La ristorazione post-pandemia: sarà digitale e sostenibile

La pandemia, e la crisi che ha portato con sé per il settore della ristorazione in Italia, ha posto le basi per un'accelerazione nell’adozione di nuove pratiche digitali e sostenibili, che nella "nuova normalità" potrebbero portare vantaggi sia per l’offerta ristorativa che per l’esperienza di consumo

Oggi il settore della ristorazione in Italia è esposto ad una serie di forti criticità, dovute principalmente all’emergenza sanitaria da coronavirus; tuttavia, le trasformazioni che ciò sta comportando nelle tendenze di consumo e nei vari modelli di business della ristorazione, ha posto le basi per accelerare l’adozione di nuove pratiche “digitali” e “sostenibili”.

Stanno infatti cambiando rispetto agli anni precedenti, non soltanto i livelli di interesse – sempre crescenti – per le tematiche connesse alla sostenibilità, ma si sta anche affermando un “new normal” nel quale il digitale diviene sempre più uno strumento prezioso sia per l’offerta ristorativa sia per l’esperienza di consumo.

Sostenibilità e digitalizzazione nella ristorazione prima e dopo la pandemia

In Italia, già da alcuni anni, si stava affermando una tendenza importante volta a valorizzare gli aspetti della sostenibilità e le pratiche digitali all’interno del settore ristorativo. Un percorso di evoluzione del settore ristorativo che ha subito una battuta d’arresto, ma che potrebbe riprendere e contribuire a rafforzare gli standard qualitativi della ristorazione italiana parallelamente alla ripresa delle attività post-pandemia.

La sostenibilità interessa sia i ristoratori sia i clienti

Tra i presupposti per una “ripresa sostenibile” della ristorazione, basterebbe ricordare che già il 29 Luglio del 2019 è stato pubblicato dalla FIPE – Federazione Italiana Pubblici Esercizi, il primo Manifesto per la ristorazione sostenibile in Italia. Nello stesso anno, sempre la FIPE, nel suo report annuale “Ristorazione 2019 – Gli italiani ed i consumi alimentari fuori casa” prese espressamente in esame tra le abitudini dei consumatori il loro interesse per la sostenibilità e l’uso delle nuove tecnologie digitali.

Dalla ricerca emerge che il 71% dei clienti ritiene importante che i ristoranti operino in modo sostenibile, dal punto di vista sia sociale sia ambientale. Per i clienti, i fattori prioritari per definire un ristorante sostenibile sono: limitare lo spreco di cibo (37,7%), impiegare materie prime provenienti da colture e allevamenti sostenibili (36,7%), valorizzare le materie prime del territorio (34,8%), limitare o eliminare l’uso della plastica (33,3%), osservare una giusta etica del lavoro (24,6%), ed infine utilizzare attrezzature e strumenti di lavoro a basso consumo energetico (16%).

Il digitale come strumento “informativo” e “narrativo” per il cliente

Le abitudini dei consumatori, secondo l’indagine FIPE 2019, sono consolidate anche nell’uso delle piattaforme digitali. Il 65,5% degli intervistati legge le recensioni online per scegliere il ristorante, e di questi il 66,6% le ritiene importanti nell’orientare le proprie scelte. Tra questi l’8% le consulta sempre, il 9% solo quando è in vacanza, l’11% nel caso di ristoranti che non frequenta abitualmente ed un 5,4% per scoprire se il locale offre sconti o agevolazioni.

Tra le piattaforme più usate vi sono TripAdvisor (56,2%), Google (31,6%), TheFork (25,7%) ed il portale del Gambero Rosso (8,2%). Emerge anche dalla ricerca che per il 56,8% degli intervistati le recensioni online rappresentano l’elemento decisivo per scegliere il ristorante, ed il 23,8% usa le informazioni online sul ristorante per sapere se è conforme alle proprie esigenze (regimi alimentari specifici, servizi ed accessibilità, ecc.). Infine, un aspetto interessante connesso alla reputazione e promozione dei locali, riguarda l’utilizzo dei social media al ristorante da parte dei clienti. Sempre secondo l’indagine FIPE, infatti, il 69,3% degli intervistati dichiara di pubblicare online mentre è al ristorante foto dei piatti (in particolare, ma non esclusivamente, su Facebook ed Instagram) e di “taggare” o almeno indicare il nome del locale nel 59,7% dei casi, allo scopo di raccontare la propria esperienza.

Con la pandemia, che ha imposto una “nuova normalità” negli stili di consumo, gli italiani stanno anche sviluppando un uso più maturo e strumentale delle tecnologie digitali: non più solo il web come strumento di raccolta di informazioni per orientarsi nelle scelte, ma anche l’uso delle piattaforme che offrono ad esempio servizi di food delivery. Secondo il Rapporto Coop del 2020, infatti, la pandemia “ha accelerato il trend” in base al quale “la tecnologia è venuta a supporto anche dei ristoratori che hanno scelto la digitalizzazione come unica leva di sopravvivenza per portare avanti l’attività, per essere resilienti. Una ristorazione italiana digitale, che […] durante i mesi di lockdown ha registrato un balzo del +30% nel numero di locali “connessi” e una frequenza di ordinazione 5/6 volte superiore. […] L’espansione del fenomeno del food delivery che nel 2020 raggiunge i 706 milioni di euro di vendite, con un incremento del +19% rispetto all’anno precedente, quasi quintuplicando le performance del 2016. Risultati sorprendenti se si considera che il mercato digitale del food delivery è arrivato a coprire il 25% dell’intero settore a domicilio. Un servizio essenziale, che durante i mesi di lockdown ha servito il 100% delle province italiane”.

L’affermarsi delle certificazioni per la sostenibilità

Come si è visto, l’interesse crescente per la sostenibilità nella ristorazione sta spingendo tutta la filiera del settore Ho.Re.Ca. a certificare la propria sostenibilità in materia di prodotti e servizi ristorativi offerti; su questa spinta in tutto il mondo sono emerse, e stanno tutt’ora emergendo, realtà che offrono servizi per la ristorazione in quest’ambito.

Negli Stati Uniti, ad esempio, si sono diffuse le classificazioni basate sull’etichetta Green Restaurant Certification 4.0 Standards (a partire già dal 1990) e sulla Green Seal GS-55 (oggi diventata standard comune in USA), oltre alla “Conserve Solution for Sustainability” della American Beverage Association che affronta i temi della sostenibilità ambientale rivolgendosi a tutti gli attori protagonisti nella produzione e nella commercializzazione delle bevande. Altri progetti simili sono stati sviluppati anche in Nuova Zelanda, oppure su iniziativa del Dipartimento per la Protezione Ambientale ad Hong Kong chiamata Green Restaurants Certification.

In Europa il settore è ancora molto frammentato tra: l’Associazione britannica per la ristorazione sostenibile, la EU Ecolabel che ambirebbe ad essere la certificazione europea per prodotti e servizi “green”, l’Organizzazione Nordic Ecolabel il cui standard è diffuso soprattutto tra i Paesi del Nord Europa, infine le certificazioni locali dei singoli Stati comunitari.

In Italia, invece, oltre al proliferare delle certificazioni private ve ne sono molte a livello locale. Alcune particolarmente interessanti e complete, come ad esempio la certificazione proposta già dal 2011 dalle istituzioni della Provincia Autonoma di Trento, corredata da un dettagliato disciplinare che lega l’ottenimento della certificazione anche ad una serie di incentivi pubblici mirati per la ristorazione sostenibile.

Il problema comune di molte certificazioni, però, è che non integrano gli aspetti tecnologici (salvo per quanto riguarda i sistemi a basso consumo energetico) all’interno dei propri parametri di valutazione; ciò rende ancora lontana quella trasformazione digitale sia di senso che di processo che potrebbe davvero supportare una ristorazione sostenibile.

Nuovi trend nella ristorazione tra tecnologia e sostenibilità

Nella “nuova normalità” che attende nell’immediato futuro la ristorazione italiana, è ormai chiaro che la sostenibilità legata al digitale rappresenterà un elemento fondamentale per la crescita, sia dal punto di vista qualitativo sia sotto il profilo economico. Tuttavia, la convergenza tra sostenibilità e digitale non è ancora pienamente avvenuta, resta difficile dare una definizione univoca di ristorazione sostenibile, infine, le certificazioni nella loro varietà non hanno ancora pienamente inserito la dimensione tecnologica tra i propri standard.

In questo percorso ancora in fieri, potremmo provare a definire la ristorazione sostenibile come un tipo di approccio gestionale alla ristorazione che è finalizzato a ridurre gli impatti negativi sull’ambiente ed, allo stesso tempo, incrementare i benefit di natura socio-economica. Alcune nuove procedure e tecnologie innovative permettono già di incrementare significativamente le prestazioni ambientali di una piccola o media impresa ristorativa, e di ridurne i costi fissi di gestione offrendo così anche un servizio ad un prezzo concorrenziale.

Partendo da questa definizione, sicuramente risultano decisive tutte quelle tecnologie digitali oppure partner/fornitori tecnologici in grado di fornire soluzioni che ottimizzino le pratiche manageriali, favoriscano l’abbattimento dei propri consumi e degli sprechi alimentari e guardino a modalità organizzative basate su modelli di economia circolare.

Ad esempio, i sistemi gestionali all-digital, che integrano in maniera flessibile tutti i processi per la gestione ristorativa ed allo stesso tempo per la data analysis volta alla fidelizzazione del cliente; si riveleranno sempre più decisivi per il revenue management. L’esempio più interessante in tal senso è “Tiller”, un gestionale progettato per essere adattato in maniera flessibile a tutti i tipi di ristorazione (inclusi i foodtruck), addirittura estendibile alla gestione contemporaneamente di più ristoranti. Altri esempi vengono anche dal ripensamento della “ristorazione collettiva”, nella quale aziende come Elior hanno sviluppato sistemi digitali che consentono all’utente una vasta scelta in termini di preferenze alimentari, offrendo servizi mensa con una alta profilazione rispetto all’utente (ottimizzando il servizio e riducendo gli sprechi). La stessa azienda ha anche sviluppato soluzioni technology-driven per il periodo della pandemia, consentendo di prenotare il pasto della mensa tramite applicazione per poi trovarlo pronto all’interno di appositi dispositivi temperaturizzati.

Se si torna alla ristorazione tradizionale, la lotta allo spreco di materie prime e l’ottimizzazione del food cost per ciascun pasto, ad esempio, vengono promossi attraverso l’adozione di sistemi come “Winnow”: soluzione basata sull’uso dell’intelligenza artificiale per video-monitorare gli sprechi di materie prime e gli avanzi di cibo. Stanno poi prendendo piede quei servizi in favore della sostenibilità rivolti al cliente, come le app per smaltire i pasti giornalieri in eccedenza (tra le quali la più nota in ambito Ho.Re.Ca. è “ToGoodToGo”); oppure, l’adozione di servizi di food delivery rispettosi dei diritti dei lavoratori.

Va però sottolineato che è ancora lontana la totale adozione di soluzioni digitali per la sostenibilità, visto che in alcuni ambiti chiave dell’attività ristorativa la tecnologia è ancora totalmente assente. Basti pensare che soltanto tre anni fa ancora il 40% dei ristoratori dichiarava, nel Rapporto FIPE di allora, di non usare alcuno strumento digitale: che si trattasse di un gestionale per i pagamenti oppure di un sito web. Solo l’8% usava software per la gestione degli acquisti, dei fornitori, dei tavoli e dei dipendenti; mentre il 7% utilizzava strumenti analitici per la creazione dei menu.

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