La digital transformation inizia dalla conoscenza del moderno consumatore

Una delle motivazioni principali alla base dei processi di digital transformation delle aziende è quella di affrontare e gestire la multicanalità, ossia la relazione con tutti gli stakeholder su un numero crescente di punti di contatto, siano essi fisici che digitali. L’errore che viene spesso commesso è quello di focalizzarsi su questi touchpoint e sulle tattiche di utilizzo (punto B dello schema realizzato da Forrester), piuttosto che partire dal customer (punto A) e quindi da bisogni, interessi e opinioni di clienti attuali e potenziali. Insomma, quello che dovrebbe essere l’assunto principe di ogni strategia di business, ossia “mettere il cliente al centro dell’attenzione”, viene talvolta relegato dentro fumose mission aziendali o studiato e interpretato con logiche di analisi un po’ vetuste.

Digital

È evidente che le modalità con cui le persone si relazionano con le aziende e svolgono i loro processi di acquisto sono cambiate moltissimo in questi ultimi anni, moltiplicando altresì le tipologie di “sales funnel” rendendo di fatto inadeguate le vecchie segmentazioni per cluster demografici e le attività conseguenti. Servono quindi degli strumenti nuovi per capire i comportamenti di acquisto contemporanei, con l’obiettivo di identificare i customer journey più rappresentativi rispetto al mercato di riferimento. Qui non approfondiamo il tema dei nuovi strumenti di analisi e segmentazione del mercato collegato a tutto il mondo dei big data, che tuttavia va ricordato sa evolvendosi in modo decisivo. Segnaliamo invece sinteticamente delle iniziative (alcune di queste saranno riprese in articoli successivi) che aiutano concretamente a capire e identificare meglio i clienti (attuali e potenziali) nonché i cosiddetti influencer.

  • Le piattaforme cosiddette di listening consentono di individuare le conversazioni online sui temi di business di ciascuna azienda. L’analisi di questi dati fornisce informazioni preziose sugli interessi e sulle opinioni degli individui, oltre a riconoscere quelli maggiormente influenti. Si tratta di analisi molto versatili, utili a più dipartimenti aziendali per capire e agire di conseguenza su svariati fronti: dal capire gusti e interessi dei clienti a intercettare criticità di business o di caring, dal comprendere la reputazione dell’azienda al conoscere la sua notorietà rispetto ai competitor, fino a intercettare conversazioni “sensibili” dei collaboratori o di potenziali candidati.
  • Ma i cari focus group non servono più? Tutt’altro, solo che è opportuno svolgerli con modalità più moderne, ad esempio con tecniche collaborative e coinvolgenti come il metaplan o con strumenti di videoconferenza multiutente che razionalizzano la logistica e si prestano per analizzare i touchpoint digitali. Sono meeting e workshop estremamente utili, ad esempio, per mappare o per validare le fasi del customer journey e le eventuali criticità di ciascuna fase in termini operativi e di esperienza complessiva.
  • Poi c’è l’enorme flusso di dati che ogni azienda si trova a disposizione frutto di ogni singola relazione digitale (o digitalizzata) con le persone. Quindi ogni visita al sito corporate, ogni attività sull’app mobile, ogni azione rispetto alle email, ma anche ogni strisciata con la carta fedeltà nei negozi, genera dei dati. Riuscire ad uniformare la vista di questi dati riconducendoli a singole identità, fornisce straordinarie informazioni e consente di prendere decisioni e di agire non solo riguardo al business nel suo complesso ma in modo personalizzato verso ciascun individuo. Tecnologicamente queste funzionalità sono abilitate dalle piattaforme di marketing automation che stanno diventando un elemento strategico-competitivo per ogni azienda di medie-grandi dimensioni.
  • Per le organizzazioni più sensibili e disponibili al coinvolgimento attivo dei clienti, segnaliamo altresì i progetti di crowdsourcing e di idea management. Si tratta di iniziative che attraverso strumenti tecnologici specifici, permettono la gestione di community più o meno estese ed aperte, nelle quali i partecipanti sono stimolati a proporre idee e soluzioni riguardo prodotti o servizi della specifica industry, lasciando che sia poi la community a identificare le idee più meritevoli di attenzione.

Facebook Comments

Previous articleABC della sicurezza: Data Breach
Next articleAlphabet tenta di rendere più “responsabili” le sue controllate: pronto un nuovo piano interno
Con oltre 30 anni di esperienza nell'ambito dell'ICT, è ritenuto uno dei maggiori esperti di comunicazione online in Italia avendo ideato e coordinato progetti di marketing digitale per molte aziende e corporation di ogni dimensione e settore. Precursore su diversi fronti in ambito "digital", è stato tra i primi a sviluppare progetti di search marketing (1996), performance advertising (2000), business blogging (2003), enterprise content (2004), analisi discussioni online (2005), social media marketing (2006), social CRM (2010). È partner e responsabile strategico di DigitalBreak, società specializzata in progetti di Digital Transformation con sedi a Milano e Roma. Ha guidato la web agency Ad Maiora dal 1997 al 2009 e successivamente l'area Digital di Ammiro Partners e la business unit dedicata al Customer engagement di OpenKnowledge. In precedenza si è occupato di comunicazione, informatica e telecomunicazioni. Tra i suoi progetti ricordiamo l'ideazione di MotoriDiRicerca.it, per molti anni il sito di riferimento in Italia. È Professore a progetto in Digital Marketing allo IULM di Milano ed è relatore a decine di convegni e seminari ogni anno. È stato eletto Strategic Planner 2011 nell’ambito del Premio Web Italia 2011. Ha scritto "Motori di ricerca e visibilità sul web" (Apogeo, 2001) ed è co-autore di “Social Media Marketing” (Hoepli, 2011). È stato membro dei board di IAB Italia, SEMPO.org e BAIA Italia.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here