L’equilibrio fondamentale tra digitale, psiche e sostenibilità

Quale rapporto tra digitale, psiche e sostenibilità? È questo il tema del webinar che la Fondazione per la Sostenibilità Digitale ha ospitato lunedì pomeriggio, organizzato in occasione della presentazione del libro “Inconscio digitale e sostenibilità” di Giuliano Castigliego

In un’era in cui la Trasformazione Digitale ha contribuito a ridefinire ogni aspetto della nostra esistenza, ormai letteralmente intrisa e pervasa di digitale, la psicologia si trova a dover esplorare nuovi orizzonti per comprendere l’influenza che il digitale ha sulla nostra mente, sul nostro inconscio e sulla società in cui viviamo, così come sulla necessità di costruire nuovi equilibri, guardando alla sostenibilità come orizzonte di riferimento.

È con queste parole che Stefano Epifani, Presidente della Fondazione per la Sostenibilità Digitale, introduce il nuovo libro “Inconscio digitale e sostenibilità” di Giuliano Castigliego: un libro tratto dalle riflessioni realizzate dall’autore, nel corso di oltre un anno, tra le pagine di Tech Economy 2030, e che è stato presentato lunedì pomeriggio nel corso di un webinar condotto da un discussant d’eccezione, Luca De Biase. Evento che, inoltre, è stato l’occasione per riflettere sulle interazioni tra digitale, psiche e sostenibilità: temi soltanto apparentemente distanti tra loro, ma in realtà legati da una fortissima interrelazione.

Il Rapporto Brundtland, infatti, definisce la sostenibilità come la necessità di soddisfare i bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri. In questa definizione, che a distanza di oltre 35 anni dalla sua nascita ancora spiega meglio di molte altre il senso profondo del concetto, si evidenza il legame intrinseco tra la sostenibilità e la dimensione psicologica dell’individuo: legame che ruota attorno al concetto di “bisogno” e che, guardando alla crescita individuale e collettiva, al benessere, alla realizzazione del potenziale individuale e sociale, diventa il vero motore della sostenibilità. In questo quadro, la dimensione psicologica ridefinisce la realtà digitale e ne è ridefinita in un vero e proprio gioco di specchi, poiché le preferenze, i bisogni e i desideri degli individui si riflettono sulle scelte tecnologiche e sulle innovazioni digitali, che a loro volta impattano sul modo che hanno le persone di percepire il mondo, le relazioni, sé stessi. È il caso, ad esempio, dell’Intelligenza artificiale, sulla quale, come sottolineato da Luca De Biase, proiettiamo qualcosa di più di ciò che questo strumento è chiamato a fare. “Con lo sviluppo dell’Intelligenza artificiale si aggiunge uno strato sostanziale di razionalizzazione ma, a livello di percezione, di totale confusione”, ha evidenziato Stefano Epifani, “Il rischio, infatti, soprattutto per quegli utenti che non hanno ad oggi adeguate competenze per leggere il fenomeno, è quello di assegnare a questi strumenti una dimensione emotiva che in realtà non hanno. Per questo, per approcciare tecnologie come l’Intelligenza artificiale e non solo, quello della consapevolezza è un ruolo cruciale”.

Ciò è evidente considerando gli impatti del digitale – tra le infinite possibilità che offre e i rischi connessi al suo utilizzo – su aspetti fondamentali dell’esistenza umana, come il modo in cui comunichiamo, ci informiamo, costruiamo le nostre convinzioni. Da un lato, infatti, il digitale ha fornito strumenti potenti per la diffusione e l’accesso alle informazioni, aprendo nuove opportunità di apprendimento, comunicazione e connessione. Dall’altro, però, questa abbondanza di informazioni e la velocità con cui vengono diffuse può portare a un sovraccarico cognitivo, rendendo difficile distinguere tra ciò che è vero e ciò che è falso, tra opinioni e fatti. Inoltre, il digitale ha anche aperto le porte a nuove forme di manipolazione dell’informazione: le tecniche di persuasione, come la profilazione degli utenti e l’utilizzo di algoritmi personalizzati possono influenzare le nostre percezioni, le nostre scelte e i nostri comportamenti. Questo solleva importanti questioni etiche e deontologiche riguardo la responsabilità degli attori coinvolti nella produzione e diffusione delle informazioni digitali.

In questo contesto, la digitalizzazione influenza la sostenibilità non solo attraverso il suo impatto sulle dinamiche sociali e le interazioni umane, ma anche ridefinendo e rimediando tanto le relazioni quanto la percezione del sé. Per tale ragione è essenziale sviluppare una maggiore consapevolezza delle trasformazioni psicologiche che il digitale induce nel rapporto con noi stessi, le nostre emozioni, le nostre relazioni, i nostri impulsi e i nostri sentimenti, così come con le dimensioni della memoria e dell’oblio. “Già nel 1996 si parlava di ‘Internet Regression’, ovverosia della regressione psichica che si sarebbe verificata nell’utilizzo di Internet, spazio nel quale saremmo diventati sessualmente più disinibiti, più aggressivi, più generosi”, ha spiegato Giuliano Castigliego. “Tendenza, questa, che è andata ulteriormente a svilupparsi con i Social, che hanno rappresentato l’evoluzione dai contenuti (Blog) alle relazioni (piattaforme). Relazioni che, poi, sono ancora più difficili da gestire sui Social, perché mancano di una serie di elementi tradizionalmente presenti nella comunicazione personale, dando invece più spazio ad altri di carattere più impulsivo. Inoltre, i Social ci danno una sensazione di onnipotenza, perché sono spazi in cui crediamo di poter fare e dire qualsiasi cosa. Per questo motivo sono spesso abusati: danno l’illusione che tutti stiano lì ad ascoltare ciò che abbiamo da dire, e a guardare ciò che vogliamo esibire. Insomma, sono le componenti del principio del piacere, caratteristica che Freud assegnava all’inconscio, a farla da padrone. D’altro canto, i Social sono una sorta di luogo in cui esprimiamo i nostri sogni ad occhi aperti, i nostri castelli in aria, dunque etimologicamente le nostre illusioni”.

Ed è proprio in questo quadro che si inserisce con forza il concetto di sostenibilità che, come sottolineato ancora da Giuliano Castigliego, deve rappresentare un faro in grado di guidarci per un corretto utilizzo di questi strumenti: “da questo punto di vista quello della sostenibilità è un buon concetto, perché ci costringe a confrontarci con i bisogni degli altri e mette dei limiti. Cosa che i Social generalmente tendono a non fare, ed è forse per questo che li apprezziamo così tanto. Per questo motivo è fondamentale rispettarne i princìpi, anche nell’uso dei Social network”.

Non solo: tutto ciò ha fatto sì che si sviluppasse anche un “inconscio digitale”, concetto alla base del libro e che l’autore definisce come l’insieme di ciò che proiettiamo inconsciamente su Internet e i social media così come degli stimoli inconsci che dal digitale vengono suscitati in noi, influenzando il nostro quotidiano. “L’inconscio digitale è ciò che si è sviluppato in tutti noi quando si è aperta la dimensione digitale”, ha spiegato Giuliano Castigliego, “la realtà digitale, conosciuta inizialmente come cyber space, ci sembrava al principio del tutto razionale, semplicemente un’ulteriore espansione della nostra mente. Nel tempo, però, ha assunto altre sfumature. Accanto alla pura razionalità sono arrivati infatti i nostri impulsi, che hanno inondato la rete e in particolare i Social: questi ultimi, in modo particolare, hanno preso così piede da essere visti come ambienti in grado di trascinarci, un po’ come faceva l’inconscio. A questo proposito, è interessante leggere ciò che scriveva Freud nel 1915 a proposito dell’inconscio e delle sue caratteristiche, molto simili a quelle del digitale. Lo definiva come un ambito che sostituisce la nostra realtà quotidiana, e una delle caratteristiche che gli attribuiva era quella della atemporalità, per la quale tutto ciò che rimane nell’inconscio non si consuma, come appunto accade in Internet. Freud, inoltre, sosteneva che nell’inconscio non esistono né la negazione, né il dubbio, né livelli diversi di certezza, che è appunto quanto noi rimproveriamo proprio a Internet, e che al suo interno avvengono degli investimenti affettivi molto mobili e rapidi, come si riscontra nel mondo dei social, in cui proprio la viralità viene ricercata e apprezzata. Insomma, già da queste caratteristiche i parallelismi tra l’inconscio e la realtà digitale appaiono molto forti: ed è proprio da queste analogie che sono partito per parlare di Inconscio digitale”.

Dunque, comprendere il rapporto tra digitale, psiche e sostenibilità rappresenta una sfida cruciale nella società contemporanea. È per questo motivo che il seminario organizzato dalla Fondazione per la Sostenibilità Digitale ha voluto configurarsi come uno spazio dedicato alla riflessione sulle interazioni tra questi tre elementi, ed è in questa direzione che il libro “Inconscio digitale e sostenibilità” di Giuliano Castigliego, come sottolineato in conclusione da Stefano Epifani, rappresenta uno strumento importante, “una bussola per orientarsi e per avere un orizzonte di riferimento su temi ai quali tutti, oggi, dovremmo guardare con maggiore consapevolezza”. Perché la trasformazione digitale è una rivoluzione dalle infinite potenzialità, ma per affrontarla al meglio è necessario dotarsi dei giusti “strumenti” culturali.

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