteezy con licenza CCO

Il CORDIS, il servizio Comunitario di Informazione in materia di Ricerca e Sviluppo, nonché principale fonte della Commissione europea circa i risultati dei progetti finanziati dai programmi quadro dell’UE per la ricerca e innovazione, ha pubblicato un report sui vari progetti di ricerca finanziati dall’Unione Europea per digitalizzare il sistema energetico, in quanto “Il sistema energetico verde, resiliente, sicuro e conveniente di domani è digitale”.

I progetti finanziati sono caratterizzati proprio dalla “correlazione tra trasformazione digitale e sostenibilità, con l’obiettivo di supportare istituzioni e imprese nella costruzione di un futuro migliore” – come analizza la Fondazione per la Sostenibilità Digitale.

Nel caso specifico del settore energetico, la trasformazione digitale sembra essere vista come una vera e propria ‘rivoluzione’, di senso aggiungerebbe Stefano Epifani, presidente della Fondazione per la Sostenibilità Digitale, dal momento che “una delle cose più complesse è quella connessa alla nostra capacità di reinterpretare il nostro senso e ruolo in una società che è rideterminata dall’evoluzione delle tecnologie”.

Declinare i temi che la trasformazione digitale porta con sé significa guardare alle tecnologie in modo sostenibile, e dunque preoccuparsi del loro impatto per un futuro migliore. I progetti presi in esame nel documento del CORDIS sembrano aver impostato l’utilizzo del digitale in questo senso.

INTERRFACE, ad esempio, ha come obiettivo quello di “alimentare la transizione verso una rete intelligente. Per questo sta progettando “un’architettura comune con prodotti e processi standardizzati che unisce gli operatori e i clienti dei sistemi energetici, consentendo uno scambio senza soluzione di continuità e trasparente di servizi energetici in tutto il sistema energetico”.

Questo progetto “aiuta a collegare i punti tra tutte le parti lungo l’intera catena del valore dell’elettricità attraverso la progettazione di un’architettura pan-europea dei servizi di rete (IEGSA)”. INTERRFACE – come già suggerisce il nome – fa da interfaccia tra operatori delle reti di trasmissione e distribuzione dell’energia, semplificando processi di mercato come, ad esempio, la prequalificazione della rete. “Rafforzano anche il ruolo degli aggregatori, che possono trasformare il business dell’elettricità abbassando la barriera all’ingresso al mercato dell’energia al dettaglio, forgiando un solido legame tra i consumatori e il mercato dell’energia e mettendo i piccoli attori a parità di condizioni” ha aggiunto Georgios Boultadakis, coordinatore del progetto INTERRFACE.

Come si legge sul sito del progetto: “per sostenere la trasformazione INTERRFACE progetterà, svilupperà e sfrutterà un’architettura di servizi di rete paneuropei interoperabile (IEGSA) per fungere da interfaccia tra il sistema di alimentazione (TSO e DSO) e i clienti e consentire il coordinamento di tutte le parti interessate nell’utilizzare e procurarsi servizi. Gli strumenti digitali all’avanguardia basati su blockchain e gestione dei big data forniranno nuove opportunità per la partecipazione al mercato dell’elettricità e quindi coinvolgeranno i consumatori nelle strutture di mercato proposte da INTERRFACE che saranno progettate per sfruttare le risorse energetiche distribuite”.

Favorendo in questo modo “la comunicazione tra i diversi centri dati e le applicazioni di mercato e, in ultima analisi, facilitando l’integrazione del mercato dell’energia”.

Datacenter sostenibili

Un altro progetto che permette di individuare quali sono le relazioni tra sostenibilità e digitale è quello che riguarda i green data center. Una tecnologia sostenibile per contrastare l’impatto dei data center sull’ambiente e dunque sulla sostenibilità ambientale, dal momento che attualmente “utilizzano circa il 3% dell’elettricità europea”. Così BodenTypeDC ha messo in piedi un data center verde per “rispondere alla necessità di una maggiore efficienza europea”. In questo caso, c’è stato un ragionamento più sulla natura e sul senso dei data center, dal momento che all’interno di questi circa il 40% dell’elettricità “viene consumata dai sistemi di raffreddamento”.

BodenTypeDC, grazie al finanziamento dell’UE ha costruito e convalidato un data center – il Boden Type Data Center – che sembra essere efficiente sia dal punto di vista energetico che dei costi, andando a impattare così sia sulla sostenibilità ambientale che economica.

“Funziona con energia rinnovabile e si basa su tecnologie di raffreddamento ad aria libera ed evaporative senza la necessità di refrigeranti. Utilizza anche materiali da costruzione a basse emissioni di carbonio e di provenienza locale”.

Qui la sostenibilità digitale sembra risiedere anche nel nuovo sistema di raffreddamento che è stato progettato: “Di solito, i sistemi raffreddati ad aria sono controllati fornendo una temperatura impostata. Ciò si traduce in una risposta lenta da parte dei sistemi di raffreddamento alle oscillazioni termiche nel centro dati create da grandi cambiamenti nel carico di lavoro. In BTDC One, il raffreddamento si adatta in modo intelligente e funziona insieme a un algoritmo che controlla i carichi di lavoro IT, la velocità e la temperatura della ventola del server per massimizzare l’efficienza”.

La sistematicità e l’interezza a cui si è voluto guardare alla base della progettazione emerge anche nella scelta del luogo dove costruire questo green data center. È vero che i paesi nordici, negli ultimi anni, “sono diventati il mercato di riferimento per i data center” per via del loro clima freddo, al fine di ridurre l’uso di energia per raffreddare le strutture, ma in questo caso specifico “l’abbondanza di energia rinnovabile nella zona” è stato un ulteriore fattore che ha fatto sì che un luogo come Boden diventasse il luogo ideale per la costruzione del TypeDC.

Un ecosistema elettrico socialmente sostenibile

L’UE, tra le altre cose, prevede dei programmi di risposta alla domanda – abbreviati con l’acronimo DR – che “possono aiutare i consumatori a ridurre il loro consumo di energia nonostante i vincoli di approvvigionamento o durante i periodi di punta, dando loro l’opportunità di svolgere un ruolo attivo nel mercato dell’energia”. Tuttavia, l’applicazione di questi programmi è stata lenta dal momento in cui “edifici residenziali e terziari, responsabili del 44% del consumo finale di energia, sono scollegati dalle attività di DR in quanto non partecipano direttamente all’ingrosso del mercato”.

“Questo – continua il report – è in contrasto con gli edifici industriali o le strutture che hanno la capacità invece di manipolare la loro capacità di carico energetico”. Questa differenza tra edifici residenziali e industriali è principalmente dovuta ad un’inadeguatezza tecnologica fatta di “frammentazione dei protocolli, dei modelli di dati e degli standard per i sistemi di gestione dell’energia degli edifici”.

Il comune cittadino, in tal senso, viene danneggiato, ma a sua volta ha lui stesso “l’avversione al rischio e i potenziali benefici non sono ben noti, e i programmi DR possono essere invadenti, scomodi e comportare il rischio di un aumento delle bollette”. Per questo DRIMPAC, ha sviluppato un quadro tecnologico “unico e universale che faciliti la comunicazione end-to-end delle informazioni necessarie per la scoperta e la consegna della flessibilità della domanda”. L’obiettivo è quello di “consentire la partecipazione dei piccoli consumatori di energia a programmi DR espliciti e impliciti”, così da rendere il consumatore un prosumer. Questo quadro tecnologico, infatti, fornisce “l’opportunità di utilizzare i loro beni, come qualsiasi unità di generazione, e modificare il loro consumo”.

L’implementazione di questo quadro può essere possibile installando delle soluzioni hardware con un’interfaccia user friendly nella casa dell’utente.

Fra i progetti sviluppati in assenza di contributi UE, Eni ha realizzato il sistema Ecofining che trasforma materie prime di origine biologica in “biocarburanti di alta qualità”. La tecnologia sviluppata permette infatti di trattare “diversi tipi di grassi animali e vegetali di scarto provenienti dall’’industria alimentare e oli da cucina usati”. L’importanza di Ecofining è dovuta principalmente al prodotto che trasforma. I biocarburanti avanzati, infatti, “sono uno degli strumenti per contribuire al contenimento delle emissioni di CO2 nel settore dei trasporti, tanto che l’Unione Europea ne promuove l’utilizzo […]. A differenza dei biocarburanti tradizionali che derivano da colture in competizione con l’uso alimentare, quelli avanzati trattano scarti o colture che non sottraggono terreno all’agricoltura, come pagliaglicerina grezzaguscisfalci agricoli e forestali rifiuti organici della raccolta differenziata”.

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