Secondo uno studio di McKinsey Center for Future Mobility, il settore della mobilità è tornato ai livelli pre-pandemici. Nonostante ciò, le preferenze dei consumatori sono cambiate e ancora una volta la tecnologia è fondamentale. Guida autonoma, connettività, elettrificazione e sharing mobility sono le nuove tecnologie sulle quali sono stati investiti circa 70 miliardi di dollari solo nella prima metà del 2021.
Solo pochi mesi fa, a settembre, per la prima volta l’auto più venduta in Europa è stata quella elettrica. Inoltre, si ipotizza che entro il 2035 la maggior parte del mercato automobilistico riguarderà completamente l’elettrico. E ancora: rispetto al 2020, l’uso regolare dei trasporti pubblici e dei servizi di micromobilità hanno avuto un incremento, anche rispetto ai livelli pre-pandemia.
“Dall’inizio della pandemia, il trasporto privato è stato il modo preferito di mobilità per molte persone in tutto il mondo. Questa tendenza è ancora osservabile nel 2021, anche se le modalità di sharing-mobility hanno nuovamente guadagnato quote di mercato.”
Se lo sviluppo sostenibile non è una condizione di armonia definitiva, ma piuttosto un processo di cambiamento tale per cui lo sfruttamento delle risorse, la direzione degli investimenti e l’orientamento dello sviluppo tecnologico sono coerenti con i bisogni futuri – oltre che con gli attuali – allora si può affermare che anche il settore della mobilità sta andando in questa direzione.
Una delle tendenze tecnologiche della mobilità riguarda le emissioni di carbonio: tant’è che l’industria automobilistica, ad esempio, sta facendo della decarbonizzazione una priorità. Da un lato c’è il focus sul prodotto, creando più veicoli elettrici, dall’altro si sta cercando di fare in modo che anche il processo di produzione automobilistica risulti più sostenibile a livello ambientale. Sforzi che potrebbero contribuire a mantenere il livello di temperatura globale sotto 1,5°.
La trasformazione (digitale) del settore della mobilità
Un sistema che sta avendo effetti di ampia portata. Alcuni comuni della Spagna o della Germania si stanno muovendo per incentivare la micromobilità, ad esempio dichiarando di ridurre il limite massimo di velocità da 50 a 30 chilometri all’ora nelle aree urbane più dense. Altre città europee come Roma o Parigi ridurranno il numero di parcheggi nel tentativo di scoraggiare l’utilizzo dell’auto.
Tutti questi cambiamenti sono la dimostrazione di come le tecnologie impattano sulla società e di come, a sua volta, economia e società possono rispondere. Lo studio di McKinsey&Co., inoltre, ha evidenziato come la spinta della tecnologia nei veicoli digitali, abbia dato il via ad un’altra tendenza: quella della crescita del mercato di chip per veicoli autonomi. Dunque anche la ripresa – e la costruzione di modelli economici e sociali sostenibili alternativi – nel settore della mobilità, fa sì che si possa parlare di trasformazione digitale: comportamenti (economici e sociali) che sono indotti dalle diverse tecnologie.
“Le auto stanno diventando sempre più software su ruote, e la corsa verso il riconoscimento del valore potenziale della connettività è in corso.”
Così la società si trasforma digitalmente, impattando sui comportamenti individuali che vivono del processo trasformativo in atto. In questo senso, la domanda su quale sia la direzione che il settore della mobilità stia intraprendendo, può essere anche riassunta in: quali cose ha senso fare con il digitale (nel settore della mobilità)?
Nuove forme di cooperazione, sharing mobility, uso regolare dei trasporti pubblici sono comportamenti e modalità che indicano una realtà ben più complessa, in cui – nel caso specifico – sostenibilità e impresa vanno a braccetto: una scelta di mercato che impone un percorso di cambiamenti.
Non è un caso, dunque, che tra gli sviluppi chiave futuri del settore vi siano i consumer – cittadini – e le tecnologie. Tra scelte più flessibili di accesso e soluzioni di micromobilità, la tecnologia non è vista come fonte di inquinamento ma diventa strumento, parte dell’ecosistema della mobilità. E così il digitale, nuovamente, assurge al ruolo di sostenibilità digitale.
La crescita di nuove tecnologie, modelli di business e opportunità ma anche la regolamentazione del settore dimostrano che c’è un’attenzione al come, ai processi produttivi. Gli impegni net-zero stanno prevalendo sulla formazione di catene di approvvigionamento, sui meccanismi di mercato: così la trasformazione digitale contribuisce a ricostruire il senso di queste industrie.
Infatti, se è vero che per le imprese queste condizioni sono opportunità per innovare, è anche vero che è necessario condurre un’azione coordinata insieme ad altri partner: dai fornitori di capitale a responsabili e politici.
Un chiaro indicatore di reinterpretazione del senso e del ruolo di imprese e cittadini, ridefinito dall’evoluzione posta in atto dalle tecnologie e dalla pandemia. Una presa di coscienza, un’evoluzione non solo del panorama lavorativo, industriale ma anche del cittadino. Se il 51% degli intervistati ha dichiarato di voler viaggiare meno di prima della pandemia, ci si deve chiedere come stanno cambiando i comportamenti, i trasporti, in funzione della natura specifica del contesto sociale mutato. E di conseguenza ci si deve chiedere come deve processata la mobilità – cosa che emerge dal rapporto.
“Le principali nazioni mondiali hanno fissato obiettivi ambiziosi per la decarbonizzazione, ad esempio, il piano “Fit for 55” dell’Unione europea, che richiederà una visione olistica degli spostamenti: dalla mobilità delle automobili ad altri mezzi di trasporto. Inoltre, a livello locale molte città stanno portando avanti normative più severe sull’uso dell’auto.”
Questo significa che non bisogna essere in grado o meno di utilizzare una determinata tecnologia, ma di comprenderne il suo uso – quando si fa sharing-mobility, ad esempio. Così da comprendere il ruolo di ognuno di noi all’interno della società.
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