Il pollo digitale

Tra sensori, robot e tecnologia LED, oggi gli allevamenti avicoli possono contare sempre di più sui vantaggi offerti dal digitale

Produrre di più consumando meno. E di conseguenza con un minore impatto sull’ambiente. È quanto promette l’agricoltura di precisione, dove ogni risorsa è utilizzata al meglio e gli sprechi sono ridotti al minimo. Vale per le colture e per i campi, come per le stalle, dove si parla di Precision livestock farming, in italiano zootecnia di precisione. Ogni settore, dall’allevamento dei bovini a quello dei pesci, sta lavorando alacremente in questa direzione, grazie anche al prepotente evolvere delle tecnologie digitali, applicate su ogni fattore della produzione, dall’alimentazione alle verifiche di qualità.

Chi questo percorso lo ha già compiuto, con eccellenti risultati, è l’avicoltura. Da qualche decennio gli allevamenti di polli, come quelli di galline ovaiole o di tacchini e di altre specie avicole, possono contare sui risultati di ricerche scientifiche che hanno definito nei minimi dettagli i fabbisogni alimentari degli animali, le condizioni ambientali ottimali, il management più appropriato. I risultati sono evidenti. Nessun altro animale consuma solo 1,7 chilogrammi di alimento per produrre un chilo di carne, peraltro di buona qualità e in grande sicurezza.

Qual è il segreto di questi risultati? Da una parte la genetica degli animali, che sin dagli anni ’70 del secolo scorso è oggetto di un attento e certosino miglioramento. Poi l’alimentazione, calibrata con attenzione maniacale, e infine l’ambiente di allevamento, perfettamente condizionato per rispondere alle esigenze e al benessere degli animali. Per mettere insieme questi elementi, quando le tecnologie digitali non erano disponibili, ci si è affidati all’ingegneria meccanica, con la messa a punto di sistemi automatici di distribuzione degli alimenti e dell’acqua da bere, con impianti di aerazione che potevano contare solo su sensori analogici e comandi termostatici. Preistoria rispetto a ora.

Più efficienza e sostenibilità, grazie al digitale

Entrare in un allevamento avicolo oggi significa incontrare sofisticati sistemi digitali che comandano la distribuzione razionata degli alimenti, con calcolo in tempo reale delle quantità somministrate e consumate. Sensori posizionati all’interno e all’esterno del ricovero si occupano di misurare le variabili ambientali più importanti, come temperatura, umidità, presenza di gas, fornendo informazioni ai comandi per il condizionamento ambientale e all’occorrenza comunicando a chi ha la responsabilità dell’allevamento la presenza di situazioni anomale. Comunicazione che può avvenire sia in locale sia in remoto, su un qualunque device portatile. Tutti questi dati confluiscono nel sistema gestionale che monitora i parametri produttivi dell’allevamento, indicando eventuali scostamenti dagli obiettivi prefissati per ogni momento del ciclo produttivo.

Un’evoluzione tecnologica che oggi si integra con la più recente introduzione di robot che possono svolgere alcune operazioni senza la necessità per l’uomo di entrare a diretto contatto con gli animali. Il vantaggio è molteplice. È dimostrata una minore situazione di stress per gli animali e al contempo una riduzione della possibilità di veicolare patologie, sempre in agguato a dispetto delle severe norme igieniche, di prassi in tutti gli allevamenti.

L’importanza della tecnologia LED

Una recente innovazione introdotta negli allevamenti riguarda l’illuminazione. Da tempo la tecnologia LED (Light Emitting Diode) ha sostituito le lampade tradizionali e quelle a fluorescenza. I vantaggi sono anzitutto di carattere economico per via del minore consumo di energia elettrica. Risparmio di una certa importanza se si tiene conto della necessità di fornire un’illuminazione che nel caso dei broiler può arrivare in alcuni casi a oltre 20 ore. Non meno importante il quantitativo di luce emessa, la sua uniformità al suolo e lo spettro. Tutti elementi che la tecnologia led rende di più agevole controllo.

Ora si è constatato che le lampade LED si possono equipaggiare per diffondere raggi UV (ultravioletti) che rende l’illuminazione simile a quella solare. Questa caratteristica si è rivelata utile per contrastare la presenza di alcuni parassiti della pelle e delle piume e in particolare degli acari. Quelli più temuti in ambito avicolo appartengono alle famiglie Dermanyssidae, come l’acaro rosso del pollame.

La loro presenza comporta un più lento accrescimento negli animali da carne e una riduzione della produzione di uova nelle galline. Per il loro controllo si rende necessario il trattamento sia degli animali sia dei locali di allevamento, cosa che può comportare costi elevati, amplificati dalla pausa produttiva, quando è necessario intervenire in assenza degli animali.

Prove effettuate con il ricorso alle lampade led ad emissione di raggi UV hanno dimostrato la loro efficacia nel controllo di queste parassitosi. Un ulteriore vantaggio si ha nella stimolazione alla produzione di vitamina D, fondamentale nella fissazione del calcio nelle ossa e nel guscio delle uova. Inoltre, la presenza della luce UV, riducendo le fermentazioni nella lettiera, abbassa la quantità di ammoniaca, migliorando l’ambiente di allevamento. Al contempo si risolve, come intuibile, il problema dei residui di farmaci ad azione antiparassitaria. Un obiettivo, questo della riduzione dei farmaci e degli antibiotici in particolare, che nel settore avicolo si persegue da tempo e con ottimi risultati (meno 82% dal 2011 a oggi)

Per ottenere un’efficace azione antiparassitaria è necessaria un’ottimale gestione dell’impianto luce, calibrandone durata, potenza e uniformità di distribuzione dell’illuminazione. Tutti fattori gestiti dal “sistema” di allevamento, il cui software si occupa della correlazione fra dati ambientali e biologici, in funzione della specie allevata e del ciclo produttivo.

Per molte di queste tecnologie è condizione indispensabile l’accesso alla Rete e la disponibilità di una connessione a banda larga, la cui assenza si traduce, anche nel caso dell’avicoltura, in un fattore limitante. Che l’Italia sia al quartultimo posto, davanti solo a Romania, Grecia e Bulgaria nell’indice dell’economia digitale europea, non è quindi un buon segno.

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