F come Ferrovie

Il settore dei trasporti produce oltre il 26% delle emissioni di CO2 in Italia, e dal 1990 non ha visto riduzioni. Ora è arrivato il momento di cambiare, e il mondo delle ferrovie ha un ruolo centrale nello sviluppo di una mobilità più sostenibile

Immagine distribuita da Pixabay

Passare da azioni locali, limitate e spesso scollegate tra loro, a una visione più ampia e complessiva è fondamentale se si vogliono raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 fissati dall’Unione Europea al 2030 e al 2050.

Il settore dei trasporti produce oltre il 26% delle emissioni di CO2 in Italia, e dal 1990 non ha visto riduzioni. Gli impegni europei prevedono un taglio delle emissioni di almeno il 90% nei prossimi 30 anni per salvare il mondo dagli impatti dei cambiamenti climatici, ed è quindi ora arrivato il momento di cambiare la mobilità in Italia: in questo senso, il mondo delle ferrovie ha un ruolo centrale, nello sviluppo di una mobilità più sostenibile.

Per ridurre le emissioni di gas serra provenienti dal settore dei trasporti, come previsto dai target europei vincolanti al 2030, occorre rendere competitive le modalità di spostamento a emissioni zero per le persone e per le merci, con interventi e innovazioni sia in ambito nazionale e internazionale, sia in ambito urbano.

Da che situazione si parte per realizzare questo cambiamento?

La situazione di partenza è particolarmente difficile, perché in Italia per i trasporti la quota di modalità prevalente è quella su gomma, che copre il 63% degli spostamenti giornalieri delle persone, e oltre l’86% di quello merci. Ma le analisi di scenario – ad esempio quelle di Legambiente e di Isfort – indicano anche che il 74% degli spostamenti ogni giorno avviene all’interno del proprio Comune, con una percorrenza media di 11 Km, che si riduce a 6 all’interno del Comune. Si tratta di distanze (il 75% è entro i 10 chilometri) che possono trovare un’alternativa in servizi di trasporto pubblico efficienti – e le ferrovie risultano essenziali per collegare i centri di provincia alle grandi città – integrati con mobilità in sharing e ciclabile, anche per gli spostamenti del cosiddetto ‘ultimo miglio’.

Il più grande cambiamento avvenuto sulla rete ferroviaria negli ultimi anni è l’entrata in esercizio dell’Alta velocità, che ha consentito di spostare una quota rilevante degli spostamenti in aereo e auto verso il treno lungo le direttici Napoli-Milano-Torino e Roma-Bologna-Venezia. Purtroppo, gli stessi risultati non sono avvenuti sulle altre linee nazionali ‘secondarie’, quelle dove circolano gli Intercity.

Vanno quindi innanzitutto migliorate le linee ferroviarie ‘secondarie’?

Il problema del trasporto ferroviario in Italia è che fuori dalle direttrici principali dell’Alta velocità, e dalle Regioni che in questi anni hanno investito, la situazione del servizio è peggiorata, con meno treni in circolazione, e di conseguenza scende il numero di passeggeri.

Solo negli ultimi anni c’è stato un recupero dell’offerta di servizio Intercity – treni fondamentali nelle direttrici fuori dall’alta velocità, in particolare al Sud e nei collegamenti con i centri capoluogo di Provincia –, ma dal 2010 al 2017 la riduzione delle risorse disponibili ha portato a un forte calo dei collegamenti. Per i convogli a lunga percorrenza finanziati con il contributo pubblico, l’offerta in termini di treni per Km è scesa dal 2010 al 2019 del 17% e allo stesso tempo sono calati i viaggiatori del 46%.

Poi è arrivata la pandemia a sconvolgere tutto, e ora si tratta di ripartire da qui: per attrarre passeggeri verso il trasporto su ferro occorre potenziare e migliorare l’offerta, e integrarla con aeroporti, porti e altri mezzi di trasporto, per realizzare la cosiddetta, e ormai nota, ‘intermodalità’.

Con quali obiettivi concreti?

Per Legambiente, ad esempio, il primo obiettivo è raddoppiare il numero di persone che si muove in treno nei collegamenti ferroviari nazionali, ampliando le possibilità sulle linee fuori dall’Alta velocità, potenziando in particolare investimenti e offerta di servizio al Sud, nelle isole e negli spostamenti lungo le direttrici adriatica e tirrenica.

In questo modo si possono evitare spostamenti che oggi avvengono in gran parte in auto o in aereo, sulle tratte più lunghe, da parte di utenti diversi come pendolari e turisti, e spostamenti di lavoro. Come dimostra il servizio di Alta velocità Roma-Napoli – dove negli ultimi anni è aumentato di 4 volte il numero di persone che si sposta in treno – si possono cambiare e rendere più Green le dinamiche di mobilità con un servizio efficiente e comodo.

Inoltre, nel periodo 2008-2018 nelle città intorno alla rete dell’Alta velocità il Pil è cresciuto in media dell’8% in più rispetto a quelle fuori dal servizio, secondo uno studio del Sole24ore.

In questo scenario, che ruolo hanno le nuove tecnologie e il piano europeo Next Generation EU?

Le innovazioni tecnologiche e digitali, oltre a rendere più facilmente accessibili i vari servizi al grande pubblico, permettono anche di organizzare moderne filiere industriali della logistica, se si dispone di porti e reti ferroviarie integrate ed elettrificate, e fanno funzionare tutti i moderni poli di interscambio. Tutte queste strutture hanno un alto tasso tecnologico e digitale.

Il nuovo programma europeo Next Generation EU può essere davvero una svolta per il trasporto su ferro nel nostro Paese. In primo luogo, per l’impostazione, che rappresenta una vera discontinuità per l’Italia. Gli interventi dovranno accelerare la decarbonizzazione del settore e rispettare il principio del “do no significant harm”, dunque “non arrecare danni significativi all’ambiente”.

In sostanza, la realizzazione di grandi progetti stradali o autostradali sarebbe automaticamente esclusa, mentre reti ferroviarie adeguate ed efficienti sono un tassello essenziale nel grande puzzle della mobilità sostenibile.

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