Dalle lettere di guerra a Whatsapp: come e quanto siamo cambiati?

Non ti preoccupare di me caro Alfredo, perché sono convinto di cavarmela. Spero che questa mia arriverà in tempo“. Così si scriveva su una carta ingiallita con un pennino a inchiostro durante la prima guerra mondiale. Così non scriviamo certo più. E proprio su differenze e analogie ha voluto riflettere il progetto ideato dall’Archivio Storico del Comune di Carpi con un progetto realizzato con le scuole denominato proprio “Dalle lettere a Whatsapp: come è cambiato il nostro modo di comunicare“.

Il perché studiare il modo in cui è cambiata la comunicazione è presto detto. “Nell’estrarre alcune filze destinate ad una storica locale che stava ricostruendo la storia di Carpi durante la prima guerra mondiale – raccontano Margherita Malagoli e Eleonora Zanasi, anime del progetto – abbiamo notato svariate lettere di soldati e di famiglie (da e per il fronte) che ci hanno colpite per i testi, per i contenuti, per i timbri emozionali, per gli stessi supporti concreti (macchie sulla carta, ingiallimenti, segni di censura, etc.), anche commuovendoci in alcuni casi. In un primo momento, avevamo pensato di soffermarci sull’analisi delle lettere in trincea, ma da subito è venuta la voglia di andare oltre, consapevoli che solo stimolando gli alunni verso ciò che conoscono sia possibile attrarli verso epoche per loro già molto lontane: crediamo infatti che l’attualizzazione della storia e il confronto di ciò che c’è stato con ciò con cui hanno a che fare ogni giorno, possa stimolare la loro curiosità, la capacità critica e l’ascolto attivo“.

Dopo un confronto con l’Istituto Storico di Modena, al quale l’Archivio aveva richiesto una collaborazione per gestire la didattica legata all’analisi delle lettere, si è convenuto di strutturare un laboratorio suddiviso in due parti: un incontro con i professionisti dell’Istituto per l’analisi di corrispondenze della prima e della seconda guerra mondiale, ed un secondo incontro con un’esperta di social network finalizzato a riflettere su differenze e analogie.

La scelta del riferimento al social network – continuano Margherita e Eleonora – è stata dettata dal desiderio di confrontare le diverse modalità comunicative a meno di un secolo di distanza, sottolineando quanto è cambiato nella comunicazione, quanto siamo cambiati noi nei contenuti comunicativi, ma anche quanto è rimasto di simile nel corso degli anni.  Infatti, la comunicazione di ieri era anche fisica, fatta di scrittura, odori, impronte e attese; quella di oggi è digitale, immediata, asettica e spesso causa di fraintendimenti difficili da recuperare“.

Docenti e ragazzi della scuola secondaria di primo e di secondo grado che hanno aderito al percorso si sono messi al lavoro per scoprire che:

  • un tempo sapevamo aspettare mentre oggi non siamo più disposti ad aspettare nemmeno i pochi secondi utili a scrivere una risposta. Abbiamo così perso il gusto di scrivere e aspettare. Quello di chiedersi se la persona ha ricevuto o meno un nostro messaggio. E con questo abbiamo perso l’emozione di aprire una busta chiusa, di annusare il profumo della lettera, di immaginarci il postino che arriva a consegnare, di accettare anche un’attesa lunga con la speranza tipica del poter aspettare anche tutta la vita.
  • Errori (e orrori) grammaticali c’erano ieri e ci sono anche oggi. Con la differenza che nel post maestro Manzi, con correttore ortografico e completamento automatico, dovremmo essere in grado di evitarli.
  • La sola carta e penna ci spingeva a descrivere minuziosamente ambienti, avvenimenti e soprattutto emozioni. Cosa che ora al massimo deleghiamo a una triste emoji.
  • Il sole, la pioggia, la neve riempivano interi paragrafi mentre oggi un’app ha sostituito la necessità di descrivere il freddo, il caldo, l’umido. Nonostante questa eredità ogni tanto riemerga con prepotenza anche sui social.
  • Ci localizzavamo descrivendo il posto in cui eravamo e misurando in modo approssimativo le distanze percorse mentre oggi condividiamo semplicemente la posizione. Senza contare che condividiamo, geolocalizzandoci, in ogni modo possibile, anche inconsapevolmente.
  • Tenevamo molto alla nostra immagine pubblica. Poche le foto che facevamo circolare, poche le possibilità (anche economiche) di farsi fotografare e tanto il desiderio di scattare solo quando eravamo vestiti e acconciati nel miglior modo possibile. Niente in comune con i selfie in bagno di oggi, insomma.
  • Conservavamo. E l’Archivio Storico ne è la dimostrazione. Oggi a fronte di una grande produzione di foto, video, documenti, messaggi abbiamo perso l’attenzione a una corretta conservazione di ciò che è nostro e che probabilmente resterà solo nei server delle poche multinazionali che gestiscono i social.
  • Potevamo comunicare con poco: bastava un foglio di carta e un po’ d’inchiostro. Mentre se oggi vogliamo farlo dobbiamo essere dotati di uno strumento (tablet o smartphone o pc) e di una connessione. Finché banda non ci separi, insomma.
  • Potevamo distruggere. Avevamo il potere di bruciare una lettera e fare in modo che questa non fosse mai esistita. Cosa che con l’intermediazione dei social non è più possibile.

L’esercizio di raffronto lo lasciamo ora a chi legge. E a chi vorrà immaginarsi quelle pagine ingiallite, sgualcite, piene di emozioni per raffrontarle con le conversazioni di oggi. Che se fosse un # probabilmente sarebbe proprio #nostalgia.

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