Produzione e consumo sostenibili, un obiettivo circolare

L’economia circolare è l’unica strada per l’obiettivo 12 di Agenda 2030, e deve diventare un paradigma che precede la produzione, partendo dalla progettazione degli oggetti e dei servizi che ci circondano: un obiettivo che per essere raggiunto non può prescindere dall'innovazione digitale

Immagine distribuita da Pixabay

Disaccoppiare il concetto di crescita economica dall’uso massiccio delle risorse naturali, ripensare il modo di produrre per mettere sul mercato prodotti sostenibili a lunga vita. L’obiettivo di sostenibilità numero 12 dell’agenda 2030, “garantire modelli sostenibili di produzione e consumo” è in mano alle imprese, ma anche ai consumatori. Il trend del consumo di materie prime è scoraggiante, 13 tonnellate pro capite all’anno solo in Europa, ma l’Italia, in questo, si conferma uno dei paesi più efficienti con sole 7 tonnellate di materie prime a persona consumate ogni anno per processi economici.

Il nostro paese ha riciclato il 50% dei prodotti nel 2019 con una quantità di materie prime riemesse sul mercato di 6 punti percentuali più alta rispetto alla media europea

Medaglia d’argento nel 12esimo obiettivo di sostenibilità, il nostro paese ha riciclato il 50% dei prodotti nel 2019 con una quantità di materie prime riemesse sul mercato di 6 punti percentuali più alta rispetto alla media europea.

Nel suo report 2019 l’ONU ci avverte che dal 1970 al 2017, l’estrazione di materiali è triplicata, mentre la domanda di materiale è cresciuta da 7 tonnellate a oltre 12 tonnellate pro capite.

La domanda e l’offerta devono rimodularsi per prodotti più sostenibili, che nascano già come tali, meno energivori, più duraturi, con materiali disassemblabili perché le loro parti possano essere riutilizzate o smaltite in modo intelligente. L’economia circolare è l’unica strada per l’obiettivo di sostenibilità 12. E deve diventare un paradigma che precede la produzione, cioè che parta dalla progettazione degli oggetti e dei servizi che ci circondano. 

Riguardo l’efficienza delle risorse, i recenti report delle Nazioni Unite ci ricordano come sebbene i progressi tecnologici consentirebbero di ottimizzare al meglio l’uso delle materie prime, la produttività materiale è tra i fattori “ottimizzanti” (insieme alla produttività del lavoro e dell’energia) quello che ha registrato la crescita più lenta negli ultimi 20 anni su scala globale. La ragione va ricercata nel fatto che la produzione globale si è spostata da economie dotate di servizi terziari e tecnologie in grado di ottimizzare lo sfruttamento delle risorse nei processi produttivi ai paesi in via di sviluppo che non possiedono queste opportunità o che devono costruirle da zero.

Si deve partire da questo squilibrio per analizzare il dodicesimo obiettivo dell’agenda 2030 e capire come un modello circolare possa aiutare a conseguirlo a livello mondiale.

Un (obiettivo) per tutti, tutti per uno

Analizzare le potenzialità dell’economia circolare sull’SDG 12 vuol dire riepilogare in modo olistico cosa l’approccio circolare può dare all’agenda 2030 tutta. L’agenda definisce così i 4 requisiti di una produzione e un consumo sostenibili: migliorare la qualità della vita senza aumentare il degrado ambientale o compromettendo il fabbisogno di risorse delle generazioni future; disaccoppiare la crescita economica dallo sfruttamento ambientale riducendo l’intensità energetica e produttiva delle attività economiche correnti, nonché emissioni e rifiuti; applicare il pensiero del ciclo di vita dei prodotti; prestare maggiore attenzione contro l’“effetto rimbalzo”, quello in cui i guadagni sono compensati dall’incremento dei consumi.

Le linee guida comunitarie sulla produzione e sul consumo sostenibili impattano su tutti gli altri obiettivi: gestione sostenibile dell’acqua e dei servizi igienico-sanitari (SDG 6); energia pulita e conveniente (SDG 7), crescita economica inclusiva e sostenibile (SDG 8); infrastrutture resilienti, inclusive e sostenibili (SDG 9); città sostenibili e insediamenti umani (SDG 11); azioni per il clima (SDG 13); conservazione e uso sostenibile della nostra eredità marina e costiera (SDG 14); protezione e ripristino della biodiversità terrestre (SDG 15); sostenibilità sociale.

La trasformazione circolare nella produzione è, semplicemente, tutto quello da cui dipende la sostenibilità e può anche svolgere un ruolo nell’affrontare cambiamento climatico e il raggiungimento dell’obiettivo dell’accordo di Parigi limitando il riscaldamento globale.

SDG 12, il banco di prova dell’innovazione digitale

In un’Europa all’inseguimento del dodicesimo obiettivo, tutte le aziende e startup che creano soluzioni non possono prescindere da un alto livello di ricerca e sviluppo in ambito tecnologico e digitale. Triangolare economia circolare, tecnologie digitali e sostenibilità è possibile con la manifattura digitale tramite stampa 3D, tracciamento delle filiere tramite blockchain e condivisione dei dati tra le aziende della supply chain, in particolare quelle del settore alimentare dove lo spreco è maggiore, sensori che stabiliscano il ciclo di vita dei prodotti e manutenzione predittiva che permette di intervenire prima della fine di questo ciclo.

Intersecando le tecnologie digitali e non, diverse startup europee hanno come missione una produzione ottimizzata che riduca l’utilizzo di energia, basata sul riutilizzo più che sul consumo

Intersecando le tecnologie digitali e non, diverse startup europee hanno come missione una produzione ottimizzata che riduca l’utilizzo di energia, basata sul riutilizzo più che sul consumo.

Partendo dalla produzione per eccellenza, quella alimentare, sono diverse le imprese che, tramite tecnologia SoilGrid, danno la possibilità ai clienti con sistemi di irrigazione a energia solare di vendere o acquistare energia quando necessario, peer-to-peer, su apposite piattaforme costruendo un’irrigazione sostenibile ed ecologica basata sulla tecnologia blockchain.

Per quel che riguarda la risorsa più preziosa, l’acqua, i processi elettrocatalici applicati al suolo e all’acqua possono prelevare da questi le sostanze nutritive senza produzione di CO2, innovazione con cui l’azienda islandese Atmonia ha vinto il premio Unido, mentre alcune startup europee si stanno occupando di prelevare i nutrienti da destinare all’agricoltura a partire dagli insetti.

Oltre alle soluzioni tecnologiche per i produttori, non mancano quelle per il riciclo e consumo “casalingo” basate sul gaming, sulla tecnologia IoT, e su una lotteria digitale che rende divertente differenziare i rifiuti, come The Littery che avvantaggia le città riducendo le emissioni di CO2 dell’80-90%, risparmiando sulla manutenzione dei cestini e garantendo spazi più puliti.

Per una produzione sostenibile è necessaria una rete tra tutti gli attori della catena del valore. Lo sa bene Simba Chain, azienda che si occupa di fornire smart contract: una piattaforma SCaaS (smart-contract-as-a service) basata su cloud, che offre agli utenti le risorse per implementare “dapps” (applicazioni decentralizzate). Queste app consentono connessioni sicure e dirette tra utenti e fornitori, eliminando le terze parti.

L’idea degli sviluppatori è che il futuro della produzione non debba più essere un unico complesso industriale a centralità urbana ma un luogo dove manifattura e consumatore convivono. Con l’avvento e la democratizzazione della stampa 3D in combinazione con un thread digitale decentralizzato e distribuito, la condivisione di idee, design e prodotti diventa possibile pur mantenendo la proprietà intellettuale, a tutto vantaggio – dal punto di vista del prezzo – sia per il venditore che per il consumatore.

Settori ad alto impatto

Uno dei settori a più alto impatto energetico e di materie prime è quello tessile, che peraltro opera ancora in modo quasi del tutto lineare, per lo meno dal punto di vista del produttore (lato consumatore, infatti, il second hand market sta prendendo piede in modo massiccio). Grandi quantità di risorse non rinnovabili vengono estratte per produrre abiti utilizzati solo per poco tempo, dopodiché i materiali vengono per lo più inviati in discarica o inceneriti. Ogni anno si perdono più di 500 miliardi di dollari di valore a causa del sottoutilizzo degli indumenti e della mancanza di riciclaggio con conseguenze negative per l’ambiente e la società.

Le emissioni totali di gas serra da produzione tessile, che ammontano a 1,2 miliardi di tonnellate all’anno sono maggiori di quelle di tutti i voli internazionali e della navigazione marittima messe insieme

Ad esempio, le emissioni totali di gas serra da produzione tessile, che ammontano a 1,2 miliardi di tonnellate all’anno sono maggiori di quelle di tutti i voli internazionali e della navigazione marittima messe insieme. Le sostanze pericolose, che influiscono sulla salute sia dei lavoratori tessili che di coloro che indossano abiti, si disperdono nell’ambiente. Una volta lavati, alcuni capi rilasciano microfibre di plastica, di cui circa la metà contribuisce all’inquinamento degli oceani.

Con la tecnologia Fibersort è possibile smistare tutte le fibre di tutti i tessuti per un corretto riutilizzo tramite smistamento ottico basato sulla spettroscopia a vicino infrarosso. La tecnica è sensibile agli assorbimenti molecolari dei costituenti organici e dal momento che tutti i vestiti hanno costituenti organici, non c’è limite ai tipi di tessuto che possono essere riconosciuti e ordinati in categorie uniformi di fibre con composizioni, colori e/o strutture specifiche.

Abbiamo visto le potenzialità della tecnologia per l’economia circolare nella produzione e nel consumo. Ma cosa può fare a sua volta l’economia circolare per i nostri massicci consumi tecnologici?

Si contano ogni anno 53,6 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, ovvero 7,3 kg pro capite di cui solo il 17% viene adeguatamente riciclato

Al circularity by design, cioè alla produzione di oggetti in modo sostenibile, con stampa 3D e componenti disassemblabili e il più possibile riciclabili, materiali resistenti e adeguati a una seconda vita, si affianca il circularity by service, la possibilità di un riciclo facile dei prodotti, sia da parte dei produttori che dei consumatori. Sarebbe importante cominciare dai rifiuti a noi più prossimi, quelli tecnologici: si contano ogni anno 53,6 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, ovvero 7,3 kg pro capite di cui solo il 17% viene adeguatamente riciclato. Nei Paesi Bassi T-Mobile e Samsung hanno implementato un servizio circolare noto come One for One in collaborazione con Closing the Loop: l’impronta materiale di un nuovo telefono (acquistato nei Paesi Bassi) viene compensata dal riciclo di un vecchio telefono, che viene raccolto nei mercati emergenti dove un miliardo di dispositivi all’anno vengono perduti. Finora, Closing the Loop ha raccolto oltre 2,2 milioni di telefoni, creando allo stesso tempo entrate aggiuntive per oltre 2.000 persone attraverso partner in Asia e Africa che riparano un certo numero di questi dispositivi.

Nel 2019 Telefónica ha riciclato il 73% delle apparecchiature elettroniche raccolte, mentre il 27% è stato ricondizionato. Sono state così evitate 4.145 tonnellate di emissioni di CO2.

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