2020: un anno con Tech Economy 2030 all’insegna della sostenibilità digitale

Ripercorriamo il 2020 su TechEconomy2030 con alcuni dei contributi più significativi realizzati quest'anno

Il 2020 è passato. Ne sono successe di cose. Probabilmente troppe. Tuttavia, è stato un anno importante non soltanto perché ha segnato una tappa fondamentale della storia, ma anche perché ha visto emergere molte delle criticità della nostra società ed ha visto sgretolarsi le certezze di miliardi di persone, lasciando un vuoto di incertezze verso il futuro e il progresso.

TechEconomy2030 ha provato a dare una lettura del 2020 attraverso un punto di vista diverso su quanto accaduto, cercando di raccontare il presente guardando al futuro non con paura ed incertezza, ma evidenziando come quanto di buono si possa fare utilizzando le tecnologie per restituire al futuro quella prospettiva che la crisi sembra avergli tolto. Ciò è stato possibile grazie a due fattori: la bussola rappresentata da Agenda2030, che con i suoi 17 SDG marca gli obiettivi di crescita sostenibile oggi più che mai necessari e lo schema interpretativo della sostenibilità digitale che definisce un ruolo chiaro e preciso per le tecnologie.

Sembra passata un’epoca da quando all’inizio dell’anno è uscito “Sostenibilità Digitale” il libro del nostro direttore, Stefano Epifani, che spiega come le tecnologie digitali siano strumenti necessari per attuare quanto previsto da Agenda2030. L’articolo di presentazione, affidato a Sonia Montegiove, ha spiegato perché valga la pena leggerlo: lo ha fatto non ancora consapevole della repentina diffusione che il COVID-19 avrebbe avuto in tutto il mondo, ma quelle considerazioni, fatte a Gennaio, sono oggi ancor più valide.

Il racconto dei tempi dal punto di vista della sostenibilità digitale

La pandemia ha minato le basi di molti degli obiettivi di Agenda2030: abbiamo raccontato come almeno 10 SDG su 17 siano stati impattati negativamente dal COVID-19: tra questi Salute e Benessere, Lavoro Dignitoso e Crescita Economica, Pace, Giustizia e Istituzioni Forti ma anche Povertà Zero, Fame Zero e Istruzione di Qualità. Tutto questo è avvenuto da una parte perché con i lockdown molte attività commerciali e produttive sono state chiuse per mesi, dall’altra perché non eravamo pronti a ripensare il nostro modo di lavorare, di educare, di vivere. Per questo abbiamo parlato di come lo smartworking, oltre ad essere una parola in voga e quasi sempre utilizzata per quello che non è, possa essere – sfruttando le parole di Alfredo Ferrante – una leva per la trasformazione sostenibile delle nostre società ma anche del perché le tecnologie digitali siano strumenti di straordinaria efficacia per migliorare l’organizzazione del lavoro.

Quanto al tema dell’educazione – grazie alla spinta di Mauro Minenna ed ACI è nato, con il Digital Transformation Institute, il progetto Rompere le Scatole, che abbiamo raccontato e si avvia ormai alla sua seconda edizione.

Benché non fosse in dubbio, la pandemia ha fatto emergere con forza quanto le relazioni siano importanti per le persone. E per questo con Roberto Panzarani ci siamo interrogati sul concetto di sostenibilità umana: un fattore per il quale non contano tanto le relazioni in sé, ma la qualità delle stesse per vivere una vita più sana e longeva. Ma per noi sostenibilità umana vuol dire anche favorire l’inclusione delle persone con disabilità: è importante quindi raccontare i molteplici ambiti di applicazione delle tecnologie a supporto delle persone diversamente abili. Così come vuol dire riflettere sul senso delle cose: anche e soprattutto a partire dalle parole. E per questo con il prezioso aiuto di Francesco Mercadante abbiamo avviato una rubrica dedicata alla Grammatica Sostenibile.

Il lockdown ha ovviamente impattato sui trasporti e, sebbene abbiamo assistito in tutte le città del mondo a un calo delle emissioni di CO2, sul piano ambientale questo non è stato sufficiente. Ripartire vuol dire anche farlo dall’ambiente, ci ha spiegato Stefano Epifani in un suo editoriale.

La pandemia è anche un buon momento per piccole azioni concrete, come piantare alberi capaci di aiutarci nella lotta all’effetto serra. A tal proposito abbiamo parlato di Treedom, un ottimo esempio di come le tecnologie digitali possano essere messe a disposizione di tutti per fare del bene all’ambiente anche attraverso azioni semplici ed immediate. Ma con le persone in casa e i negozi chiusi abbiamo assistito ad una forte crescita degli acquisti online e ci siamo chiesti, con Andrea Boscaro, quanto l’e-commerce fosse sostenibile per l’ambiente: perché per consegnare anche un solo pacco vengono utilizzati mezzi e materiali di imballaggio con conseguenti ripercussioni in termini di emissioni e smaltimento rifiuti, ma anche per la società.

Abbiamo, quindi, analizzato il Recovery Plan for Europe, criticato con le aspre parole del nostro direttore la mancanza di una strategia italiana, e visto come al suo interno la digitalizzazione fosse parte importante della strategia per la decarbonizzazione, ma abbiamo anche avviato con Mario Melillo un’analisi del Green Deal europeo per guardare a come la ripartenza possa e debba basarsi sulle molteplici possibilità offerte dalle tecnologie digitali per il rinnovamento energetico. Lo step preliminare, però, è quello di ampliare la diffusione della rete: con Sauro Longhi abbiamo quindi affrontato il discorso inerente la necessità di migliorare ed ampliare l’infrastruttura di rete da subito perché la sostenibilità digitale, come ci ha fatto notare Stefano Epifani, è anche “l’utilizzo delle tecnologie come strumenti a supporto e sostegno dei principi dettati da Agenda 2030” e senza infrastruttura possiamo fare ben poco.

Nuovi inizi per Tech Economy 2030

TechEconomy2030 ha provato, con la chiave di lettura della sostenibilità digitale, a dare risposte concrete alla crisi: lo ha fatto, ad esempio, assieme a Alberto Marinelli, all’inizio di questa pandemia, proponendo 10 spunti di riflessione per la gestione della Fase 2 che ci sarebbe piaciuto fossero stati ascoltati da chi sta gestendo l’emergenza. Ed ha continuato a farlo con Beppe Carrella, che sta raccontandoci come la sovraesposizione al digitale di questi mesi stia producendo delle vere e proprie tossicodipendenze digitali che dovremo affrontare.

Ma lo ha fatto anche ripensando il suo modello editoriale ed aprendo una serie di canali tematici per guardare a come la sostenibilità digitale possa aiutarci a ridefinire interi settori. È il caso della mobilità, con il canale Future Mobility, o della decarbonizzazione con il canale Zero Carbon.

Abbiamo costruito inoltre importanti collaborazioni con esperti di settore per riflettere su come il mondo possa reagire alla pandemia e ripensarsi in chiave sostenibile grazie al digitale. Con l’aiuto di Andrea Bertaglio abbiamo attivato il canale Agrifood Evolution, dove affrontiamo il ruolo della trasformazione digitale nel settore agroalimentare, che per un’economia come quella italiana è un tema centrale, di ampio interesse e che regalerà molteplici spunti di riflessione.

Come centrale è il ruolo del turismo, soprattutto in considerazione del fatto che i prossimi anni saranno difficilissimi. Per questo ci siamo attivati per fornire spunti sul ruolo delle tecnologie per il Turismo Sostenibile, ed anche in questo caso lo abbiamo fatto con la direzione di un esperto di grande importanza come Gianluigi Tiddia.

E con la guida di Paolo Colli Franzone abbiamo attivato Healtcare2030, un canale dedicato alla salute e al modo in cui le tecnologie digitali possano migliorarla e aiutare medici e operatori sanitari a svolgere il proprio lavoro.

Sperando che ciascuno di voi abbia trovato anche quest’anno in TechEconomy2030 idee e spunti di riflessione interessanti non ci resta che augurarvi un felice 2021 e chiudere con una riflessione del nostro direttore: “stiamo superando un anno che tutti siamo d’accordo nel definire pessimo. Come se fosse colpa del contenitore se il contenuto non ci piace. In realtà molto del brutto che c’è stato nel 2020 ce lo siamo cercato con decenni di noncuranza rispetto ai temi dell’ambente, con anni di disattenzione (ad esser buoni) verso i temi sociali, con una generalizzata e colpevole mancanza di prospettiva politica ed economica. Insomma: stiamo vivendo quello che – nel bene e nel male – abbiamo prodotto. La mia speranza è che il 2020 ci insegni che la sostenibilità non è qualcosa che riguarda un futuro remoto ed indistinto. È, viceversa, qualcosa che tocca tutti noi. Il nostro futuro prossimo e quello dei nostri figli. Capirlo è un passaggio fondamentale per comprendere come gestire quel sistema complesso che è la sostenibilità e che deve tenere in equilibrio dinamico istanze ambientali, politiche, sociali ed economiche. Per farlo serve rifuggire da estremismi e visioni ideologizzate, che raramente producono risultati positivi, e rendersi conto che abbiamo bisogno di una visione di futuro. Una visione di futuro che deve guardare alla tecnologia come ad una risorsa insostituibile per la gestione della complessità che dobbiamo affrontare. Spero che il 2020 ci insegni questo. O, meglio, che noi tutti siamo in grado di cogliere questo insegnamento che il 2020 tanto dolorosamente ci sta dando.

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